Quattro ragioni per rimettere il debito
Tutti coloro che si sono occupati del debito estero del Terzo mondo, o che lo hanno subito, sanno molto bene che questo problema strozza da quasi vent'anni le possibilità di sviluppo della maggior parte dei paesi poveri del pianeta, condannando una parte drammaticamente elevata della popolazione mondiale a convivere con la fame e la malattia.
In questi anni gli operatori della cooperazione internazionale hanno sempre cercato di tenere alta la voce delle persone che in questa vicenda pagavano il prezzo più alto. Ma è solo da poco che la voce delle Ong, dei missionari, dei cittadini del Sud ha suscitato finalmente reazioni politiche vere. ciò è avvenuto grazie alla risonanza che il Papa ha voluto dare all'appello per la cancellazione del debito, facendolo proprio ed inserendolo nella Tertio millennio adveniente, l'enciclica di preparazione del Giubileo. Il Santo Padre chiede di rinnovare la tradizione ebraica di remissione dei debiti nell'anno giubilare «proponendo il Giubileo come un tempo opportuno per pensare, tra l'altro, ad una consistente riduzione, se non proprio al totale condono del debito internazionale, che pesa sul destino di molte nazioni» (Tertio millennio adveniente, 51).
La questione, posta così autorevolmente, è divenuta di attualità nel dibattito internazionale, e a fondare la richiesta di cancellazione si sono delineate quattro fondamentali ragioni. Proviamo ad esaminarle.
Una ragione storica
Una tesi che viene espressa con forza soprattutto dal mondo africano è quella che vede il problema del debito in prospettiva storica. Nel periodo del colonialismo il Sud del mondo, e in particolare l'Africa, è stato defraudato delle proprie ricchezze naturali. I paesi del Nord hanno disposto a proprio piacere delle ricchezze minerarie, agricole e persino umane dei popoli del Sud. Nessuno ha tenuto una contabilità di quanto è stato sottratto. Nessuno può fare un calcolo di quanto valga una vita ridotta in schiavitù. In prospettiva storica le popolazioni del Nord sono debitrici verso quelle del Sud di valori letteralmente "non restituibili". Quando il pagamento degli interessi sul debito in un paese africano oggi supera in media di quattro volte la spesa sanitaria annuale (a fronte di tassi di mortalità infantile entro il quinto anno di vita spesso superiori al 30%), qualunque cittadino africano ha diritto di dire che gli interessi non vanno più pagati e che, anzi, il debito va azzerato, per ridurre di un'inezia il credito di cui egli è titolare verso di noi, a causa delle spoliazioni dei secoli scorsi. Questa posizione ovviamente esula da ogni inquadramento tecnico del problema, ponendolo su un piano prettamente politico. Ma per quanto metta in gioco considerazioni di carattere forse troppo generale è, ovviamente, autenticamente fondata.
Una ragione di convenienza
Una seconda ragione che fonda la richiesta di cancellazione è quella che parte dalla considerazione che i paesi indebitati partecipano in forma scarsissima al commercio internazionale. Oggi l'Africa, con i suoi 700 milioni di abitanti, partecipa per il 4% al commercio mondiale. Liberare i paesi dal peso del debito consentirebbe loro di destinare a investimenti produttivi le risorse oggi usate per la restituzione del capitale e il pagamento degli interessi. Un rilancio della produzione darebbe loro nuova possibilità di accedere con vitalità al commercio mondiale, ottenendo come risultato una maggiore domanda anche dei beni venduti dal Nord. Rinunciando al pagamento degli interessi e del debito, i paesi creditori otterrebbero in cambio la possibilità di avere nuovi clienti per i loro prodotti, quindi maggiori entrate, (con benefici, ad esempio, anche sulla occupazione del Nord). In sostanza molti ritengono che cancellare il debito comporti vantaggi non solo per i debitori, ma anche per i creditori, e vantaggi duraturi.
Una ragione di solidarietà
La terza ragione afferma che le condizioni di povertà in cui versano molti paesi indebitati è scandalosa. I creditori ricchi non possono rimanere indifferenti vedendo il tipo di vita condotto dai debitori e continuare a ricevere da questi il pagamento degli interessi. Qualunque coscienza eticamente sensibile non può non sentirsi provocata. Questa leva, quella morale, clamorosa nella sua evidenza, è quella che ha consentito di arrivare oggi a parlare di cancellazione del debito, sia pure parziale, anche negli ambienti delle istituzioni finanziarie internazionali come Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale.
