ECONOMIA E REGNO DI DIO 

Congregazione dei Sacerdoti del Sacro Cuore di Gesù Curia Generale

Documento di lavoro

Conferenza Generale
Recife, Brasile, 16-26 maggio 2000

Introduzione

Prima parte:L'Economia

Seconda parte: Economia e Regno di Dio

Terza parte: Cosa si fa

Quarta parte: Suggerimenti

1. Formazione e informazione

2. Sostegno e partecipazione ai movimenti sociali

3. Suggerimenti per l'Economia

4. Suggerimenti alla stessa Conferenza Generale

Conclusione

INTRODUZIONE

Molte risposte al questionario di preparazione alla Conferenza Generale del 2000 sono pervenute. Perciò vi ringraziamo molto.

La commissione preparatoria si è radunata a Roma, presso la Curia Generalizia, nei giorni 20-24 dicembre 1999 per preparare il documento di lavoro.

Dopo aver preso conoscenza delle risposte e con lo scopo di fare un documento semplice, non tanto tecnico sull’argomento "Economia e Regno di Dio", abbiamo diviso la trattazione in quattro parti.

Nella prima c’è un approccio molto facile sull’economia oggi o capitalismo neo-liberale. Non abbiamo preso in considerazione gli aspetti più tecnici della questione, poiché era già stato fatto prima.

Nella seconda parte, si è sviluppato più ampiamente l’argomento sul regno di Dio. Diversi confratelli hanno osservato che il primo documento aveva parlato poco su quest’argomento. La sottolineatura puntava solo sull’economia. Perciò adesso proponiamo un testo che risponde alla domanda di quale regno di Dio si tratti quando, in questa Conferenza, ne parliamo, con l’aggiunta di un richiamo specifico alla spiritualità dehoniana, in base agli scritti di p. Dehon, alle Costituzioni e alla Conferenza di Brusque (1988).

Alla luce del regno di Dio, dei suoi principi, vogliamo osservare la realtà dell’attuale economia e trarre delle conclusioni pratiche; il che lo farà la stessa Conferenza.

Nella terza parte, a partire dalle risposte, diamo un inventario di ciò che si fa già nelle province, regioni, distretti e comunità, in vista del cambiamento del sistema economico neo-liberale e principalmente in vista della difesa dei diritti umani e della promozione della dignità della persona umana. Tuttavia la lista delle iniziative non è completa. In Congregazione si fa molto di più di quanto qui si dice. Abbiamo, però, un campione, un saggio di ciò che avviene in Congregazione in quest’area di attività.

Infine, nella quarta parte, presentiamo i suggerimenti fatti dalle province, regioni, distretti in vista di scelte operative da prendere nella prossima Conferenza Generale. Durante lo svolgimento della Conferenza, altri suggerimenti, altre iniziative potranno essere proposte.

Per essere chiari, abbiamo diviso questi suggerimenti in quattro blocchi tematici: suggerimenti riguardanti la formazione e l’informazione, sia dei nostri membri, sia del popolo; la partecipazione ai movimenti che lottano per la difesa dei diritti umani e il cambiamento delle strutture internazionali; suggerimenti riguardanti l’investimento dei nostri fondi e la vita di povertà. In un quarto blocco, suggerimenti fatti alla stessa assemblea della Conferenza Generale.

Molte risposte al questionario hanno osservato che il tema di questa conferenza è nuovo e complesso, e quindi difficile a chi non è abituato a rifletterne. Dicono, però, che è un tema molto importante e stimolante. Alla soglia del terzo millennio non possiamo, religiosi dehoniani, restare apatici e indifferenti davanti al grosso problema della miseria, della fame, dell’emarginazione di tante sorelle e fratelli nostri. Tale situazione è generata dalle strutture ingiuste che reggono l’economia mondiale. Non possiamo risolvere tutti i problemi, ma non abbiamo il diritto di omettere ciò che possiamo fare.

Vi auguriamo una buona preparazione a questa Conferenza Generale, possibilmente interpellando nuovamente le comunità e la provincia nel suo insieme, sia per accrescere la riflessione sia perché i rappresentanti portino alla Conferenza il pensiero comune.
 
 

La commissione preparatoria

P. Peter Sanders, scj

P. Angelo Cavagna, scj

P. Osnildo Carlos Klann, scj


Roma, 24 dicembre 1999 

Prima parte

L'Economia

Giovanni Paolo II nel suo messaggio per la Giornata Mondiale della Pace del 2000, scriveva quanto segue: "In questa prospettiva è doveroso interrogarsi anche su quel crescente disagio che, al giorno d’oggi, di fronte ai problemi che emergono sul versante della povertà, della pace, dell’ecologia, del futuro dei giovani, molti studiosi e operatori economici avvertono quando riflettono sul ruolo del mercato, sulla pervasiva dimensione monetaria-finanziaria, sulla divaricazione tra l’economico e il sociale, e su altri simili temi dell’attività economica.

È forse giunto il momento di una nuova ed approfondita riflessione sul senso dell’economia e dei suoi fini. Sembra a tal proposito urgente che sia riconsiderata la concezione stessa del benessere, perché non sia dominata da un’angusta prospettiva utilitaristica, lasciando uno spazio del tutto marginale e residuale a valori come quelli della solidarietà e dell’altruismo " (n. 15).

Veramente la questione dell’economia è di estrema importanza perché tocca le aree della vita e ciascuno che abita questo pianeta è interessato. Non è possibile sfuggire. È come il caso di un tessuto. Se uno tira da una parte, l’effetto si risente in tutto il tessuto. Inoltre, il problema è assai complesso e le risposte al questionario hanno indicato che molti confratelli si sono sentiti impreparati a discuterlo con cognizione di causa. Per poter essere interessati, è necessario capirlo, altrimenti gli interventi che si fanno o gli orientamenti che fossero dati potrebbero procurare più danno che vantaggio.

