STORIA E MEMORIA

 

LEONE DEHON E LA STORIOGRAFIA ATTUALE

Stefan Tertünte scj

  1. Lo sguardo degli altri

Come è percepito il P. Dehon nella storiografia dai non-Dehoniani, in questo caso dagli storici? In quale contesto se ne parla? Sono state scelte pubblicazioni nell'ambito della storia della Chiesa (in francese, nell'ambito della histoire religieuse), pubblicate dal 1991 al di fuori della Congregazione, sia per quanto riguarda gli autori come pure per il tipo di pubblicazione. Questa periodizzazione si prestava per vari motivi: l'ultima grande biografia di P. Dehon, a cura di P. Manzoni, è del 1989. Buona parte della precedente letteratura relativa a Dehon vi si può rintracciare.1 D'altra parte, l'anno 1991, con il Colloquio di Parigi su Dehon e la pubblicazione susseguente, è un passo importante nella ricerca storica su Dehon.2

Molto di ciò che segue confermerà la storiografia dehoniana, non del tutto concordante, ma si evidenzieranno anche alcune lacune nella nostra percezione del fondatore. Vorrei subito chiarire che non attribuisco un valore assoluto alla storiografia, da seguire in ogni caso. Ovviamente capita anche alla storiografia di trascurare certi aspetti importanti, e allo stesso tempo seguire interessi prioritari che cambiano con le ideologie dominanti. Tuttavia, i risultati della ricerca all'interno della Congregazione devono sempre essere confrontati con i risultati della ricerca scientifica professionale esterna alla Congregazione.

Le citazioni saranno riportate per esteso, per consentire ai lettori che non hanno accesso diretto ai singoli volumi, di avere il materiale alla loro portata.

Un primo sguardo sulle pubblicazioni raccolte mostra chiaramente quanto segue: P. Dehon viene tematizzato soprattutto come abbé démocrate. Si focalizza soprattutto il periodo dalla Rerum Novarum 1891 alla Graves de Communi 1901. Il contesto della presentazione è quasi sempre il cattolicesimo sociale francese, in particolare la storia della seconda Démocratie Chrétienne (= DC). Dei suoi scritti spirituali quasi non si parla; la fondazione dell'Istituto e l'attività di Dehon prima della Rerum Novarum, sono accennate al massimo in modo marginale, oppure in relazione al summenzionato contesto tematico e storico.

Un aspetto del suo impegno, spesso sottolineato e familiare anche a noi, è la presentazione di Dehon come colui che si è messo al servizio della diffusione della dottrina sociale papale. In questo processo, nel cattolicesimo francese, Dehon ha svolto con successo il compito della divulgazione.

Nel suo saggio "Rerum Novarum - Mito ed Avvenimento", Andrea Riccardi (della Terza Università di Roma) scrive sull'accoglienza riservata all'enciclica di Leone XIII: "Per la dottrina sociale di Leone XIII, l'effetto fu rapido: Il Manuale sociale cristiano del P. Dehon, pubblicato nel 1894 e tradotto l'anno successivo in italiano per interessamento di Toniolo, per fare un esempio illustre, familiarizzò seminaristi e laici militanti con il pensiero di Leone XIII e con il gusto della sensibilità sociale". 3

Anche Marco Agostini, dell'Università di Bordeaux, presenta Dehon nel contesto della trasmissione della dottrina sociale papale: "Ma questo documento (Rerum Novarum), nello spirito del Papa e di coloro che si chiamano genericamente cattolici sociali, deve operare trasformazioni, trovare applicazione e quindi essere capito dal maggior numero di persone. Mentre i commenti generali sull'enciclica diventano rari, lavori celebri, come il Manuale sociale cristiano del Padre Dehon, continuano l'opera e vogliono farne comprendere le direttive principali e le potenzialità". 4

Jean-Dominique Durand (dell'Università di Lione) sottolinea che Dehon non si limita a rendere popolare il messaggio papale, ma cerca anche di approfondirlo e di ampliarlo: "Liberando le energie, riconoscendo un ruolo non trascurabile allo Stato, lasciando la strada aperta ai sindacati operai, l'enciclica Rerum Novarum ha incoraggiato fortemente i democratici cristiani ad agire attraverso iniziative concrete per le quali Leone XIII non nascondeva la sua simpatia, e a sviluppare, approfondire, ampliare, prolungare, rendere popolare il discorso pontificio. Esempi di queste iniziative sono fornite dalle attività di P. Léon Dehon e dell’Abbé Antoine Pottier".5

