Congo #3 |
Prot. N. 122/2000
Roma, 12.06.2000
Carissimi Confratelli,
La situazione nel RDC, andata peggiorando radicalmente nelle ultime settimane, ci costringe a dare, a tutta la Congregazione, informazioni il più possibile aggiornate e attendibili. Fino adesso abbiamo pubblicato il fax di p. Mattias Hansen (8 giungo 2000) e l’appello del direttivo generale "SOS dei missionari dehoniani". Adesso vi invio il terzo comunicato riguardante la situazione in RDC. Vi chiedo cordialmente di inviare i comunicati a tutte le comunità della vostra Provincia e di raccomandare la situazione del Congo alla preghiera di tutti i nostri confratelli.
Comunicato sul Congo n. 3/00
La situazione in RDC ha subito un ulteriore deterioramento nella ripresa delle azioni di guerra. Forze amate di Ruanda e di Uganda che occupano i territori del Nord-Est della RDC, hanno combattuto, o, secondo alcune testimonianze, hanno fatto finta di combattere, tra loro, provocando immensi danni alla popolazione civile, specialmente nella città di Kisangani. Durante la settimana scorsa migliaia di proiettili, di granate e di bombe sono finite nei quartieri affollati dalla gente. Anche gli osservatori militari della MONUC hanno potuto costatare che le traiettorie dei proiettili erano o troppo corte o troppo lunghe per arrivare al campo dell’avversario, ma raggiungevano in modo molto preciso i quartieri più popolari della città. Questo fa sospettare un’azione concordata delle truppe ruandesi e ugandesi contro la popolazione civile, con lo scopo di costringerla a fuggire dalla città.
Il teatro dei combattimenti più atroci si è visto nel quartiere di Tshopo, dove il numero dei morti e dei feriti è difficile da valutare. Presi tra due fuochi, gli abitanti di Tshopo si sono trovati in trappola. I pochi fortunati che sono riusciti a scappare raccontano che il numero delle vittime può raggiungere cifre molto alte. Si parla di centinaia di morti.
Ora si è giunti di nuovo al "cessate il fuoco"; ma negli ultimi mesi erano già stati proclamati almeno una quindicina di "cessate il fuoco", senza che alcuno di essi fosse rispettato.
Le condizioni di vita nella città sono precarie. Dopo che la centrale idroelettrica è stata colpita, manca l’elettricità, manca l’acqua. Senza contare che il cibo mancava già da qualche tempo. Mancano le medicine, gli ospedali funzionano all’aperto, senza mezzi di sterilizzazione, senza anestesia; si fanno gli interventi chirurgici ai fortunati che sono portati agli ospedali. Gli altri giacciono sotto le macerie senza speranza di essere aiutati.
La chiesa di Kisangani sta soffrendo come tutti gli altri. La cattedrale, colpita di nuovo, è in fiamme da diversi giorni. La Procura è stata sistematicamente bombardata a colpi di canone; l’Arcivescovado è seriamente danneggiato. Gli studenti del Seminario Maggiore della diocesi sono stati forzati dalle truppe ruandesi a lasciare il loro seminario e si sono spostati nello scolasticato SCJ, che adesso dà rifugio a circa 160 persone.
Le notizie che sono giunte fino a questo momento da Kisangani creano un’immagine infernale di questa città. Le case dei religiosi e delle religiose bombardate e saccheggiate sono molte. Danni molto gravi ha subito anche una nostra casa di formazione: la cappella della "Casa Mons. Wittebols" è completamente distrutta e la metà del propedeutico in rovina. La casa del Sacro Cuore (sede del provincialato) è stata colpita quattro volte. Distrutti i magazzini, la rimessa ed una macchina; la casa stessa, però, rimane in uno stato adatto a dare rifugio a un padre (Nicolas Hansen, scj), alla cuoca, al giardiniere del provincialato e a due padri domenicani, costretti a lasciare la loro casa dopo un saccheggio.
Il centro di riabilitazione per gli handicappati "SIMAMA", concernente la scuola speciale, la falegnameria, il reparto cucitura, il dispensario, sono stati devastati.
La chiesa di S. Giuseppe Artigiano a Tschopo e la canonica adiacente sono state colpite entrambe. I danni, secondo le notizie arrivateci oggi, non sono gravi, ma il tetto della casa è perforato e la chiesa ha subito l’esplosione di una granata.