L’economia è strettamente legata alla realtà politica e di solito i due aspetti vanno insieme. Per questo motivo è evidente che non si può separare l’economia dagli altri aspetti della vita. Perciò uno che voglia cambiare l’economia deve necessariamente essere coinvolto anche politicamente. Nell’impegno per la formazione della pubblica opinione, i mass-media, la parola pronunciata, la parola scritta di cui noi disponiamo, sono i mezzi attraverso i quali possiamo influire sull’economia e orientarla verso il bene di tutti.

Il sistema economico, che oggi impera nel mondo, specialmente dopo il crollo del blocco comunista, è generalmente chiamato capitalismo neo-liberale. Si può definire così: è un sistema che, con la globalizzazione del mercato e della produzione, privilegia il libero scambio dei beni e dei servizi, per poter ottenere il massimo di profitto. Si basa su regole che sono intrinsecamente perverse perché non sono più a servizio della gente. Inevitabilmente questo sistema favorisce le grandi imprese internazionali che dominano l’economia, situate generalmente nell’emisfero Nord.

Questo sistema economico è chiamato neo-liberale perché trascende il controllo di un particolare stato o nazione o nazioni. A volte è chiamato anche "economia di libero mercato". Non vi sono istituzioni che attualmente possano controllare il libero flusso dei capitali, dei beni e dei servizi, perciò il sistema si può sviluppare enormemente, non essendoci norme o leggi che orientino o limitino la sua crescita e il suo sviluppo.

"Oggi è in atto la cosiddetta ‘mondializzazione dell’economia’, fenomeno, questo, che non va deprecato, perché può creare straordinarie occasioni di maggior benessere. Sempre più sentito però è il bisogno che a questa crescente internazionalizzazione dell’economia corrispondano validi organi internazionali di controllo e di guida, che indirizzino l’economia stessa al bene comune, cosa che ormai un singolo stato, fosse anche il più potente della terra, non è in grado di fare…Indubbiamente in questo campo rimane molto da fare" (Centesimus Annus, n. 58).

Questo sistema è molto cresciuto nel mondo, ma aveva già le sue radici nello sviluppo della produzione e del mercato nel Medio Evo. Tuttavia, sono intervenuti molti cambiamenti da allora. Sarebbe troppo lungo dare una descrizione di questa storia; ci basta indicare come sia saldamente intrecciato con la storia della civiltà occidentale. I suoi legami con la filosofia dell’individualismo e del materialismo sono ben noti. Tuttavia non si può pensare attualmente di eliminare il sistema; sarebbe un’utopia. Il problema è come trasformare il sistema in modo che possa essere a servizio dell’umanità e non a suo danno. Il principio del profitto, sul quale si basa il capitalismo neo-liberale, è riconosciuto come un principio valido. "La Chiesa riconosce la giusta funzione del profitto, come indicatore del buon andamento dell’azienda" (Centesimus Annus, n. 35). Tuttavia molti altri principi, su cui esso si basa, hanno bisogno di essere esaminati criticamente.

Questo sistema economico, che abbiamo oggi, è molto imprevedibile perché può essere scosso da piccoli eventi apparentemente insignificanti. Si pensi ad esempio alla crisi del petrolio degli anni settanta, alla difficoltà finanziaria nel Messico o alla crisi asiatica dell’anno scorso. Tutti questi aspetti mostrano la sensibilità del sistema e le sue interconnessioni. Interi popoli sono esposti al rischio contro cui non c’è protezione. Ciò può portare ad un senso di insicurezza, poiché elementi imprevedibili possono ottenere effetti negativi per un gran numero di persone.

Questo sistema economico è poi abbastanza ambivalente nel senso che ha elementi negativi e positivi. Ha prodotto un alto livello di comfort per una considerevole parte dell’umanità, la concorrenza ha reso possibile la fruizione di molti beni ad un prezzo abbordabile e ha creato libertà per molti. Tuttavia ha portato anche una grande sofferenza per un numero maggiore di persone. Le conseguenze ecologiche sono gravi in molte aree; l’abitabilità del pianeta da parte delle future generazioni è posta in pericolo; il facile guadagno con la produzione degli armamenti è un interesse per molti e un tradimento della pace per il mondo; l’esportazione del lavoro dai paesi sviluppati verso quelli meno sviluppati per la facilità della manodopera ha portato alla moderna schiavitù, tutto per la fame del denaro. Le pratiche ingiuste del commercio dei paesi ricchi verso i paesi poveri continua a creare una più ampia frattura facendo sì che i ricchi diventino sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. Il debito internazionale dei paesi poveri pende come spada di Damocle sulle loro teste, mentre la corruzione dei governi ufficiali non ha permesso che potessero arrivare quegli aiuti che erano a loro destinati.

È evidente inoltre che il sistema economico, che noi conosciamo, crea enormi sperequazioni tra la popolazione del pianeta. Un certo numero di persone può godere di un’incredibile quantità di risorse, mentre altri non hanno neppure le risorse necessarie per una vita umana. Questo non può, e non deve continuare. Se non si fa qualcosa in questo senso, gli esperti prevedono che il risultato sarà un grosso danno e perfino un crollo totale della società. Si devono fare cambiamenti strutturali che proteggano soprattutto i più vulnerabili. Noi, come religiosi, non possiamo restare ai margini, coprendoci con la scusa che si tratta di cose troppo ampie e troppo complicate da affrontare.

L’economia è il maggior problema per l’umanità oggi. "All’inizio di un nuovo secolo, la povertà di miliardi di uomini e donne è la questione che più di ogni altra interpella la nostra coscienza umana e cristiana. Essa è resa ancor più drammatica dalla consapevolezza che i maggiori problemi economici del nostro tempo non dipendono dalla mancanza di risorse, ma dal fatto che le attuali strutture economiche, sociali e culturali faticano a farsi carico delle esigenze di un autentico sviluppo" (Messaggio per il Nuovo Anno 2000, n. 14).

Ciò che si richiede prima di tutto è un’etica dell’attività economica: "Un’economia che non consideri la dimensione etica e non si curi di servire il bene della persona - di ogni persona e di tutta la persona - non può di per sé dirsi neppure "economia", intesa nel senso di una razionale e benefica gestione della ricchezza materiale" (Messaggio per il Nuovo Anno, n. 16). La tutela della persona e la centralità della persona sono fortemente sottolineate dal Vangelo e dall’insegnamento del Papa Giovanni Paolo II. Questi ed altri valori presenti nel Vangelo devono essere integrati nel sistema economico in modo che l’economia sia a servizio della persona.