Nel seguito Durand presenta Dehon come un prototipo degli abbés démocrates, mette l'impegno per l'insegnamento sociale papale in relazione all’abbandono di posizioni monarchiche e chiarisce la difficile posizione della DC tra cattolici conservatori e repubblicani anticlericali: "Se il tentativo di Albert de Mun di fondare un partito nel 1885 fallì, gli anni dal 1890 sono stati segnati invece dal primo vero tentativo di organizzare un movimento democratico-cristiano. Alla sua base vi erano gli 'abbés démocrates': Trochu, Calippe, Lemire, Naudet, Pastoret, Gayraud, Garnier, Dehon, Six. Provenienti dal legittimismo intransigente e sociale, ultramontano, molti di loro avevano fatto parte dell'Oeuvre des Cercles; questi giovani sacerdoti, nati tutti dopo il 1850, si sono progressivamente distaccati dalla causa monarchica… Numerosi scritti traducono il loro pensiero: il padre Léon Dehon, fondatore della Congregazione dei Sacerdoti del Sacro Cuore, cappellano delle opere della fabbrica di Val-des-Bois che dirigeva Léon Harmel, nel 1894 pubblicò il Manuale cristiano sociale e nel 1898 un Catechismo sociale, divulgando così la Rerum Novarum… Essi incontrarono violente opposizioni, in particolare da parte dei cattolici monarchici dai i quali erano considerati rossi, o addirittura comunardi, mentre i repubblicani vedevano in loro solo dei clericali".6

Nel suo saggio sull'accoglienza della Rerum Novarum in diverse regioni della Francia, Yves Marie Hilaire (dell'Università di Lille) menziona P. Dehon come uno degli abbés démocrates, per i quali la Rerum Novarum era stata una carica d'innesco per il loro impegno: "L'Enciclica ha provocato una vera scossa in una parte del clero, in particolare nel giovane clero. Il celebre testo di Georges Bernanos nel Journal d'un curé de campagne si riferisce alla regione del nord dove il fenomeno degli abbés démocrates è più sentito, con Lemire, Six, Vanneufville, Bataille, Raux, Joncquel, Dehon".7

Verso la fine del suo articolo, Hilaire mostra che Dehon apparteneva a quelle personalità della DC che hanno sostenuto la definizione papale della DC in Graves de Communi 1901: "Roma dunque (dopo il fallimento dei cattolici alle elezioni del 1898 e la ripresa della politica anticlericale sotto Waldeck-Rousseau e Combes) invita i cattolici a cambiare atteggiamento. L'enciclica Graves de Communi, bene accolta dai sacerdoti Six e Vanneufville e dal Padre Dehon, invita la Democrazia cristiana a limitarsi ad una azione sociale caritatevole. I laici prendono allora il sopravvento, passano in primo piano. E' il momento in cui Max Turmann e Georges Goyau diffondono l’espressione ‘cattolicesimo sociale’, secondo le osservazioni di J.M.Mayeur".8

Nel nuovo libro di riferimento della Storia della Chiesa, Jean-Marie Mayeur (della IV Università di Parigi - Sorbona) propone una prospettiva ben diversa. Nel capitolo sui nuovi modelli pastorali del tempo di Padre Dehon, egli mette l'accento sul suo impegno di vita per una comprensione moderna del sacerdote e della pastorale. Mayeur inizia con una descrizione delle inadeguatezze della pastorale di allora "fondata sulla parrocchia rurale, che anche se non dava segni di esaurimento, mostrava segni di inadeguatezza nei confronti delle nuove forme di vita sociale…" e vi contrappone la ricerca "di un nuovo sacerdozio, riducendo la sfiducia verso le aspirazioni dei contemporanei, meno preoccupati di politica che di inserimento sociale tra gli sfavoriti… L'itinerario… di un altro giovane sacerdote, Léon Dehon, figlio di un ricco allevatore di Thiérarche, è ugualmente significativo. Ordinato nel 1868 nella Roma del Concilio, che segue da vicino, è destinato nel novembre 1871 alla basilica di Saint-Quentin, uno dei sette sacerdoti che prendono cura di trentacinque mila abitanti. La creazione di un patronato, al quale aggiunge una scuola secondaria, traduce la sua ambizione di dare una formazione cristiana globale ai giovani. Attraverso una inchiesta diocesana e dopo aver partecipato ad un congresso dell'Union des Oeuvres, inizia una collaborazione con Léon Harmel che si intensificherà in seguito. Ma presto sente il bisogno di approfondire la sua vita spirituale in comunità con i suoi confratelli. Questo desiderio lo porta a fondare l'istituto dei Sacerdoti del Sacro Cuore, che Roma approverà nel 1884. Senza rinunciare alla prospettiva della 'mistica vittimale', che orientava l'inizio della congregazione, il suo fondatore le imprime un 'cambiamento d'accento' che dà di nuovo la priorità all'azione presso i giovani e all'impegno sociale".9