La casa di S. Marta sulla riva sinistra del fiume, era stata colpita già la settimana scorsa. Il Collegio Maele è semidistrutto. A S. Gabriele si rifugiano gli abitanti delle zone vicine, cercando la protezione all’ombra della tomba di Mons. Grison. Fortunatamente la missione di S. Gabriele non ha subito danni, ma ci sono problemi con il cibo. 250 persone rifugiatesi a S. Gabriele e altre 200 rimanenti nella vicina casa delle Suore Canossiane, dove lavorano quattro suore italiane, sono senza cibo e senza medicamenti.
Non si conoscono, fino a questo momento, i particolari riguardanti i danni, ma è certo che la casa di formazione dei Padri Comboniani è stata colpita. Invece, nella casa delle Suore studentesse, provenienti dalle diverse parti del Congo, nelle vicinanze del provincialato SCJ, è avvenuto un saccheggio effettuato da persone in abiti militari, dopo di che tutte le suore sono scappate alla Casa Generalizia delle Suore della S. Famiglia. Diverse bombe hanno colpito la chiesa dei padri Gesuiti a Mangobo, altro quartiere vicino a Tshopo
La mancanza dei mezzi di comunicazione diventa ogni giorno più drammatica, specialmente nei casi di incertezza per la sorte delle persone rimanenti nelle zone isolate e duramente colpite.
Anche a Kinshasa l’atmosfera diventa sempre più pesante, quasi ogni giorno si sentono colpi d’arma da fuoco. Venerdì scorso, durante una manifestazione, gli studenti hanno aperto il fuoco contro la porta della sede dell’ONU, protestando contro la mancanza di una presa di posizione concreta di quest’organizzazione.
La situazione tragica della popolazione di Kisangani ha avuto il suo eco nella preghiera meridiana del papa di domenica scorsa, domenica di Pentecoste:
"In questi ultimi giorni &emdash; ha detto Giovanni Paolo
II dopo la recita del Regina Coeli, l’11 giugno 2000 &emdash; le
popolazioni della città di Kisangani, nella Repubblica Democratica
del Congo, sono state prese in ostaggio dalla violenza delle popolazioni
armate in lotta tra loro. Anche le istituzioni della Chiesa non sono state
risparmiate. Sono centinaia i morti e i feriti. Mi appello alla responsabilità
e alla sensibilità delle autorità politiche e militari e
prego Iddio di far risuonare in loro la voce della coscienza: l’Africa
e la Repubblica Democratica del Congo, in particolare, hanno bisogno di
riconciliazione e di pace".
P. Ryszard Mis, scj
Consigliere generale - Responsabile settore
Missioni Dehoniane
Congo #3 |
Département des Missions
Prot.N. 122/2000
Rome, le 12 juin 2000
Chers Confrères,
La situation dans la République démocratique du Congo s'est empirée ces dernières semaines et nous nous forçons à fournir à toute la Congrégation les nouvelles les plus récentes et véridiques possible. Jusq'ici nous avons publié le Fax du père Matthias Hansen (8 juin 2000) et l'appel de l'Administration générale "SOS des missionnaires dehoniens". Et voici que je vous envoie le troisième communiqué regardant la situation dans la Rép. Dém. du Congo. Je vous prie cordialement d'envoyer de tels communiqués à toutes les communautés de votre Province et de recommander la situation du Congo aux prières de tous vos confrères.
Communiqué sur le Congo no 3/00
La situation dans la République démocratique du Congo s'est aggravée ultérieurement avec la reprise des faits d'armes. Des forces armées du Rwanda et de l'Ouganda qui occupent les territoires du Nord-Est de la RDC, se sont battues, ou, d'après quelques témoignages, ont simulé de se battre provoquant des dégâts immenses à la population civile, spécialement dans la ville de Kisangani. Au cours de la semaine dernière des milliers de projectiles, d'obus et de bombes se sont abattus sur les quartiers densement peuplés. Les observateurs militaires de la MONUC ont eux aussi pu constater que les trajectoires des projectiles étaient trop courtes ou trop longues pour frapper le camps de l'adversaire, mais qu'ils allaient tomber tout juste au milieu des quartiers les plus peuplés de la ville. Ce qui fait suspecter qu'il s'agit d'une action concertée des troupes rwandaises et ougandaises contre la population civile à l'effet de les mettre en fuite de la ville.
