VOCAZIONE APOSTOLICA SCJ
(PREPARANDO IL XXI° CAPITOLO GENERALE)

Roma, 14 marzo 2003
Prot. N. 130/2003

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Eccoci di nuovo tutti, spiritualmente, a La Capelle, nella casa di p. Dehon per celebrare i 160 anni della sua nascita. Da un po' di anni la data del 14 marzo è diventata per noi un motivo di incontro, come Famiglia Dehoniana, e un'occasione di pellegrinaggio spirituale alle origini della nostra vocazione. Difatti, la trama della nostra storia è congiunta alla persona di p. Dehon, e quindi anche alla sua storia e al luogo dove egli è nato. Al luogo dove ha cominciato a camminare nella fede e ha maturato e difeso la sua vocazione; dove, tornando da adulto, ha pensato e sognato la nostra Congregazione; dove ha partecipato il suo carisma anche ai sacerdoti secolari, alle consacrate e ai laici: fra i quali anche a sua madre.

Nella prospettiva del prossimo Capitolo Generale

È una giornata di riflessione e di preghiera per le "Vocazioni Dehoniane", che ricorre, questo anno, nel contesto del 125° anniversario della Fondazione della Congregazione e nell'imminenza del nostro XXI Capitolo Generale. Esso sarà un momento di grazia e di forte interpellanza sulla nostra maniera di vivere e di fare fruttificare il dono ricevuto; un momento di ripensamento e di proiezione della nostra vocazione dehoniana. Dovrà indurre la Congregazione a fare una verifica del cammino percorso in quest'ultimo sessennio per darle impulso verso il futuro. Dovrà confrontarci concretamente con la nostra missione nella Chiesa e nel mondo: con le sue modalità storiche e attuali ("la nostra specificità apostolica"), con la sua capacità di affrontare l'attuale cambiamento di epoca ("le sfide del futuro"), con il riferimento esplicito e rinnovato alla sua fonte ispirante ("la rifondazione della vita religiosa dehoniana").

Il Capitolo avrà, quindi, un compito serio e molto impegnativo. Vuole essere, tematicamente, la continuazione del Capitolo Generale del 1997: "Noi Congregazione al servizio della Missione". Nel 1997, noi abbiamo approfondito quasi esclusivamente la prima parte di questo motto ("NOI CONGREGAZIONE"), rispondendo alla sfida della "globalizzazione" con il principio teologico della comunione, con la spiritualità del "Sint Unum", e con scelte operative della "comunione delle persone, collaborazione nei progetti e la condivisione dei beni". Ora dovremmo fissare la nostra attenzione particolarmente sul "SERVIZIO DELLA MISSIONE".

In questa prospettiva del Capitolo, siamo tutti coinvolti per prendere ulteriormente coscienza della nostra identità apostolica. Già è avvenuto un vostro primo approccio, quando avete risposto, nelle comunità, al Questionario per il Capitolo Generale su "Dehoniani in missione: Cuore aperto e solidale". Ora, vogliamo darvi altri elementi di riflessione su "La specificità apostolica del nostro Istituto di fronte alle sfide del futuro che interpellano la Congregazione, con speciale attenzione alla sfida della rifondazione". Con la preghiera personale e con il contributo della vostra riflessione, ci auguriamo che il Capitolo raggiunga l'obiettivo di rinnovarci profondamente nei nostri campi e impegni apostolici al servizio del Regno.

Domandiamoci, quindi, con sincerità se la MISSIONE SCJ, nel nostro vissuto concreto oggi, nella Chiesa e nel mondo, è significativa o no. La ragione d'essere del nostro Istituto, come del resto per la Chiesa, è l'annuncio del Vangelo; fare presente Cristo e la causa del Regno nelle realtà del mondo, nel tessuto dei rapporti umani e negli eventi della storia. Come SCJ siamo chiamati a farlo da una prospettiva tutta speciale: da "profeti dell'amore e servitori della riconciliazione dell'umanità e del mondo in Cristo". Le nostre realizzazioni concrete rispondono a questo grande ideale?