Un tema appena toccato nella ricerca sul fondatore all'interno della congregazione è l'antisemitismo di Léon Dehon. Pierre Pierrard (Institut Catholique, Parigi) lo schiera più volte tra le personalità della Démocratie Chrétienne che, al contrario di poche eccezioni come per esempio Lemire e più tardi anche Naudet, non si sono preservate dall'antisemitismo: "I cattolici che alla fine del XIX secolo formano i battaglioni più avanzati nell'impegno democratico e sociale, non sono esenti dal detestare, addirittura dall'odiare l'ebreo, considerato da loro come un personaggio al quale si è fatto indebitamente posto nella società cristiana in pieno mutamento. Ai collaboratori lionesi (della rivista antisemita 'la France libre')… si aggiungono giornalisti della Libre Parole e alcuni grandi nomi della Démocratie Chrétienne: i sacerdoti Gayraud, Dehon, Garnier, Lemire, Cetty, Naudet".10

In un altro libro Pierre Pierrard dedica all'antisemitismo di Dehon un proprio paragrafo. Dopo averlo presentato come uno dei "capi della Démocratie Chrétienne… al primo piano dell'azione sociale dei cattolici francesi",11 egli illustra con precise citazioni del Catechismo sociale il suo antisemitismo: esso si opporrebbe soprattutto alle attività contro la chiesa e alle attività economiche degli Ebrei. Dopo l'abbandono, da parte della maggioranza delle nazioni europee, delle legislazioni antisemitiche delle generazioni precedenti, in queste citazioni Dehon condivide una reazione talvolta esagerata a favore di una legislazione che limita la libertà degli ebrei.

Anche Jean-Marie Mayeur, in un articolo, osserva che Dehon rimane nella corrente antisemitica della DC: "Mettendo da parte alcuni come Naudet e Lemire, che hanno preso le distanze e hanno evoluto verso la sinistra, il movimento degli abbés démocrates, con personaggi come Dehon, Gayraud, con ‘La Croix’ degli Assunzionisti… ha partecipato all'antidreyfusismo e al nazionalismo di questo fine secolo".12

Una breve citazione dell'attività pubblicistica di Dehon si trova nel saggio di Yves-Marie Hilaire sul giornale "La Démocratie Chrétienne" dell'abbé Six: "Tra i collaboratori episodici di ‘Démocratie Chrétienne’ si notano i nomi della maggior parte dei preti democratici della regione, Lemire, Calippe, i cui contributi sono importanti, Noel, Decrouille, Louis Glorieux, Bataille, Leleu, Cachera, Dehon…" 13 Presentando il profilo della rivista prosegue: "Nel campo spirituale l'influenza dehoniana è presente con ‘Le Règne du Sacré Coeur de Jésus’, più volte citato, ma occupano un grande posto soprattutto i congressi e le attività del Terz'Ordine francescano".14

In un suo libro, Paul Misner (della Marquette University/USA) dà molto spazio a Léon Dehon: all'interno della DC presenta Dehon come uno dei pubblicisti ed organizzatori più eminenti, come garante dell'ortodossia della DC e come difensore di un orientamento del Terz'Ordine francescano anticapitalistico e impegnato in campo sociale.