Le théatre des combats les plus atroces on l'a vu dans le quartier de Tshopo, où le nombre des morts et des blessés est difficile à évaluer. Tenaillés entre deux feux, les habitants de Tshopo se sont trouvés dans une situation sans issue. Ceux qui - rares en nombre - ont eu la bonne fortune de se sauver raccontent che le nombre des victimes peut totaliser des chiffres élevés. On oarle de centaines de morts.
Actuellement on est arrivé de nouveau à un cessez-le-feu; mais ces derniers mois on a déjà proclamé au moins une quinzaine de cessez-le-feu sans qu'aucun n'en ait été respecté.
Les conditions de vie dans la ville sont précaires. Après que la centrale hydroélectrique a été atteinte, le courant manque, ainsi que l'eau. Sans compter que la nourriture a manqué depuis quelque temps déjà. Les médicaments font défaut, les hôpitaux fonctionnent en plein air, sans le nécessaire pour stériliser, sans anesthésie; ont pratique des opérations à ceux qui ont eu la fortune d'être portés aux hôpitaux. Les autres restent enterrés au-dessous des décombres sans espoir d'être secourus.
L'Eglise de Kisangani a sa part à la souffrance de tout le monde. La cathédrale, frappée une autre fois, est en flammes depuis plusieurs jours. La Procure a été bombardée systématiquement à coups de canon; l'Archevêché est endommagé sérieusement. Les étudiants du Séminaire majeure du diocèse ont été contraints par les troupes rwandaises à quitter leur séminaire et ont délogé au scolasticat SCJ qui abrite á présent près de 160 personnes.
Les nouvelles de Kisangani qui nous sont parvenues jusqu'ici dessinent une image infernale de la ville. Les maisons de religieux e de soeurs bombardées et mises au pillage sont nombreuses. L'une des nos maisons de formation a été endommagée gravement: la chepelle de la "Maison Mgr. Wittebols" a été détruite complètement et la moitié de la maison de propédeutique est en ruine. La Maison du Sacré-Coeur (siège du provincialat) a été frappée quatre fois. Il y a été détruit les magasins, le garage et une voiture; cependant la maison elle-même est toujours apte à offrir un réfuge à un père (Nicolas Hansen SCJ), à la cuisinière, au jardinier du provincialat et à deux pères Dominicains, qui s'étaient vus contraints à quitter leur maison prise au pillage.
Le centre de revalidation pour handicapés "Simama", pour ce qui est de l'école spéciale, la charpenterie, l'ouvroir, le dispensaire, a été complètement détruit.
L'Église de Saint-Joseph Artisan à Tshopo ainsi que le presbytère adjacent ont été atteint tous les deux. Les dégâts, d'après les nouvelles qui nous sont arrivées aujourd'hui même, ne sont pas graves, mais le toit de la maison a été troué et la maison a subi l'explosion d'un obus.
La maison de Sainte-Marthe sur la rive gauche du fleuve, avait été atteinte dès la semaine dernière. Le Collège Maele a été détruit à moitié. Les habitants des zones voisines se sont réfugiés à Saint-Gabriel, cherchant la protection à l'ombre du tombeau de Mgr. Grison. Heureusement la mission de Saint-Gabriel en est sortie indemne jusqu'ici mais par contre l'alimentation forme un gros probleme: 250 personnes qui se sont réfugiées à Saint-Gabriel et les 200 autres logées dans la maison voisine des Soeurs Canossiennes, où travaillent quatre soeurs italiennes, sont sans nourriture et sans médicaments.
Jusqu'ici on ne connais le détail des dommages, mais il est certain que la maison de formation des Pères Comboniens a été sinistrée, comme on a connaissance de ce que la maison des Soeurs étudiantes provenant de diverses règions du Congo, qui se trouve à proximité du provincialat SCJ, a été mise au pillage par des personnes habillés en militaires, après quoi toutes les Soeurs se sont échappées dans la Maison Générale des Soeurs de la Sainte Famille. Maintes bombes se sont abattues sur l'église des Pères Jésuites à Mangobo, un autre quartier adjacent à Tshopo.