Il problema non è solo di fare qualcosa per i poveri e gli svantaggiati, ma è soprattutto nell’impegnare le vittime del capitalismo neo-liberista nel processo di eliminazione dei suoi effetti devastanti e nella trasformazione del sistema. Valorizzare le risorse degli stessi paesi poveri in modo tale che essi possano sostenere e controllare il proprio destino, essere costruttori della propria vita e della propria storia.

Il fatto che noi possiamo prestare attenzione ad una sola cosa alla volta, che siamo messi a confronto con la realtà materiale dai mass-media, fa sì che le dimensioni più profonde della persona umana, la spiritualità, la riflessione sul senso della vita siano grandemente compromessi. Ma anche a questo livello si può dare un nostro contributo. Si deve anzitutto capire il problema e quanto ci tocca da vicino; poi sarà più facile impegnarsi nell’opera di cambiamento della società e dell’economia.

Noi abbiamo, nella Chiesa, una lunga tradizione di coinvolgimento nei problemi attuali della società. Forse essa è la sola organizzazione al mondo che può vantare una così ricca e vasta tradizione. La Congregazione, fin dai suoi inizi, con l’esempio di P. Dehon, ha seguito lo sviluppo dell’insegnamento e dell’azione sociale della Chiesa. Tutto questo ci chiama ancora ad un coinvolgimento. È nella nostra missione di continuare a studiare e riflettere profondamente su questi problemi, in modo da poter fornire un valido contributo.

I diversi principi che sono stati elaborati e utilizzati nel passato e che fanno parte del patrimonio dell’insegnamento sociale della Chiesa, non dovrebbero essere dimenticati in questo processo, specialmente i principi della sussidiarietà, della solidarietà, del bene comune, della dignità della persona umana e il principio dell’universale destinazione dei beni (Centesimus Annus, n. 15).

Questo potrebbe essere fatto in unione con il popolo di Dio e con tutti gli uomini di buona volontà. Vi sono già organizzazioni che lavorano nel mondo, allo scopo di umanizzare l’economia. "Una globalizzazione dell’economia e della tecnologia si è intensificata in tutto il mondo, con una crescita fuori del controllo di una politica globale e con una mancanza di un’etica globale. Tuttavia si sta lentamente sviluppando un sistema internazionale di controllo, anche se sta solo introducendo alcune eccezioni ai principi dell’economia di mercato" (Hans Küng, A Global Ethic for Global Politics and Economics, p. 208).

C’è una Commissione Mondiale della Cultura e dello Sviluppo, il Consiglio Inter-Action, formato da ex-presidenti ed ex-Primi ministri che hanno elaborato un documento "Sulla Ricerca di Standars Etici Globali". Inoltre le ONG (Non Governamental Organisations) stanno lavorando sulle strutture e sugli organismi che sono più ampiamente implicate nell’economia.

Vi sono inoltre movimenti locali, nazionali e internazionali, che sono impegnati nell’eliminazione degli effetti nocivi dell’economia neo-liberale e richiedono sostegno e assistenza. Altri esempi di ciò sono Amnesty International, Greenpeace, gruppi di pressione per eliminare il lavoro infantile, mercati del lavoro ecc.

"Il sistema attuale non si conforma alla teoria economica che si presume di seguire. Non ci sono persone e nazioni capaci di influenzare il proprio comportamento, dice la sapienza convenzionale. Le persone e le nazioni possono invece recuperare una capacità di controllo del proprio destino solo se vi è la volontà di affrontare la complessità; e solo padroneggiando le leve che conducono il sistema globale verso quelle conseguenze umane che esso produce" (W. Greider, One World: Ready or Not: The Manic Logic of Global Capitalism, p. 16)

Anche a noi spetta il compito di lavorare con il resto del popolo di Dio, in modo che tutta la gente del mondo possa vivere una vita pienamente umana. DIO c’è; dunque, c’è la speranza!


Seconda parte

Economia e Regno di Dio



1. Il messaggio sociale di Gesù secondo il Regno di Dio

Premessa

Occorre mettere dinanzi ad ogni altra considerazione la constatazione che nella storia della Chiesa la comprensione dell’espressione biblica "Regno di Dio" o "Regno dei Cieli" non è stata in senso univoco, ma diversificato e, quindi, pluralistico. Possiamo dire che ci sono state almeno tre visioni fondamentali.

Nella prima, al "Regno di Dio" corrisponde la vita nei Cieli, estranea alla vita del mondo qui sulla terra.

Nella seconda, il "Regno di Dio" esiste anche qui sulla terra, ma limitato alla Chiesa, che quindi si contrappone al mondo e va alla conquista del mondo.

Nella terza, la Chiesa è segno visibile e sacramento, ossia strumento efficace del regno di Dio che è presente e agisce in tutta la realtà creata, in particolare quella umana, per trasformarla secondo i disegni di Dio. La Chiesa pertanto è proiettata non alla conquista o al dominio, ma al servizio, alla conversione e alla salvezza del mondo.

È quest’ultima la visione attuale del regno di Dio, quale soprattutto emerge dal concilio Vaticano II.

Ciò premesso, ci concentriamo sulla concezione biblica del regno di Dio, confrontata con la realtà economica del mondo d’oggi. E vedremo subito che certe realtà economiche attuali costituiscono veri ostacoli alla realizzazione del regno.

Gesù non si presenta come rivoluzionario sociale, né come riformatore delle strutture della società; non aderiva al partito degli zeloti, che propugnavano la resistenza rivoluzionaria e la restaurazione della teocrazia. Egli aveva tuttavia tra i discepoli un Simone, detto "lo zelota" (Lc 6,15).

Gesù non vive nemmeno fuori della realtà della politica, del denaro, del potere, della povertà o del lavoro. Non fugge dalla realtà mondana come gli esseni, dei quali non esiste il minimo vestigio nel Nuovo Testamento.