"Il sopravvento sensazionale degli abbés démocrates nel risveglio della Rerum Novarum si verificò in due tipi di attività: come membri eletti della Camera dei Deputati e come pubblicisti ed organizzatori… I principali pubblicisti ed organizzatori furono i sacerdoti Paul Naudet, Théodore, Léon Dehon, Pierre Dabry e Paul Six… Formavano un gruppo colorito di personalità, troppo colorito e individualistico per costituire un movimento unificato, e ancor meno la componente clericale di un partito politico cattolico. Ciò che li univa era la loro prontezza nell'obbedire a Leone XIII quando intimò ai preti di uscire dalle sacrestie e andare al popolo.

….

Léon Dehon, da parte sua, collaborò con Léon Harmel nella formazione sociale dei preti e seminaristi a Val-des-Bois, dal 1892, durante seminari estivi settimanali. Per ospitare duecento preti allo stesso tempo, nel 1895 li portò nella sua città, a Saint-Quentin. Mentre era cappellano della OCCO (Oeuvre des Cercles Catholiques Ouvriers), accompagnò Harmel nella Démocratie Chrétienne. All'inizio prete secolare (abbé, nel suo significato diverso da père), poi canonico, fondò la Congregazione dei Sacerdoti del Sacro Cuore, che sono stati espulsi dalla Francia nel 1901. Al tempo stesso egli servì come garante e difensore dell'ortodossia della Democrazia Cristiana - la sua reputazione fu confermata da un incarico di consulente della Congregazione dell'Indice ! Non c'è da meravigliarsi che il suo Manuale Sociale Cristiano, pubblicato dalla Bonne Presse nel 1894, avesse la funzione di una esposizione e di una difesa autorevole della Démocratie Chrétienne.

Durante un convegno internazionale (del Terz'Ordine Regolare Francescano) a Roma nel 1900, Dehon ripeté in buona fede la condanna del capitalismo; ma il frate irlandese David Fleming, che occupava uffici importanti nella Roma papale, richiamò il Terz'Ordine francescano al suo primario ruolo religioso… affinché non diventasse una 'scuola di sociologia o una organizzazione creata per promuovere una politica economica', mentre doveva essere una scuola di perfezione cristiana".15

L'importanza appena menzionata di Dehon per un orientamento sociale del Terz'Ordine francescano tra il 1893 e il 1901 è ampiamente trattato da Jean-Marie Burnod.16 Egli cita Dehon più di venti volte.

"Il canonico Dehon, nato nel marzo del 1843, fondatore dei Sacerdoti del Sacro Cuore, ebbe relazioni strette con i dirigenti dell'Oeuvre des Cercles, al suo inizio. Come democratico, la sua influenza sul clero sarà considerevole. Egli pubblica nel 1894 il Manuale sociale cristiano, redatto dalla commissione di studi sociali di Soissons, di cui egli era presidente. Sarà una delle figure più notevoli dei congressi francescani".17

Nel 1893 comincia, sotto la guida di Harmel, un nuovo orientamento sociale del Terz'Ordine, cristallizzato nell'incontro di un gruppo di studi in Val-des-Bois. Oltre i francescani, i cappucini e Harmel "alcuni membri del clero secolare e alcuni laici si erano uniti a loro, a causa della loro competenza sociale e del loro attaccamento al Terz'Ordine. Troviamo i nomi dell'abbé Garnier - giornalista e democratico -, del canonico Dehon - superiore generale dei Sacerdoti del Sacro Cuore di Saint Quentin …" 18

Nonostante le sue tendenze a cercare sempre una posizione equilibrata, Dehon rimane impegnato nel rinnovo sociale del Terz'Ordine, anche nel 1900, quando numerosi segnali indicano un fallimento relativo di questi sforzi. Per l'ultima volta, questo appare chiaramente durante il già menzionato congresso internazionale del Terz'Ordine a Roma, nel settembre del 1900. Burnod introduce il discorso di Dehon con queste parole significative: "…Dehon pronuncia il discorso più risonante e più impegnato di tutto il congresso". 19 Di seguito, Burnod commenta in due pagine il contenuto del discorso di Dehon sulla "missione attuale del Terz'Ordine" e caratterizza il rifiuto delle idee del P. Dehon da parte di P. Fleming, che dopo di lui determina il congresso, come espressione della "forza dell'ala conservatrice per non dire reazionaria della Chiesa, … un fallimento anche per il Papa". 20

In un libro che mediante molte personalità dimostra il contributo dei cristiani per l'assetto del fine secolo XIX, Pierre Pierrard e Nicolas Pigasse danno una sintesi notevole dell'opera di P. Dehon:

"Fra gli "abbés démocrates" che, tra i due secoli (XIX e XX), si sono sforzati di mettere d'accordo il Vangelo e la giustizia sociale, due soprattutto hanno avuto un ruolo maggiore.