L'absence de moyens de communication se fait de jour en jour plus dramatique, spécialement dans les cas d'incertitude quant au sort des personnes abandonnées sur place dans les zones isolées et fortement sinistrées.
De mme à Kisangani l'atmosphère devient toujours plus pesante, presque tous les jours on y sent les coups des armes à feu s'éclater. Vendredi dernier, au cours d'une démonstration, les étudiants ont ouvri le feu contre la porte de la siège de l'ONU, protestant contre le manque d'une prise de positition concrète de la part de cette organisation.
La situation tragique de la population de Kisangani a trouvé un écho dans la prière de midi du Pape de dimanche dernier, dimanche de la Pentecôte:
"Ces derniers jours" - a dit Jean-Paul II après avoir
récité le Regina Caeli, le onze juin 2000 -
"les populations
de la ville de Kisangani, dans la République Démocratique
du Congo, ont été prises en ôtage par la vilence des
populations armées qui se battent entre elles. Les institutions
de l'Église aussi n'ont pas été épargnées.
Il ya des centaines de morts et de blessés. Je m'appele à
la responsabilié et à la sensibilité des pouvoirs
publics politiques et militaires et je prie Dieu de faire résonner
en eux la voix de la conscience: l'Afrique, et la République Démocratique
du Congo en particulier, ont besoin de réconciliation et de paix".
p. Ryszard Mis, SCJ
responsable des Missions
Congo #3 |
Mission Report
Prot. N. 122/2000
Rome, 12.06.2000
Dear Confreres,
The situation in the Democratic Republic of Congo, which went radically worse in the last weeks, forces us to give, to the whole Congregation, the most updated and reliable information. Until now we have published the fax of Fr. Matthias Hansen (8 June 2000) and the appeal of the General Administration "SOS of the dehonian missionaries". Now I send you a third letter regarding the situation in RDC. I cordially ask to you to send the statements to all the communities of your Province and to commend the situation of Congo to the prayer of all of our brothers.
Communication on Congo n. 3/00
The situation in RDC has suffered a further deterioration in the resumption of war. The armed forces of Rwanda and Uganda that occupy the North Eastern territories of the DRC, have fought, or, according to some testimonies, have pretended to fight among themselves, provoking immense damages to the civilians, especially in the city of Kisangani. Last week thousands of bullets, of grenades and of bombs ended in the inhabited areas. Also the military observers of the MONUC ascertained that the trajectories of the bullets were too short or too long to reach the enemy camps, but they reached in a very precise way the most inhabited areas of the city. This caused some suspicions that the whole action was prearranged by the Rwandan and Ugandan troops against civilians with the purpose to force them to flee the city.
The most atrocious attacks were at Tshopo where the number of corpses and the wounded is difficult to evaluate. The inhabitants there found themselves trapped between the two firing military troops. The fortunate few that have succeeded to escape say that the number of victims can reach very high figures. They talk of hundreds dead people.
The cease-fire has again been renewed; but that was already signed in the last months about fifteen times without respecting it a single moment.
The conditions of life in the city are precarious. After the hydroelectric plant had been struck, there is neither electricity nor water, let alone the fact that there had been no food for quite a long time. There is also no medication to tread wounded people, the hospitals function in the open air, without any means of sterilization, or anesthesia. There are many people lying under the rubbles without hope for any kind of helped.
The church of Kisangani is suffering as all the others. The cathedral was again struck and has been in flames for days. The Procura has been systematically bombarded with canons; the Archbishops residence is seriously damaged. The students of the Major Seminar of the diocese were forced by the Rwandan troops to leave the seminary. They sought refuge at the SCJ scholasticate which now is a home of about 160 refugees.
The news that has come from Kisangani up until now create an infernal image of that city. Many religious houses had been bombarded and ransacked. The formation house of the properdeutics, Mons. Wittebols, has also suffered serious damages. Its chapel is completely destroyed and half the house is ruined. The Sacred Heart house, (the provincialate), has been struck four times. The stores are completely destroyed. The house, however, remains in a proper state to give shelter to father Nicolas Hansen SCJ, to the cook, to the gardener and two Dominican fathers, forced to leave their house after looting.
The rehabilitation center for the handicapped, "SIMAMA", the carpentry, the sewing department and the dispensary have been devastated.
The church of S. Joseph Artisan at Tschopo and the adjacent house have been both struck. The damages, according to the news we received today, are not serious, but the roof of the house is pierced and the church has suffered the explosion of a grenade.