Il messaggio che Gesù porta a questo mondo concreto, lo esprime attraverso la categoria del regno di Dio o dei Cieli (Matteo). Viene usata 123 volte nel Nuovo Testamento, spesso in bocca a Gesù. È un’espressione fondamentale per capire il Vangelo.

Il Regno di Dio appartiene alla storia o all’escatologia? È realtà immanente o trascendente?

Il fatto che Matteo preferisca l’espressione "Regno dei Cieli" non indica necessariamente la sua trascendenza, bensì un’usanza rabbinica di non pronunciare il nome di Dio.

Senza dubbio, però, il regno è una realtà che va oltre la storia; equivale a "vita eterna". Nel giudizio finale "il Re dirà a quelli alla sua destra: venite, benedetti del Padre mio, ricevete l’eredità del regno preparato per voi fin dall’origine del mondo" (Mt 25,34).

Ugualmente la comparazione del regno dei Cieli con la rete (Mt 13,49-50) o la spiegazione della parabola del frumento e della zizzania (Mt 13,40-43) o le nozze del figlio del re (Mt 22,1-14) rimandano a un regno ultramondano.

Però il regno di Dio non è solo escatologia. Esso è già presente nella storia in forma iniziale: "Se io scaccio i demoni mediante lo Spirito, è giunto a voi il regno di Dio" (Mt 12,28). Si vedano ugualmente i passi seguenti: Lc 17,20-21; 18,29; Mc 10,29; Mt 13,24-31; 13,3-9.

Se il regno di Dio indicasse solamente una realtà trascendente, la religione cristiana potrebbe essere considerata come un "oppio per il popolo", come diceva Karl Marx. Ma se è una realtà sia storica che escatologica, dobbiamo trovare in esso anche gli elementi utili per costruire la nostra vita sociale, politica ed economica intramondana.

Messaggio sociale del regno di Dio, contenuto nelle parole e nella testimonianza personale di Gesù

Con Gesù è giunto l’anno di grazia del Signore, come erano gli anni sabbatici e gli anni del giubileo nell’Antico Testamento (Lc 4,14-21; cf. Is 61,1-2; Es 23,19-11; Deut 15,1-11; Lev 25,1-55). Le "Beatitudini" del discorso della montagna (Mt 5,1-11) sono un altro esempio di come il regno di Dio ha una dimensione terrena e insieme escatologica. Così si dica di tanti altri racconti, parabole e passi del Vangelo: Lc 7,18-30; 14,15-24; Mt 20,1-16; 18,23-35; Lc 16,19-31; Mt 25,14-36.

Il regno di Dio si traduce in un "progetto di vita".

Il primo atteggiamento richiesto è l’amore di Dio e del prossimo (Mc 12,28-34), incluso l’amore dei nemici e la preghiera per i propri persecutori, che è un’originalità assoluta dell’insegnamento e dell’esempio di Gesù (Mt 5,20.44).

Gli altri atteggiamenti sono il servizio (Mt 10,41-45), la solidarietà (Mt 25,31-46), la compassione (Lc 6,36), la generosità (Lc 6,38), la radicalità (Lc 5,36; 9,62).

La ricchezza costituisce piuttosto una difficoltà per entrare nel regno di Dio: "È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago piuttosto che un ricco entri nel Regno (Lc 10,23-27). Ciò si può intendere nel senso che difficilmente un ricco diventa solidale e che difficilmente un solidale diventa ricco. I seguaci più diretti di Gesù sono invitati a vendere tutto (Lc 10,21).

Pertanto, la missione di annunciare il regno richiede una grande modestia e semplicità, con assenza di ogni segno di ricchezza o di potere (Mt 10,1-15; Lc 10,1-2).

Inequivocabile è l’esempio personale di Gesù, che nel suo ministero ha prediletto gli ammalati (Mc 1,32-34), gli affamati (Mc 6,3-14), i peccatori nell’intento di salvarli (Mt 9,9-13; Lc 19,5; 6,2; 7,36-50; Gv 4,1-42; Lc 7,1-10; 8,43-48; Gv 8,1-11).

Nel suo modo di comportarsi, Gesù esalta il valore di ogni persona, senza distinzioni di sesso, razza, nazionalità, ricchezza o povertà e nemmeno di condotta. Cristo mira ad abbattere le barriere e le discriminazioni che separano gli uomini nella società e a reintegrarvi ogni persona discriminata.

Conclusione

Il regno di Dio è una categoria evangelica che è assai più di un’etica sociale. Il regno è il piano di liberazione pensato e messo in atto da Dio per gli uomini, con un forte carattere escatologico, che supera la dimensione storica.

Il regno di Dio, tuttavia, è già presente nel mondo e deve plasmare il mondo. È la missione speciale dei cristiani. Il regno di Dio contiene un messaggio per la vita sociale e per l’economia.

Ecco in sintesi le principali istanze evangeliche al riguardo:

2. Economia e Regno di Dio nella spiritualità dehoniana

Nella spiritualità di p. Dehon il regno di Dio, in lotta continua, personale e sociale contro il regno di Satana, ha un posto centrale. Nella sua formazione culturale, l’economia e la politica ad essa connessa erano considerate elementi essenziali anche per il mondo ecclesiale. Non a caso, da anziano, ricordava compiaciuto come già da studente a Roma, contemporaneamente ai trattati di filosofia, teologia e diritto canonico, nei quali si è laureato oltre che in diritto civile, si immergesse nella lettura di trattati di economia politica.

"Il Regno del Cuore di Gesù nelle anime e nelle società" è il titolo programmatico dato da p. Dehon alla sua rivista spirituale-sociale. Basterebbe questo per testimoniare l’importanza data dal fondatore dei Sacerdoti del Sacro Cuore di Gesù al "Regno di Dio" o "Regno dei cieli" annunciato nel Vangelo. Si aggiunga il titolo dato al movimento dei laici associati o aggregati al medesimo istituto: "Adveniat regnum tuum" (ART): venga il tuo regno.