Per primo Léon Dehon (1843-1925), fondatore dei Sacerdoti del Sacro Cuore di Saint-Quentin. Quest'uomo del Nord, che radica la sua attività sacerdotale nella città operaia di Saint-Quentin, percepisce con singolare oculatezza i mutamenti della società francese - in particolare la salita della classe operaia - e anche lo scarto e l'impotenza della pastorale della Chiesa nei confronti della realtà sociale e culturale dell'epoca.

I suoi studi di diritto a Parigi - diventa avvocato a 21 anni - la sua formazione filosofica e teologica a Roma danno a Léon Dehon una grande apertura di spirito, un senso forte di contemplazione del costato trafitto del Cristo in croce. Affascinato dalla Rerum Novarum, si riferisce continuamente ad essa per elaborare un vero pensiero sociale, una pratica pastorale ed un progetto cristiano sull'uomo e sulla società. Il titolo dell'opera, che firma nel 1900, 'La rénovation sociale chrétienne', rivela questa dinamica. I suoi contemporanei non si sono sbagliati a considerare il suo Manuale sociale cristiano come il commentario autorizzato della Rerum Novarum".21

In base a questi contributi si impongono alcune osservazioni:

Da ritenere, anche se non desta meraviglia, è il modo in cui si tematizza Dehon nella storiografia a partire del 1991: in un gruppo più grande di contributi, Dehon appare come uno dei tanti, una fra le tante conferme della descrizione di fenomeni differenti all'interno della DC. D'altra parte, però, ci sono storici che illustrano e stabiliscono, attraverso l'esempio di Dehon, aspetti specifici nella storia del cattolicesimo sociale: la ricerca di modelli pastorali e sacerdotali adeguati all'epoca; attività nel campo della formazione del clero e dei giovani; l'elemento portante della fedeltà all'autorità papale e l'impegno per la dottrina sociale papale, e l'inizio di un legame o almeno l'avvicinamento tra spiritualità e pastorale, e rispettivamente il legame tra spiritualità e impegno sociale.

Colpisce il fatto che frattanto in quasi nessun saggio sul cattolicesimo sociale francese della fine del XIX secolo - e come abbiamo visto anche in qualche opera storica più ampia - manca ogni riferimento al Dehon. D'altra parte, il modo in cui Dehon viene menzionato mostra la sua importanza secondaria per la storiografia.

Queste osservazioni suggeriscono di dare uno sguardo sul modo di fare storiografia. Per Dehon questo è facile da verificare in molti casi, dopo il 1991: gran parte degli autori già citati erano relatori nel colloquio di 1991 presso l'Institut Catholique di Parigi sul tema "Rerum Novarum en France - Le père Dehon et l'engagement social de l'Église". Questo vale per Mayeur, Hilaire, Durand, Agostino. Tutti si riferiscono, nei loro contributi o libri citati, alle proprie relazioni o a quelle di altri partecipanti a questo colloquio. Il congresso di Parigi, nel quale si sono esplicitamente confrontati con Dehon e dove avevano a disposizione fonti primarie, continua a produrre effetti nella storiografia e compie una funzione dinamica per la presenza di Dehon nella medesima.22

Mentre nel libro di Pierre Pierrard e Nicolas Pigasse non risulta la fonte della loro presentazione di Dehon, Paul Misner invece si riferisce, oltre alle enciclopedie standard, direttamente alle Opere Sociali di Léon Dehon.

Se la nostra Congregazione ha interesse che Léon Dehon rimanga o diventi un tema per gli storici anche fuori della Congregazione, occorre continuare a cercare altre vie per: a) stimolare gli storici a confrontarsi con Dehon; b) assicurare che le fonti dehoniane siano di facile accesso, adeguatamente preparate per la consultazione e divulgate.

2. Sviluppi nella ricerca sulla Démocratie Chrétienne

Negli ultimi decenni, si sono verificati degli sviluppi nella ricerca sul cattolicesimo sociale francese, più precisamente sulla D.C., che da una parte confermano molti risultati della nostra ricerca sul fondatore e allo stesso tempo la stimolano in modo fecondo.