La significatività della Missione SCJ deve essere percepibile, attraente e coinvolgente per l'uomo e la donna del nostro tempo. Se questa missione dicesse poco o nulla, se non evocasse l'amore di Dio, non convocasse a esperimentare un nuovo stile di vita e non provocasse alcun cambiamento nella società, significa che la Congregazione ha bisogno di un rinnovamento profondo. Può succedere che viviamo molto impegnati personalmente, ma che non sia sempre evidente la testimonianza comunitaria, o non siano né visibili né comprensibili le ragioni della nostra speranza.

Parlare di rinnovamento, quello che il Concilio Vaticano II ha chiesto a tutta la Chiesa e che deve coinvolgere particolarmente i religiosi, significa una nuova nascita, una rifondazione, una rivitalizzazione delle persone, delle comunità, delle opere e delle strutture. L'esperienza di governo di questi 12 anni ci dice che è possibile cambiare o adattare le strutture, e perfino ottenere una certa conversione delle persone, prese nella loro individualità, ma il nodo difficile da sciogliere si trova nella conversione reale delle comunità e delle opere.

La verifica, che impegnerà il Capitolo Generale, è un vero discernimento alla luce dello Spirito; va preparata attraverso la preghiera e la disponibilità al disegno di Dio. Non si tratta di un'analisi fine a se stessa, deve aprirci all'"oggi di Dio", alla novità della sua esigenza, alla proiezione verso il futuro, portando a compimento un lavoro di rinnovamento e di rifondazione, che costituisce un processo di conversione continua. Sarà un lavoro che ci occuperà su un triplice versante:

- il ritorno all'essenziale della vita cristiana, religiosa dehoniana,

- il confronto con le sfide della nostra epoca,

- la specificità e la riqualificazione del nostro servizio apostolico.

1. Ritorno all'essenziale della vita cristiana, religiosa dehoniana

Implica la riqualificazione della nostra vita dal punto di vista della fede, della sequela di Cristo come religiosi e della vocazione dehoniana. È il sinonimo di "rifondazione".

Questa parola "rifondazione" viene percepita ambiguamente in molti ambienti ecclesiali ed ecclesiastici. Il suo prefisso "ri" può portare confusione. Difatti, esso può significare sia "rimettere in questione qualcosa di esistente", come anche "riconfermare, riaffermare, rafforzare qualcosa".

Nel primo caso può significare che, in questo cambiamento di epoca, è mutato anche sensibilmente il contesto della nostra vita consacrata dehoniana, e allora si rende necessario creare nuovi paradigmi, in base ad una nuova visione teologica, antropologica, spirituale, istituzionale..., del nostro modo di essere e di procedere come religiosi dehoniani oggi. Qualcosa di tutto ciò è vero, senza rimettere in discussione il fondamento essenziale e insostituibile, che è Cristo e il suo Vangelo (cf. 1Cor 3,11), e senza negare il valore transculturale del proprio carisma.

Tuttavia, è nel secondo caso che parliamo di "ri-fondazione". Ci si muove nella linea della "fedeltà creativa" (VC 37), in conformità con i criteri di rinnovamento espressi dal Concilio in PC 2: la fedeltà dinamica a Cristo e al Vangelo, alla Chiesa e alla sua missione nel mondo, alla vita religiosa e al carisma del proprio istituto, all'uomo e al nostro tempo. "Rifondare" significa: "tornare seriamente alle fondamenta della vita consacrata e alla sua radice originaria ed essenziale" (C. Maccise). Si tratta di esperimentare Dio come l'unico Assoluto relativizzando il resto e tornando alla radicalità del Vangelo. Se vogliamo avere una storia da costruire, e non solo un passato da raccontare, bisogna ritornare all'essenziale.