L’espressione "Regno del Cuore di Gesù" serve a p. Dehon per indicare insieme: il primato di Dio su tutto e su tutti, e la centralità dell’amore nel messaggio evangelico, che fonda insieme la spiritualità del cuore di Gesù e la civiltà dell’amore.

Fonti dehoniane

DIARIO

A conferma di ciò basterà citare poche ma decisive frasi prese per lo più dal Diario, che è lo scritto più personale e chiarificatore di p. Dehon.

1) "5 aprile 1868. Gesù è nostro re, un re di pace. Gli appartiene di regnare sulle nazioni e sulle anime. La sua legge è il Vangelo. Il suo regno è dolce, senza fasto, senza violenza" (NQ I, p. 37).

2) "15 dicembre 1886. È per mezzo dell’eucaristia che Gesù vuole vivere e regnare in mezzo a noi. Tutto è collegato con l’eucaristia: i templi, il sacerdozio, i sacramenti. È il regno dell’Agnello immolato. L’Agnello è il sacrificio ed è l’alimento sacro. È l’eucaristia che fa i santi, che fa la civiltà, che fa l’arte cristiana. Ecce agnus Dei (Gv 1,29). L’eucaristia e Maria, ecco la mia vita" (NQ I, p. 139).

3) "29 marzo 1887 ... La verità e la carità sono state le due grandi passioni della mia vita. E non ho che un desiderio: che esse siano le due sole attrattive dell’opera che lascerò, a Dio piacendo" (NQ I, p. 152).

4) "Ottobre 1898 ... Noi non dobbiamo creare il movimento democratico; esso è un fatto, esiste già ed è irresistibile; a noi non resta che fargli buon viso ed entrarvi per cristianizzarlo e infondergli lo spirito di giustizia e di moderazione" (NQ II, p. 364).

5) "Febbraio 1916. Ripasso nella mia memoria tutta la mia partecipazione all’azione sociale cristiana. Era una vocazione, una missione provvidenziale. Avevo sovente, a Roma, orientato le mie letture in tal senso... Non tutto è stato perfetto in questo movimento sociale. In ogni riforma sociale vi sono persone esagerate, sballate... Per me... la Santa Sede mi ha dato un certificato di correttezza dottrinale nominandomi consultore dell’Indice. In tutto questo apostolato io non vedevo che il risollevamento dei piccoli e degli umili, secondo lo spirito del Vangelo" (NQ V, pp. 280-281).

Si aggiunga quest’altra espressione presa dalle Oeuvres Spirituelles di p. Dehon (vol. IV p. 16): "Quelli che pensano di poter far dimenticare la loro scarsa preoccupazione della giustizia distribuendo qualche elemosina, non capiscono niente del Vangelo".

DIRETTORIO SPIRITUALE

Nel Direttorio Spirituale, che è senza forse l’opera più spiritualistica di p. Dehon in quanto, in realtà, si tratta prevalentemente di uno scritto di suor Ignazia, vi sono tuttavia due espressioni che portano il segno personale e inconfondibile del Fondatore: uno dove si parla del voto di povertà e uno dove si parla dello zelo. Ecco i testi:

1) "La povertà è la salvaguardia della vita religiosa. La tiepidezza e la decadenza sono sempre sopravvenute nella misura del rilassamento nel campo di questa virtù" (Parte III, cap. II, par. 1).

2) "Nelle opere di apostolato, dobbiamo preferire le persone più care al cuore di Gesù: il servizio ai preti, la loro formazione e santificazione; l’educazione dei fanciulli; l’impegno per gli operai e i poveri. Serviamo più direttamente il Signore dedicandoci a coloro dei quali Gesù affermò: ogni volta che avete fatto questo anche a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me (Mt 25,40)" (Parte VI, par. 23).

COSTITUZIONI

P. Dehon, nell’ottica del "Regno del Cuore di Gesù nelle anime e nelle società", ha saputo distinguere, fra le tante miserie umane che esistevano anche allora, la questione sociale numero uno del suo tempo: la questione operaia.

Sempre nell’ottica del regno del Cuore di Gesù, i dehoniani devono fare la stessa cosa oggi. È ciò che inculcano esplicitamente le Costituzioni.

Al n. 7, che è fondamentale e che giustamente viene spesso citato, si dice: "Dai suoi religiosi, p. Dehon si aspetta che siano profeti dell’amore e servitori della riconciliazione degli uomini e del mondo in Cristo (cf. 2Cor 5,18)". Certamente ciò implica l’unione a Gesù nell’eucaristia, che è il sacramento dell’amore per eccellenza; ma rimanda anche a ricostruire la giustizia e la pace in un mondo forse mai lacerato come oggi dai drammi della fame e delle guerre.

Così pure, al n. 32, le Costituzioni ci incitano a scrutare i "segni dei tempi" di oggi, per "contribuire a instaurare il regno della giustizia e della carità nel mondo (Souvenirs, XI)". Danno quindi l’indicazione perché "i Direttori provinciali determinino, secondo i tempi e i luoghi, gli impegni concreti". "Alla sequela di p. Dehon - si dice ancora - abbiamo la missione di testimoniare l’amore di Cristo, in un mondo alla ricerca di una unità difficile e di rapporti nuovi tra le persone e tra i gruppi" (n. 43).

Le Costituzioni richiamano anche "il lavoro", aspetto fondamentale della vita umana, come partecipazione alla normale "condizione degli uomini" e come espressione di "povertà al servizio del Regno. Questa povertà esige che ricerchiamo assieme uno stile di vita semplice e modesto" (nn. 48-49).

Capita anche che i più impegnati per la giustizia, soprattutto quando agiscono contro le strutture di peccato, come i meccanismi di oppressione e di violenza, vengano criticati e finiscano essi stessi per trovarsi un po’ isolati ed emarginati. Per questo le Costituzioni, in altra parte, affermano che "la nostra predilezione andrà per coloro che hanno più bisogno di essere accolti: ci sentiamo tutti solidali con i nostri fratelli che si consacrano al loro servizio. Ci sforzeremo - si aggiunge - di evitare ogni forma di ingiustizia sociale. Solo così ... potremo risvegliare le coscienze di fronte ai drammi della miseria e alle esigenze della giustizia (cf. ET 17)" (n. 51).