Nel 1975, Emile Poulat pubblicò un articolo intitolato "Per una nuova comprensione della Democrazia Cristiana." 23 Il contributo marca il distacco da una storiografia che per molto tempo aveva avvicinato la Démocratie Chrétienne della fine del XIX secolo al cattolicesimo liberale. Poulat, al contrario, insiste che la DC né scaturisce dal liberalismo (nel senso del cattolicesimo liberale) né tende verso di esso, anche se tutti due sono preoccupati dallo stesso problema: "Come essere cristiano del suo tempo e nel suo tempo?" 24 I cattolici liberali però avevano un atteggiamento conformista nei confronti della società, esigevano dalla chiesa la legittimazione della nuova società e da questa il riconoscimento dei diritti della religione, in uno spirito di accettazione reciproca. I fautori della DC invece erano per principio non-conformisti riguardo alla società. "I democratici cristiani, al contrario, accettarono la nuova società soltanto per conformarla al loro modello: purgarla dalla sua tara originale e portarla a uno stato superiore, amministrarle un trattamento di correzione e di educazione, rialzarla e sollevarla".25 Questo rivela il riformismo come una caratteristica della DC.

Un'altra caratteristica, secondo Poulat, è il popolarismo, incarnato nell'espressione diventata il ritornello di tutto il movimento "Andare al popolo". Quest'attenzione volta al popolo, però, è strutturata in modo molto specifico: "La démocratie chrétienne non è altro che l'alleanza, la congiunzione di due forze oppresse, la Chiesa e il popolo". La logica interna è chiara: Guardando l'unità medievale tra Chiesa e popolo, nella quale la Chiesa difendeva gli interessi del popolo e veniva riconosciuta da questo, la DC constata l'alienazione del popolo dalla Chiesa (o viceversa). Perché la Chiesa possa risolvere il problema esistente della riforma radicale della società moderna nel suo spirito, occorre che venga ripristinata l'antica alleanza tra popolo e Chiesa. Di avvicinamento o di riconciliazione con la società moderna non si parla neppure: "Così la Chiesa ritroverà se stessa come è stata sempre, senza dover cedere nulla ai suoi avversari: ecco quanto fu chiamato la sua posizione intransigente." 26

L'articolo di Emile Poulat segna un taglio nella storiografia della Démocratie Chrétienne, quando inserisce chiaramente la DC nella tradizione del cattolicesimo intransigente.

Da allora la storiografia ha fatto un passo avanti. Alla tesi della struttura intransigente della DC si è aggiunto un aspetto - secondo me ancora più interessante per noi, sebbene contestato nella discussione scientifica - già emerso nelle opere di Poulat, ma ulteriormente sviluppato da Jean-Louis Jadoulle nel suo libro sull'Abbé Pottier.

"La storiografia in effetti ha dimostrato quanto la Démocratie chrétienne non si lasci ridurre ad un programma di riforme sociali ed economiche, e neppure ad una concezione globale dell'uomo e della sua vita nella società. La Démocratie chrétienne è quindi anche portatrice di una visione tipica della fede e di un progetto più o meno cosciente ed esplicito di inserimento di questa fede e della Chiesa che ne è il vettore, nel mondo contemporaneo, segnato dalla questione sociale." 27

In parole più semplici: la ricerca storica secondo Jadoulle, ha rivelato sempre di più che la questione sociale per la DC alla fine del XIX secolo è prima di tutto una questione religiosa, perché i protagonisti di questo movimento intendono essere innanzitutto uomini religiosi. Per questo motivo, Jadoulle indirizza la sua ricerca sull'Abbé Pottier (che incontrò P. Dehon più volte) secondo la tesi seguente: "Economista senza dubbio, moralista certamente, teologo soprattutto, prete più ancora: questa sarà la nostra ipotesi di lavoro." 28

Per prevenire il sospetto che l'attenzione della Chiesa al popolo sia una pura riflessione strategica, egli osserva: "Al di là delle ragioni di opportunismo tattico, certamente all'opera, vi è una motivazione più profonda e in un certo senso più positiva. La recente storiografia la designa con il termine di integralismo… gli apostoli del cattolicesimo sociale proclamano i principi e sviluppano le conseguenze del cristianesimo integrale; essi non intendono cedere a Dio la sua parte, ma, al contrario, restituirgli il suo regno; nel suo nome, non presentano concessioni, ma esigenze…" 29