La riaffermazione dell'essenzialità ci deve rimettere innanzitutto sulla strada della vocazione universale alla santità, della sequela fedele e fiduciosa di Cristo, attraverso i voti, e della riscoperta del progetto di vita secondo il Vangelo che sottostà al carisma dehoniano.

Riguardo a quest'ultimo aspetto, abbiamo una miniera da riscoprire. Ci siamo abituati a pensare che il p. Fondatore trovasse le fondamenta del nostro carisma solo nell'esperienza mistica di Santa Margherita Maria e di Santa Gertrude. Una lettura più attenta di p. Dehon ci dice il contrario, svelandoci il suo ricorso sistematico, e di gran lunga superiore, alla Parola di Dio e all'incontro con il Cristo incarnato del Vangelo e del mistero pasquale, che ci interpella attraverso gli eventi della storia.

Noi ci caratterizziamo per una prospettiva spirituale, quella del Fondatore, che costituisce una forma originale e comune di accostarci al mistero di Cristo e di associarci alla sua oblazione riparatrice al Padre, solidali con l'umanità. È una prospettiva che si radica profondamente nella Scrittura. P. Dehon ebbe l'intuizione di sintetizzarla sempre con parole chiavi della Bibbia, come "Ecce Venio", "Ecce Ancilla", "Sint Unum", "Adveniat Regnum Tuum", ecc...

2. Confronto con le sfide della nostra epoca

Il Capitolo non può esaurirsi solo in uno sguardo interiore sui valori fondanti. Il suo scopo è di proiettarci al di fuori di noi stessi e verso il futuro. Per questo motivo siamo chiamati a confrontarci con le molte sfide, che caratterizzano l'inizio del terzo millennio come un vero cambiamento di epoca.

Siamo invitati a percepire i segni dei tempi e cogliere, senza nostalgia, una stagione che tramonta. Anche se è stata gloriosa per la Congregazione, questa stagione ha compiuto il suo tempo. Bisogna aprirci, ora, con speranza e gioia all'aurora di nuovi tempi, cogliendo le sfide che essi pongono al credente, al religioso SCJ, alla Congregazione nel suo insieme, alla Famiglia Dehoniana e a tutta la Chiesa.

L'esempio di p. Dehon, che si è lasciato interpellare dai segni dei tempi; che è andato incontro al mondo con la solidità del Vangelo; che ha saputo lasciare vecchi schemi e ha dato risposte nuove e coraggiose alle nuove sfide, deve incoraggiare anche noi.

Ci devono aiutare la sua capacità di leggere la storia contemporanea e di essere sensibili ai mali che affliggono la nostra società individuandone le cause; prestando massima attenzione ai poveri e cercando di rimediare alle deficienze pastorali della Chiesa del nostro tempo.

Dobbiamo scorgere con gioia l'emergere di tanti valori positivi, mezzi e opportunità per costruire una società più solidale, più giusta ed equanime, più fraterna, in pace, senza esclusioni, rispettosa della vita e dei diritti delle persone, più comunicativa e impegnata nello sviluppo sostenibile per tutta l'umanità, promotrice dell'uguaglianza umana, della libertà e del riconoscimento della particolare dignità e ruolo della donna nella stessa società.

Bisogna partecipare in pieno nella missione evangelizzatrice della Chiesa, favorendo la comunione reale di tutti i suoi membri, la presenza attiva e responsabile dei laici, la complementarietà delle diverse vocazioni e ministeri, l'unità delle confessioni cristiane e il dialogo interreligioso e culturale.

Anche all'interno della Congregazione esistono delle sfide particolari, da identificare attraverso un'attento discernimento, sotto la guida dello Spirito, come già avvenuto tante volte in passato. Sentiamo, tra l'altro, come grazia di Dio, l'emergere della Famiglia Dehoniana e i rapporti di comunione, complementarità e reciprocità che avvengono tra le sue diverse componenti.