CONFERENZA GENERALE DI BRUSQUE (Santa Catarina - Brasile - 23.8/3.9 1988)

Sembra estremamente interessante, in questa Conferenza Generale che si terrà a Recife (Brasile) nei giorni 16-26 maggio 2.000 su "Economia e Regno di Dio", tenere presente la conclusione cui giunse la Conferenza di Brusque su "La riparazione dehoniana oggi". Essa dimostra la essenzialità della dimensione sociale nella totalità della spiritualità dehoniana. Ecco le parole testuali:

"Avendo chiaro che l’ispirazione riparatrice deve ´animare tutto ciò che siamo e tutto ciò che facciamoª (Cst n. 25), in Conferenza Generale noi abbiamo ritenuto come obiettivo primario della nostra riparazione l’impegno per la giustizia sociale, nei contesti precisi dei paesi dove noi ci troviamo.

In alcuni di questi paesi, ciò significherà principalmente una opzione evangelica più determinata per i poveri. In altri si tradurrà soprattutto nella cura di contestare le strutture ingiuste di oppressione e di emarginazione, o nella lotta contro un sistema di discriminazione sociale, razziale...

Per raggiungere questo obiettivo che per noi è prioritario, ci si presentano vari mezzi, fra i quali:



 
 

Terza parte

Cosa si fa

In questa terza parte del documento di lavoro, presentiamo una sintesi di quanto emerge dalle risposte al questionario su ciò che si fa già in Congregazione per formare e informare i nostri religiosi e i laici sulla dottrina, principi e conseguenze del sistema neo-liberale; per promuovere la persona umana e migliorare la sua condizione di vita; per difendere l’ambiente; per cambiare le strutture politiche ed economiche, che causano e mantengono la triste situazione in cui si trovano tanti nostri fratelli.

1 - Partecipare e appoggiare gli organismi che promuovono cambiamenti sociali ed economici, che difendono i diritti umani e l’ecologia, che fanno pressione sui governi e sulle compagnie transnazionali per spingerli a rispettare l’uomo e la natura, che lottano per l’assistenza e la promozione umana: è una maniera che i nostri adottano per contribuire alla costruzione del regno di Dio, secondo le risposte al questionario in preparazione alla Conferenza di Recife. E fanno alcuni esempi di questi organismi: Eight Day Centre, Valley Interfeith, Benedict Centre, Sed Ministries, Misereor, Adveniat, Caritas, Canadian ecumenical Jubilee, ONG, Croce Rossa, Ami, Vicentini, Aldeia da Paz, o Berco, Bethania, Giustizia e Pace, i movimenti per la riforma agraria, i sindacati, le pastorali sociali, Tani Lestari, Pax Christi, Bread for the Word, movimenti popolari in diversi paesi ecc.

Quasi dappertutto i nostri si sono coinvolti nella campagna di sottoscrizione per il condono del debito estero dei paesi poveri.

Interessante e opportuna la decisione che ha preso una provincia di fare società con laici, per rompere il monopolio di aziende che imponevano prezzi troppo alti per il loro servizio di onoranze funebri.

Molti confratelli lottano per cambiare in meglio il mondo in cui viviamo, come i preti operai coinvolti con il mondo dei lavoratori, partecipando alle loro lotte nei sindacati e partecipando pure ai progetti concreti in favore dei più bisognosi. È un modo per vivere l’"andare al popolo".

Le comunità inserite, condividendo, con i più bisognosi, poveri, immigrati, l’habitat, il livello di vita e le condizioni di lavoro, sono una chiara testimonianza di solidarietà e dell’amore gratuito di Dio, e un esempio d’incarnazione in mezzo al popolo.

2 - Lo sforzo per cambiare l’economia mondiale si evidenzia pure, in molte province, regioni e distretti: (a) nella valorizzazione, acquisto e uso di prodotti locali; (b) nell’investimento dei fondi nelle banche etiche, piuttosto che depositare il denaro in banche che investono in attività immorali, il cui profitto può danneggiare altri; inoltre, (c) nell’investire nelle banche dello stesso paese per aiutare lo sviluppo nazionale; (d) nella condivisione del badget con i poveri; (e) nella formazione di una rete di aiuto vicendevole tra le comunità locali.

3 - Non c’è dubbio che un cammino da percorrere per raggiungere una economia più equa e d’accordo con i criteri evangelici è il cammino dell’informazione e della formazione. Occorre conoscere i propri diritti e i meccanismi perversi che creano un divario invalicabile tra ricchi e poveri; conoscere le cause di questa disumana situazione in cui vivono tanti popoli. Non è per caso che tutto questo capita. Perciò si fa, anzitutto, un’analisi seria e profonda della realtà, con l’aiuto di ONG o di altri organismi ed "experts".

In molte province e regioni, si sviluppa un programma di formazione e d’informazione, sia a livello interno della Congregazione, sia a livello esterno; cioè: formazione dei laici. Tutto questo avviene tramite i mezzi di comunicazione sociale (giornale, radio, TV, pubblicazioni diverse, libri), le scuole, i corsi sul pensiero sociale della Chiesa e del padre Dehon, la formazione al volontariato. Si crea così una coscienza più chiara e critica sul sistema neo-liberale e le sue conseguenze. Bisogna rendere la gente consapevole dei mali del capitalismo e del liberismo. Però non è sufficiente formare il popolo in genere. Importante è che i leaders politici ricevano anche loro una formazione e informazione sociale. Anche questo lavoro si fa in alcune province.

Accanto alla formazione e all’informazione, bisogna avere il coraggio di denunciare i mali, come fanno molti dei nostri, sia personalmente, in conferenze, discorsi, corsi, omelie, sia partecipando ai movimenti di protesta.