Probabilmente si dovrebbe utilizzare con più sfumature le categorie di 'cattolicesimo integrale' e 'integralismo', come non lo fanno Jadoulle ed anche Poulat. L'integralismo, apparso alla soglia del XX secolo nel contesto del confronto con la società, rimane una via contraria al Vangelo per combattere, denunciare e opprimere all'interno della Chiesa posizioni, persone e gruppi che sembrano minacciare il cattolicesimo. Lo mostra l'esempio di Umberto Benigni con la 'Sapinière'.

Da questo integralismo, però, occorre distinguere, al mio parere, il 'cattolicesimo integrale' che Jadoulle descrive nelle citazioni precedenti.

I passi fatti dalla storiografia dovrebbero essere interessanti per noi, in quanto prendono sempre di più in considerazione la motivazione religiosa dei cattolici sociali del XIX/XX secolo, per capire il loro impegno. Più precisamente si evidenza il rapporto tra visione integrale del cattolicesimo e sensibilità e attività nei confronti della società.

Applicando queste considerazioni a Dehon, mi sembra che molti risultati della ricerca fatta su di lui nella Congregazione saranno confermati e approfonditi, soprattutto questa unità vissuta, che oggi chiamiamo unità tra mistica e politica.

Inoltre, il nostro sguardo su Dehon, come 'cattolico integrale', farà risaltare ai nostri occhi in modo ancora più chiaro ed adeguato la dimensione, le possibilità e i limiti della sua così detta attività sociale (p.e. la sua competenza e rilevanza nel campo delle scienze sociali ed economiche).

Parlo in modo provocatorio della sua 'così detta' attività sociale, perché presentando Dehon come cattolico integrale ci permetterebbe probabilmente di affrontare in maniera più adeguata la questione: cosa significa per Dehon 'l'impegno sociale'?

"Sociale [nell'opera di Dehon] ha… una accezione molto ampia; è l'equivalente di tutto ciò che riguarda la società: potere sociale, cioè politico; morale sociale, cioè costumi, norme e fondamenti collettivi; regno sociale di Cristo; pericolo sociale, che è il contrario del precedente e a cui rimedia l'azione sociale della Chiesa. La 'questione sociale e politica' - chiamata semplicemente 'questione sociale' - è quella di una restaurazione globale… Così l'aggettivo 'sociale' è troppo generosamente usato insieme ad altre parole o insinuato in troppi passi degli scritti dehoniani per non complicare rapidamente il senso da dare all'espressione 'azione sociale di padre Dehon'. Appare presto che la posta decisiva non è là dove spesso la si vuole rinchiudere: nel miglioramento delle condizioni di vita delle classi popolari. Si trova invece in un progetto globale di società. La soluzione della questione operaia può legittimamente essere considerata, nel pensiero di Dehon, come conseguenza potenziale della realizzazione di questo progetto".30

La definizione senz'altro ampia del concetto sociale in Dehon - da distinguere accuratamente dalla nostra consueta comprensione attuale di questo termine - può essere capita più facilmente quando teniamo presente che la sua visione integrale del cattolicesimo lo porta molto presto a considerare tutta la società, come oggetto di interesse e di impegno.

Quindi Dehon era interessato e impegnato piuttosto nel sociale, o nella società, o nel politico?

Abbiamo sempre, di nuovo, bisogno di una distinzione più precisa tra le definizioni di allora e quelle di oggi (per esempio 'sociale'), e del ricorso alla ricerca storica sul cattolicesimo sociale, in vista di una migliore comprensione del Dehon, per sapere quale è il punto di riferimento della nostra fedeltà dinamica.

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1 Sarebbe comunque molto interessante analizzare la letteratura anteriore al 1989 per quanto riguarda Dehon. Ma ciò andrebbe ben oltre i limiti di quest'articolo.