Una questione di giustizia
Ma vi è una quarta considerazione che sostiene le ragioni della sanatoria, ed è una considerazione che fa leva sulla giustizia piuttosto che sulla solidarietà e risale alle dinamiche macroeconomiche che hanno determinato la crisi.
Come abbiamo detto nell'articolo precedente, l'indebitamento dei paesi poveri nasce con l'acuto rialzo dei prezzi del petrolio avvenuto negli anni settanta. Fra il 1978 e il 1982 la valuta americana accrebbe il proprio valore da due a quattro volte rispetto a tutte le monete del Nord. Rispetto alle valute dei Paesi in via di sviluppo l'aumento fu ancora più sensibile.
L'aumento dei tassi di interesse rese il servizio del debito particolarmente oneroso, ma l'elevatissimo rialzo del dollaro lo fece diventare insostenibile. Se si ricalcolano le somme dovute e le somme restituite utilizzando come unità di misura non il dollaro, ma un paniere di monete che tenga conto delle variazioni di valore di tutte le monete, comprese quelle locali, si ottiene che per quasi tutti i paesi il debito è stato già restituito completamente e in qualche caso anche più volte.
Questa tesi si fonda sul convincimento che nella logica della giustizia liberale ciò che i sottoscrittori firmano, e dunque ciò che li vincola nel negozio giuridico, è la sostanza del complesso di diritti e doveri individuati. La lettera del contratto altro non è che la rappresentazione di quella sostanza. Se, per qualche ragione, mutano radicalmente le condizioni del contesto all'interno del quale si giocano i diritti e doveri, al rispetto dei quali ci si era reciprocamente impegnati, occorre verificare che la lettera degli accordi sottoscritti mantenga la capacità di rappresentare la sostanza che si era sottoscritta. In questo caso il mutamento del contesto ha fatto sì che la lettera dei contratti esprimesse una sostanza fino al 1978, ed esprimesse tutt'altro significato appena 18 mesi dopo. Le grandezze cui facevano riferimento i contratti di finanziamento sottoscritti dai Paesi in via di sviluppo sono mutate profondamente dalla stipula, cambiando, sino a snaturarla, la sostanza dei termini che creditori e debitori inizialmente avevano concordato.
In un contesto nazionale la legge tutela le parti di un negozio giuridico e definisce come modificarlo (o rescinderlo) nel caso in cui i termini con i quali il contratto viene "misurato" mutino radicalmente, cambiando in modo sostanziale il complesso dei diritti e dei doveri che le parti avevano sottoscritto. In Italia abbiamo avuto il recente caso della ridiscussione dei mutui casa a seguito del consistente abbassamento dei tassi di interesse. A livello internazionale invece oggi non esiste un organismo cui fare riferimento per svolgere questa funzione. Anche a partire dalla questione del debito, in ragione della distorsione che abbiamo descritto, oggi da molte parti si richiede la riforma delle relazioni finanziarie internazionali e, in particolare, della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale
Tutt'e quattro le considerazioni elencate portano a individuare nella cancellazione del debito la soluzione da perseguire. Ma è la quarta quella che guarda con più autenticità alle donne e agli uomini del Sud e fa chiedere con maggiore autorevolezza di sanare la contabilità del debito. Non si tratta infatti di condonare, ma di sanare le distorsioni di una contabilità perversa che usa sempre l'unità di misura del Nord e mai quella del Sud. La questione riguarda la giustizia prima della solidarietà. Il debito non va cancellato perché c'è un debitore senza dignità che non sa essere autosufficiente, ha fame e tende la mano. Le scritture del debito vanno stornate perché il debitore ha già pagato.
Occorre che questo venga affermato in modo esplicito, per non fuggire l'ammonimento che l'Apostolicam Actuositatem rivolge con chiarezza: "siano anzitutto adempiuti gli obblighi di giustizia, perché non avvenga che si offra come dono di carità ciò che Ë già dovuto a titolo di giustizia.î (AA, 8).
r.m.