Nella formazione dei nostri giovani religiosi si inserisce l’insegnamento sociale della Chiesa e del Fondatore, e si cerca di coinvolgerli in attività sociali, così da sensibilizzarli a questi gravi problemi. È molto importante la sensibilizzazione. Non basta conoscere il problema, le sue cause; occorre avere una sensibilità verso questa realtà così dura e disumana. Non mancano anche coloro che sono particolarmente sensibili al problema della disoccupazione e pronti alla condivisione e alla solidarietà. La formazione mira anche a questo traguardo, come dicono alcune risposte al questionario.

4 - Lodevole lo sforzo di molti religiosi dehoniani e di comunità religiose di vivere davvero il voto di povertà con uno stile di vita semplice, austero, modesto. Dovrebbe essere normale la ‘cassa comune’ per i membri religiosi; alcune comunità condividono il loro badget con i poveri. Nella vita quotidiana si cerca di accontentarsi di quello che hanno, senza drammatizzare quando mancano certe cose.Altri fanno il loro lavoro personale sul serio, approfittando bene del tempo, come un modo di vivere la povertà, poiché il sistema economico d’oggi ritiene inutile questo nostro lavoro semplice, modesto, piuttosto spirituale.

Concludendo

In sintesi si può dire che in Congregazione si cerca di:

1 - educare alla coscienza critica verso il sistema, facendo, cioè, formazione e informazione sulle cause della miseria attuale, del grande divario tra ricchi e poveri, tramite diversi mezzi: corsi, radio, TV, scuole, omelie, discorsi, conferenze;

2 - educare alla sensibilità verso questi problemi e promuovere lo spirito della condivisione, della solidarietà;

3 - diffondere l’insegnamento sociale della Chiesa e di p. Dehon;

4 - partecipare ai movimenti che si propongono di cambiare l’ordine economico attuale, sollevare la condizione dei più bisognosi, difendere i diritti della persona umana e l’ecologia;

5 - investire bene i fondi nelle banche etiche;

6 - vivere più coerentemente il voto di povertà, con uno stile di vita personale e comunitaria semplice, modesto, austero.


 

Quarta parte

Suggerimenti


In questa quarta parte del documento di lavoro, presentiamo i suggerimenti o proposte emersi dalle risposte al questionario, fatti in vista delle scelte concrete della Conferenza Generale del 2000.

1. Formazione e informazione

Alcune proposte vengono presentate al Direttivo Generale, altre alle Province e Regioni, come protagonisti principali di questi impegni.

Per il Direttivo Generale

Si auspica che il Direttivo Generale sostenga e incoraggi le commissioni di Giustizia e Pace in Congregazione e crei un "Centro Studi Sociali, a Roma".

Inoltre, si domanda al Governo generale di sviluppare una "spiritualità della globalizzazione" e di strutturare una metodologia e un processo di approfondimento circa la stessa globalizzazione.

Una proposta vuole che "Economia e Regno di Dio" sia materia della formazione permanente; che i membri della Congregazione abbiano una conoscenza più profonda sull’analisi sociale e sull’insegnamento sociale della Chiesa e scoprano la dimensione sociale dei voti e della nostra spiritualità.

Per le Province e Regioni
Ci sono diverse proposte e desideri espressi. In sintesi, possiamo dire che si vuole un’ampia formazione e informazione dei dehoniani sugli effetti della globalizzazione e del neoliberismo; che si prenda sul serio la formazione iniziale e permanente integrandovi la dimensione sociale in fedeltà dinamica al carisma di p. Dehon, le cui opere sociali debbono essere meglio conosciute.

Molti insistono che già nel periodo della formazione iniziale si viva il distacco dai beni materiali, accettando anche la provvisorietà e la mancanza di molti beni e servizi, senza drammatizzare; che si viva lo spirito di condivisione e di solidarietà con i poveri, la dedizione al lavoro in generale e, se opportuno, anche manuale per l’autofinanziamento e che si viva la gratuità come testimonianza in una società che tutto misura dal denaro e dal lucro.

Molti hanno sottolineato e augurato che le province, regioni e comunità si impegnino sul serio a formare ed informare la gente sui mali del capitalismo e del neoliberismo. Oltre l’informazione, senz’altro indispensabile è la coscientizzazione e la sensibilizzazione su questi problemi.

Si auspica anche di costruire "una rete di rapporti, per sapere ciò che fanno gli altri istituti, la Chiesa, le Chiese protestanti".

Si aggiunge ancora la proposta di "stimolare le province e le regioni a rafforzare la rete di informazioni tra loro, per fornire accurate e aggiornate informazioni sulle loro zone e così controbilanciare le notizie diffuse dai mass-media".

Qualcuno ha ricordato che dovremmo informare e sensibilizzare principalmente i politici e i leaders delle nostre comunità civili riguardo a questa tematica.

2. Sostegno e partecipazione ai movimenti sociali

Diverse risposte al questionario inviato ai singoli e alle comunità avanzano proposte riguardanti i movimenti sociali, la cui importanza è fuori discussione, nel bene e nel male. Infatti, se è vero che le idee guidano la storia, è altrettanto vero che i movimenti fanno la storia.

Fra i movimenti da contrastare in campo economico, sono stati nominati il consumismo e il liberismo. Ad esempio si suggerisce un "atteggiamento critico nei confronti del consumismo e del movimento liberista".

Ma quasi tutti insistono sui movimenti positivi da promuovere e sostenere fino a coinvolgervisi.

Alcuni suggeriscono di studiare a fondo "il processo che genera la ricchezza di alcuni e la povertà della maggioranza", allo scopo di "coinvolgersi più concretamente con coloro che propongono alternative". In modo simile si propone di "studiare le cause che producono la marginalizzazione, l’esclusione" e di "lottare per cambiare il processo che genera povertà e sfruttamento". Altri invitano a "credere nella forza delle piccole iniziative a partire dai poveri".

C’è chi sposta l’accento, da un lato, sulle "Chiese locali e sui loro progetti di stampo sociale", allo scopo di "appoggiarli"; dall’altra, sulla "legislazione locale, nazionale e internazionale" per "vigilare, conoscere e appoggiare i movimenti di solidarietà e agire con loro".

Qualcuno vede la necessità di attivare il laicato cristiano; esattamente di "stimolare i leaders cristiani ad assumere cariche amministrative e sorreggerli, motivarli e ispirarli nell’esercizio delle loro cariche e fare pressione su di loro".