L'invito di p. Dehon ad "uscire dalle sagrestie" e ad "andare al popolo", ci invia ancora oggi nel mondo, alla gente, alle periferie. Ci immette nei conflitti della strada dove si gioca, in parte almeno, il futuro dell'umanità. Ci sta ricordando di essere disposti ad andare, dove altri troverebbero difficoltà perché sono delle realtà lontane, aride, poco gratificanti.

Quali saranno le "sfide del futuro" più attinenti al nostro impegno apostolico, che il Capitolo dovrebbe oggi mettere in evidenza? Ecco l'interrogativo, che attende una risposta dal prossimo Capitolo.

3. La specificità e la riqualificazione apostolica SCJ

Tocchiamo un tema determinante per il futuro della Congregazione che, per sua natura, è un Istituto di vita apostolica.

In un'epoca di recessione numerica e di mancanza di forze apostoliche, che colpisce attualmente la vita religiosa e molte Chiese locali, possiamo cedere a diverse tentazioni: all'attivismo (fare tutto); alla genericità (fare di tutto); alla perdita del giusto riferimento a uno stile religioso apostolico (si indossa il modello diocesano, pensando che sia l'unico valido o possibile).

Tali tentazioni sono molto presenti in Congregazione, favorite da una disponibilità innata al lavoro. Gioca anche la sua carta il nostro buon inserimento nelle Chiese locali, accettando di buon grado gli impegni che ci offrono. Tanto più ancora che siamo soliti giustificarci, dicendo di non essere stati fondati per una pastorale specifica, ma di renderci disponibili a tutte le richieste del territorio.

È vero che le nostre Costituzioni dicono che non siamo stati fondati per un'opera determinata; ma non dimentichiamo che abbiamo ricevuto, dal nostro Fondatore, alcuni orientamenti apostolici che caratterizzano la missione del nostro Istituto nella Chiesa (cf. Cst 30). Essi disegnano quattro grandi ambiti, che possiamo ritenere come specifici e identificativi della nostra missione apostolica: l'ambito della spiritualità, l'impegno missionario "ad gentes", la presenza nel sociale, il servizio della cultura (cf. Cst 31).

Non possiamo pensare alla nostra specificità apostolica senza confrontarci con questi ambiti, e trarne quindi le dovute conclusioni, se vogliamo avere come Congregazione un volto più definito, e quindi essere anche più significativi nella Chiesa e nel mondo. È attraverso questi ambiti, che dobbiamo rendere visibile il nostro carisma e incarnare la spiritualità.

La Missio ad Gentes è molto sentita in tutta la Congregazione, ed ha caratterizzato intere province fin dal tempo di p. Dehon.

Cresce la coscienza che l'impegno sociale è una dimensione del nostro carisma. Lo è stato fortemente per il p. Dehon, tanto che a volte è ancora la sua fama a farci riconoscere in tale ambito, presso la gerarchia ecclesiastica. Favoriscono anche tale immagine come dehoniani, alcune nostre opere socialmente significative o la testimonianza (sovente individuale) di qualche confratello molto impegnato.

Il servizio della cultura (formazione dei sacerdoti, religiosi e laici; presenza attraverso i mezzi di comunicazione sociale: stampa - TV - radio - produzione di videocassette - cinema - internet; insegnamento nelle università e pastorale universitaria; presenza e partecipazione nel dibattito culturale e dove si crea opinione; impegno nell'educazione scolare e informale; fondazione e gestione di collegi, facoltà e istituti superiori, ecc...), costituisce un altro ambiente in crescita. Ha dato un nome e un volto ben definito a qualche provincia, e sta dando significato sociale anche ad altre, che da poco tempo hanno scelto questo campo apostolico.

È invece poco significativo l'apporto della Congregazione nell'ambito della spiritualità specifica del S. Cuore, dell'Eucaristia, e di altri aspetti spirituali a noi caratteristici. Mi riferisco a una presenza ecclesiale forte come corpo congregazionale, e non come singoli individui, che svolgono dei ministeri particolari, spesso con una chiara impronta dehoniana.