The house of S. Martha on the left shore of the river had been struck already last week. The Maele College is semi destroyed. St. Gabriel is a home to refugees from the nearby villagers who look for protection at the grave of Mons. Grison. Fortunately the mission of S. Gabriel has not suffered damages, but there are problems with feeding about 250 people sheltered there, plus another 200 sheltered at the convent of Canosian sisters where 4 Italian sisters work, without food and medication.
At the moment we don't know how much damage the house of formation of the Comboni Fathers suffered, but it is certain that it has been struck. The house of student sisters who come from various places, which is situated nearby the provincialate, has been looted by the military clad people. All the sisters had gone to seek refuge at the nearby mother house of the Holy Family sisters. Different bombs struck the church of the Jesuit fathers at Mangobo and other areas next to Tshopo.
The lack of the means of communication becomes increasingly dramatic, especially in the cases of uncertainty for the fate of the remaining people in the badly hit and isolated zones.
In Kinshasa too the atmosphere becomes more and more heavy, almost everyday they hear the sound of firearms. Last Friday, during a demonstration, the students opened fire at the U.N. residence protesting against the lack of taking concrete measures by the organization.
The tragic situation of the population of Kisangani has received an echo in the prayer of the Pope on Pentecost Sunday.
"In these last days (said the Pope John Paul II after the recital
of the Regina Coeli on June 11th 2000), the population of the
city of Kisangani, in the Democratic Republic of Congo, has been taken
hostage by the violence of the armed forces fighting between themselves.
The Church institutions were also not saved. There are hundreds of dead
and wounded people. I appeal to the responsibility and the sensibility
of the political and military authorities and I beg God to reawaken and
sound the voice of conscience within them. Africa and the Democratic Republic
of Congo in particular, need reconciliation and peace."
Fr. Richard Mis, scj
Responsible for the missions
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Sección Misiones
Prot. N. 122/2000
Roma, 12.06.2000
Queridos Cohermanos,
La situación en la RDC, ha ido empeorando radicalmente en las últimas semanas, y esto nos obliga a dar, a toda la Congregación, informaciones lo más actualizadas y atendibles posible. Hasta ahora hemos publicado el fax del P. Mattias Hansen (8 de junio de 2000) y la apelación del directivo general "SOS de los misioneros dehonianos". Ahora os envío el tercer comunicado referido a la situación en la RDC. Os pido cordialmente que enviéis los comunicados a todas las comunidades de vuestra Provincia y de encomendar la situación del Congo a la oración de todos nuestros cohermanos.
Comunicado sobre el Congo n. 3/00
La situación en la RDC ha sufrido un posterior deterioramiento con la vuelta de las acciones de guerra. Fuerzas armadas de Ruanda y de Uganda que ocupan los territorios del Noreste de la RDC, han combatido, o, según algunos testimonios, han hecho simulación de combatir, entre ellos, provocando inmensos daños a la población civil, especialmente en la ciudad de Kisangani. Durante la semana pasada miles de proyectiles, de granadas y de bombas han acabado en los barrios repletos de gente. También los observadores militares de la MONUC han podido constatar que las trayectorias de los proyectiles eran o demasiado cortas o demasiado largos para que llegasen al campo enemigo, pero alcanzaban de modo muy preciso los barrios más populares de la ciudad. Esto hace sospechar una acción concordada de las tropas ruandesas y ugandesas contra la población civil, con el objetivo de obligarla a huir de la ciudad.
El teatro de los combates más atroces se han visto en el barrio de Tshopo, donde el número de muertos y de heridos es difícil de evaluar. Atrapados entre dos fuegos, los habitantes de Tshopo se han encontrado en una trampa. Los pocos afortunados que han logrado escapar cuentan que el número de víctimas puede alcanzar cifras muy altas. Se habla de centenares de muertos.
Ahora se ha alcanzado de nuevo el "alto el fuego"; pero en los últimos meses han sido ya proclamados al menos quince ceses del fuego, sin que alguno de ellos fuese respetado.