Altri spingono per "partecipare" direttamente "ai movimenti di solidarietà", anche "sottoscrivendo denunce e proteste contro le ingiustizie". Una proposta simile è di preparare persone e "prepararsi con lo studio per partecipare ai movimenti di giustizia e pace, e ad altri movimenti che intendono salvaguardare la natura".

C’è chi conta sui governi per controbilanciare le multinazionali e propone concretamente di "fare pressione sui governi, perché stabiliscano dei meccanismi che garantiscano la priorità dell’economia di base e dell’ambiente sociale, rispetto agli interessi delle compagnie transnazionali".

Qualcuno propone la rete operativa, ossia che la nostra "Congregazione si unisca alle altre Congregazioni che trattano della globalizzazione, per cercare risorse che possano essere condivise e azioni comuni che possano essere assunte come risposta alla globalizzazione".

Altra proposta specifica, collegata con la precedente: la nostra Congregazione "convochi un <simposio> dehoniano per tutti gli SCJ, con uomini d’affari, professionisti, lavoratori, ONG e organismi simili, per sviluppare un <progetto pastorale dehoniano> come risposta alla globalizzazione".

Altra proposta concreta: "Studiare la possibilità di fare nella Congregazione una ONG, studiando i pro e i contro".

Per le Province in particolare si suggerisce di "fare progetti per riscattare la persona umana (tossicodipendenti, portatori di AIDS...); collaborare con gruppi ONG ed esserne membri; appoggiare i movimenti popolari che difendono la vita, i diritti umani, principalmente dei più poveri (Croce Rossa, movimento per la riforma agraria, i senzatetto); difendere i diritti degli emarginati (indigeni, donne, bambini e bambine delle strade); Charter 99 Global democracy (una corte internazionale per la giustizia, lo sviluppo e la democrazia); sostenere i sindacati nelle giuste rivendicazioni dei diritti dei lavoratori; dare appoggio ai politici che si propongono di operare per la vita e i diritti dei contadini e che lottano in vista del rinnovamento del contesto socioeconomico; promuovere la pace basata sui diritti umani e sui doveri reciproci delle parti in conflitto; domandare una tassazione più giusta e un ordine economico mondiale più giusto per evitare il divario sempre crescente tra ricchi e poveri".

Soprattutto, se davvero si vuole intervenire più sulle cause del malessere economico-sociale mondiale, anziché accontentarsi di lenirne gli effetti devastanti, occorre "sostenere la riforma dell’ONU", ossia la sua democratizzazione e il suo rafforzamento, per "recuperare il primato della politica sulla economia"; in particolare va denunciata e contrastata l’immoralità del "Nuovo Modello di Difesa" della Nato, incentrato sulla difesa dei propri "interessi vitali, dove gli eserciti sono funzionali a una politica estera di egemonia economica" ai danni dei paesi impoveriti.

3. Suggerimenti per l’Economia

Alcuni hanno sottolineato la necessità di controllare i nostri investimenti, investendo, ad esempio i nostri soldi nelle banche etiche o in aree che sono utili, cioè nelle costruzioni per i poveri, cooperative.

Qualcuno propone la creazione di un fondo interprovinciale e così vivere concretamente la solidarietà, la benevolenza e la condivisione, all’interno del nostro Istituto.

Una proposta originale è quella avanzata da un gruppo, di condonare tutti i debiti dovuti alla Congregazione, alle Province e alle Regioni.

Non pochi hanno sottolineato la necessità d’essere coerenti nei nostri progetti finanziari, pagando adeguati salari ai dipendenti secondo le loro ore di lavoro. Inoltre bisogna riconsiderare certe pratiche ambigue alla luce della nostra opzione evangelica e rivedere pure il "nostro neoliberismo interno".

4. Suggerimenti alla stessa Conferenza Generale

La commissione di preparazione ha preso in considerazione molte proposte fatte alla Conferenza Generale 2000, nel fare la stesura di questo documento di lavoro e nel programmare la stessa conferenza.

Ma vogliamo mettere in rilievo ancora alcuni desideri trovati nel questionario, specie, nelle risposte alla decima questione.

Qualcuno osserva che non ci si dovrà "soffermare al livello teorico dei dibattiti; occorre scendere al livello pratico e operativo; partire dalla teologia (Regno di Dio, un po’ dimenticato nel documento preparatorio) ed arrivare al mondo economico, con impegni concreti".

Un altro gruppo così si esprime: " Proponiamo che la Conferenza Generale focalizzi la sua attenzione su due finalità: 1) denuncia e condanna del sistema neo-liberale; 2) proposta di comportamenti conseguenti, corretti ed equi, da declinare a livello provinciale e locale attraverso appositi organismi".

Molti si augurano che "dopo tre anni, la Conferenza Generale e il suo lavoro vengano verificati e valutati sia in merito allo strumento a livello metodologico sia nella loro efficacia".

Si desidera pure che la dimensione sociale del peccato sia messa in rilievo, durante la Conferenza Generale e che essa sia un "momento importante per sottolineare che la nostra spiritualità e la diffusione mondiale della Congregazione ci stimolano a interessarci non solo del nostro piccolo ambito, ma anche dei problemi strutturali mondiali".

Si domanda anche che la Conferenza Generale decida l’elaborazione di un "Catechismo sociale" per oggi e chieda una nuova enciclica sulla dignità della persona umana, poiché la Centesimus Annus non critica sufficientemente il modello capitalista neo-liberale.

Conclusione

Questo documento è soltanto un cammino con innumerevoli punti di riferimento per la riflessione, il dibattito nei gruppi di lavoro ed in aula. Si tratta di uno strumento che può essere utile allo svolgimento della Conferenza Generale.

Vi preghiamo di usarlo, insieme ad altre letture, come preparazione immediata a questo importante evento congregazionale.

La riuscita di questa Conferenza dipende dalla partecipazione seria ed efficace di ognuno di noi, nello spirito di servizio alla Chiesa, alla Congregazione e all’intera società.