Uno studio attento di alcune province, con più storia alle spalle ci fa apprezzare la loro fecondità, creatività e audacia apostolica nel portare avanti degli apostolati specifici. In alcuni casi si può fare anche un chiaro rapporto tra apostolato specifico e spiritualità SCJ.

Dobbiamo riconoscere che, tra i valori che si stanno recuperando in Congregazione, è proprio il richiamo alla specificità apostolica SCJ, legato alla spiritualità propria, che è capace di incarnarsi in queste attività e opere particolari, e che da un tono caratteristico (di disponibilità, accoglienza, misericordia, compassione, annuncio dell'amore di Dio, servizio della riconciliazione, ecc...) al resto della pastorale svolta da molti SCJ. Si sente inoltre il bisogno di riqualificarci nella specificità apostolica dehoniana.

Spetta al Capitolo, secondo la mozione dello Spirito, dare un maggiore impulso alla Congregazione perché prosegua su questa strada.

Celebrazione a La Capelle

La preparazione del Capitolo Generale coincide con il 160° anniversario della nascita di p. Dehon e con l'inaugurazione della ristrutturazione della sua casa natale, a servizio della Congregazione. L'opera materiale della ristrutturazione diventi segno di rivitalizzazione delle nostre comunità.

Questo 14 marzo La Capelle è visitata dai nostri confratelli della EF e anche di Province vicine, per l'inaugurazione. È stata ristrutturata la parte storica, dove p. Dehon è nato e dove sempre ha abitato nei suoi soggiorni nel paese natale.

Tale lavoro si è realizzato col contributo di alcune Province e della Curia Generale. Si è cercato di rispettare al massimo la sua realtà architettonica e storica. Si è costruita nella parte centrale una bella cappella. La stanza di studio di p. Dehon è diventata un piccolo museo e luogo per meditare e attingere nella preghiera la forza delle origini.

Forse, in un futuro non lontano, si potrà ristrutturare anche la seconda parte. Speriamo soprattutto che questo luogo, a noi tutti caro, raggiunga il suo scopo di sede per una comunità religiosa SCJ, che accoglie i pellegrini dehoniani che vengono per formazione permanente, ritiri o corsi di approfondimento nel carisma; e che testimoni sul territorio una presenza pastorale viva della Congregazione.

Come tutti gli anni, il 14 marzo, oltre a farci pregare per le Vocazioni Dehoniane, è la giornata per la colletta di sostegno economico alla Comunità di La Capelle. Quest'anno si aggiunge anche il bisogno di arredare gli ambienti della Casa. Che la generosità condivisa da tutta la Famiglia Dehoniana sia segno della Provvidenza per questa comunità. Grazie di cuore a nome loro.

Camminando fiduciosi verso il Capitolo Generale, salutiamo e benediciamo tutta la Famiglia Dehoniana.

P. Virginio D. Bressanelli, scj
Superiore generale
e Consiglio generale


LAVOCACIÓN APOSTÓLICA SCJ
(PREPARANDO EL XXI° CAPÍTULO GENERAL)

Roma, 14 de marzo de 2003
Prot. N. 130/ 2003

Queridos Cohermanos:

Nos encontramos de nuevo todos reunidos en La Capelle, en la casa del P. Dehon, para celebrar los 160 años de su nacimiento. Desde hace algunos años la fecha del 14 de marzo se ha convertido para nosotros en un motivo de encuentro como Familia Dehoniana y ocasión de peregrinación espiritual a las fuentes de nuestra vocación. De hecho la trama de nuestra historia está unida a la persona del P. Dehon y por tanto a su historia y al lugar donde nació. Al lugar en el que comenzó a caminar en la fe y donde ha madurado y defendido su vocación; donde, volviendo de mayor, ha pensado y soñado nuestra Congregación; donde ha hecho partícipes de su carisma a los sacerdotes seculares, a las consagradas y a los laicos: entre ellos a su misma madre.