2 Rerum Novarum en France. Le Père Dehon et l'engagement social de l'Église. Sous la direction de Yves Ledure, Éditions Universitaires, Paris 1991. Una traduzione italiana è stata pubblicata con il titolo: Leone Dehon e la Rerum Novarum. A cura di Yves Ledure, EDB, Bologna 1991. I diversi contributi, nei quali gli storici si confrontano esplicitamente con Dehon, nonostante i differenti livelli di qualità, costituiscono una pietra miliare nello studio dell'opera e del pensiero sociale di P. Dehon. Un commento sul colloquio è stato pubblicato in Dehoniana: A. Bourgeois scj, Il colloquio 'Dehon e la Rerum Novarum', Dehoniana 1992, pagg. 19-44 (Edizione italiana).

3 Andrea Riccardi. Rerum Novarum: il mito e l'avvenimento. In: Rerum Novarum. Écriture, Contenu et Réception d'une encyclique. Actes du colloque international organisé par l'École française de Rome et le Greco nr.2 du CNRS. Rome 18-20 avril 1991. Ecole Française de Rome 1997, pagg. 11-27.

4 Marco Agostini. Catéchèse de l'encyclique Rerum Novarum - pédagogie française d'un document fondateur. In. Rerum Novarum. Écriture, Contenu et Réception d'une encyclique, pagg. 319-329, qui p. 319.

5 Jean-Dominique Durand. L'Europe de la Démocratie Chrétienne. Édition Complexe, Bruxelles 1995, p. 45.

6 ibid. p. 67s.

7 Yves-Marie Hilaire. Rerum Novarum en France: Réception et audience dans les régions. In: Rerum Novarum. Écriture, Contenu et Réception, pagg. 503-514, qui p. 505.

8 ibid. p. 508.

9 Histoire du Christianisme. Tome XI: Libéralisme, Industrialisation, Expansion Européenne (1830-1914) sous la responsabilité de Jacques Gadille, Jean-Marie Mayeur. Desclée, Paris 1995, p. 517s.

10 Pierre Pierrard. Les Chrétiens et l'affaire Dreyfus, Les Éditions de l'Atelier, Paris 1998, p. 31.36; anche menzionato in: Paul Misner. Social Catholicism in Europe, New York 1991, pagg. 234-236.

11 Pierre Pierrard. Juifs et catholiques français. D'Édouard Drumont à Jacob Kaplan 1886-1994, Les Éditions du Cerf, Paris, seconda edizione aumentata 1997, p. 126s.

12 Jean-Marie Mayeur. Les 'abbés démocrates'. in: Cent ans de catholicisme social dans la région du Nord, Revue du Nord, N. 290-291, Lille 1991, p. 244.

13 Yves-Marie Hilaire. Les abbés six et Vanneufville et la revue La Démocratie Chrétienne (1894-1908). in: Cent ans de catholicisme social dans la région du Nord, op. cit., p. 254.

14 ibid. p. 255.

15 Paul Misner. Social Catholicism in Europe, New York 1991, pagg. 232-238.

16 Jean-Marie Burnod. Le mouvement social franciscain en France à la suite de Rerum Novarum (1893-1901), Les Éditions Franciscaines, Paris 1991. Si tratta di uno studio redatto nel 1974, ma pubblicato solo nel 1991, in occasione del giubileo della Rerum Novarum.

17 ibid. p. 47.

18 ibid.

19 ibid. p. 125.

20 ibid. p. 128s.

21 Pierre Perrard, Nicolas Pigasse. Ces croyants qui ont fait le siècle, Bayard Éditions, Paris 1999, p. 132.

22 Bisogna aggiungere che soprattutto Mayeur e Hilaire già in passato si sono impegnati nello studio di Dehon.

23 Émile Poulat. Pour une nouvelle compréhension de la Démocratie chrétienne. Revue d'Histoire Ecclésiastique, LXX 1975, pagg. 5-38.

24 ibid. p. 7.

25 ibid. p. 7.

26 ibid. p. 8.

27 Jean-Louis Jadoulle. La Pensée de l'Abbé Pottier, 1849-1923 - Contribution à L'Histoire de la Démocratie chrétienne en Belgique, Louvain-La-Neuve 1991. p. VI.

28 ibid. p. 101.

29 ibid. p. 58.

30 Yves Poncelet (ICP), Léon Dehon entre 1849 et 1891. Formation et action sociale sacerdotale dans la seconde moitié du XIXe siècle; in: RN en France… pagg. 35-63, qui p. 62.