Las condiciones de vida en la ciudad son precarias. Después que la central hidroeléctrica fuese alcanzada, falta la electricidad, falta el agua. Sin contar que la comida faltaba ya desde hace algún tiempo. Faltan medicinas, los hospitales funcionan al aire libre, sin medios de esterilización, sin anestesia; se hacen las intervenciones quirúrgicas a los afortunados que son llevados a los hospitales. Los otros yacen bajo los escombros sin esperanza de ser ayudados.
La Iglesia de Kisangani está sufriendo como todos los otros. La catedral, golpeada de nuevo, está en llamas desde hacia varios días. La Procura ha sido sistemáticamente bombardeada a cañonazos; el Arzobispado está seriamente dañado. Los estudiantes del Seminario Mayor de la diócesis han sido forzados por las tropas ruandesas a dejar su seminario y se han trasladado al Escolasticado SCJ, que ahora da refugio a cerca de 160 personas.
Las noticias que han llegado hasta este momento de Kisangani crean una imagen infernal de esta ciudad. Las casas de los religiosos y de las religiosas bombardeadas y saqueadas son muchas. Daños muy graves ha sufrido también nuestra casa de formación: la capilla de la "Casa Mons. Wittebols" está completamente destruida y la mitad del propedéutico en ruina. La casa del Sagrado Corazón (sede del provincialato) ha sido golpeada cuatro veces. Destruidos los almacenes, el garaje y un coche; la casa misma, sin embargo, permanece en un estado adecuado para dar refugio a un padre (Nicolas Hansen, scj), a la cocinera, al jardinero del provincialato y a dos padres dominicos, obligados a dejar su casa tras un saqueo.
El centro de rehabilitación para los minusválidas "SIMAMA", incluida la escuela especial, la carpintería, la sección de costura, el dispensario, han sido devastados.
La iglesia de S. José Obrero en Tschopo y la rectoral adyacente han sido afectadas. Los daños, según las noticias llegadas hoy, no son graves, pero el techo de la casa está perforado y la iglesia ha sufrido la explosión de una granada.
La casa de S. Marta en la orilla izquierda del río, había sido atacada la semana pasada. El Colegio Maele está semidestruído. En S. Gabriel se refugian los habitantes de las zonas vecinas, buscando protección a la sombra de la tumba di Mons. Grison. Afortunadamente la misión de S.Gabriel no ha sufrido daños, pero hay problemas con la comida. 250 personas refugiadas en S. Gabriel y otras 200 permanecen en la cercana casa de las Hermanas Canosianas, donde trabajan cuatro hermanas italianas, están sin comida y sin medicamentos.
No se conocen, hasta este momento, los particulares referidos a los daños, pero es cierto que la casa de formación de los Padres Combonianos ha sido afectada. Sin embargo, en la casa de las Hermanas estudiantes, provenientes de diversas partes del Congo, en las cercanías del provincialato SCJ, ha ocurrido un saqueo efectuado por personas en traje militar, después de que todas las religiosas han escapado a la Casa General de las Hermanas de la S. Familia. Diferentes bombas han golpeado la iglesia de los padres Jesuitas en Mangobo, otro barrio cercano a Tshopo
La falta de medios de comunicación se convierte cada día más dramática, especialmente en los casos de incerteza por la suerte de las personas que han permanecido en las zonas aisladas y duramente afectadas.
También en Kinshasa la atmósfera se hace más pesada, casi todos los días se sienten ruidos de arma de fuego. El viernes pasado, durante una manifestación, los estudiantes han abierto fuego contra la puerta de la sede de la ONU, protestando ante la falta de una toma de posición concreta de esta organización.
La situación trágica de la población de Kisangani ha tenido eco en la oración de mediodía del papa del domingo pasado, domingo de Pentecostés:
"En estos últimos días - ha dicho Juan Pablo II
tras la recitación del Regina Coeli, el 11 de junio de 2000 - la
población de la ciudad de Kisangani, en la República Democrática
del Congo, ha sido presa de las hostilidades de la violencia de las poblaciones
armadas en lucha entre ellas. Tampoco las instituciones de la Iglesia han
sido respetadas. Son centenares los muertos y heridos. Apelo a la responsabilidad
y a la sensibilidad de las autoridades políticas y militares y pido
a Dios haga resonar en ellos la voz de la conciencia: África y la
República Democrática del Congo, en particular, tienen necesidad
de reconciliación y de paz".
P. Ryszard Mis, scj
Consejero general - Responsable del sector Misiones Dehonianas