En la perspectiva del próximo Capítulo General

Es una jornada de reflexión y de oración por las "Vocaciones Dehonianas" que, coincide este año, con el 125º aniversario de la Fundación de la Congregación y la inminente celebración de nuestro XXI° Capítulo General. Este será un momento de gracia y de fuerte interpelación sobre nuestra manera de vivir y de hacer fructificar el don recibido; un momento de reflexión y de proyección de nuestra vocación dehoniana. Deberá estimular a la Congregación a verificar el camino recorrido en este último sexenio para recibir un nuevo impulso hacia el futuro. Tendrá que confrontarnos concretamente con nuestra misión en la Iglesia y el mundo; con sus modalidades históricas y actuales ("nuestra especificidad apostólica"), con su capacidad de afrontar el actual cambio de época ("los desafíos del futuro"), con la referencia explícita y renovada a su fuente inspirante("la refundación de la vida religiosa dehoniana").

El Capítulo, por tanto, tendrá una tarea seria y comprometida. Temáticamente quiere ser la continuación del Capítulo General de 1997: "Nosotros Congregación al servicio de la misión". En 1997, hemos profundizado casi exclusivamente en la primera parte de este lema ("NOSOTROS CONGREGACION"), respondiendo a los desafíos de la "globalización" con el principio teológico de la comunión, con la espiritualidad del "Sint unum", y con la opción operativa de la "comunión de las personas, la colaboración en los proyectos y la condivisión de bienes". Ahora tendremos que fijar nuestra atención particularmente al "SERVICIO DE LA MISIÓN".

En esta perspectiva del Capítulo nos encontramos todos empeñados en tomar ulteriormente conciencia de nuestra identidad apostólica. Habéis ya realizado una primera aproximación al tema cuando habéis respondido, en comunidad, al Cuestionario para el Capítulo General acerca de "Dehonianos en misión: Corazón abierto y solidario". Ahora queremos daros otros elementos de reflexión sobre "La especificidad apostólica de nuestro Instituto de frente a los desafíos de futuro que interpelan a la Congregación, con especial atención a los desafíos de la refundación". Con la oración personal y con el aporte de nuestra reflexión, esperamos que el Capítulo General alcance su objetivo de renovar profundamente nuestro Instituto en los ámbitos y compromisos apostólicos que lo empeñan al servicio del Reino.

Preguntémonos, por tanto, con sinceridad si la MISIÓN SCJ, tal como la vivimos y practicamos hoy, es significativa o no para la Iglesia y para el mundo. La razón de ser de nuestro Instituto, como también para la misma Iglesia, es el anuncio del Evangelio; hacer presente a Cristo y la causa del Reino en las realidades del mundo, en el tejido de las relaciones humanas y en los acontecimientos de la historia. Como SCJ estamos llamados a hacerlo desde una perspectiva muy especial: como "profetas del amor y servidores de la reconciliación de la humanidad y del mundo en Cristo".¿Nuestras realizaciones concretas responden a este gran ideal?

La significatividad de la Misión SCJ debe ser perceptible, atrayente y persuasiva para el hombre y la mujer de nuestro tiempo. Si esta misión dice poco o nada, si no evocara el amor de Dios y no convocase a experimentar un nuevo estilo de vida y ni provocara algún cambio en la sociedad, quiere decir que la Congregación tiene necesidad de una renovación bien profunda. Puede suceder que vivamos muy comprometidos personalmente, pero que no sea tan evidente nuestro testimonio comunitario, o que no sean ni visibles ni comprensibles las razones de nuestra esperanza.

Hablar de renovación, lo que el Concilio ha pedido a toda la Iglesia y que debe implicar particularmente a los religiosos, significa un nuevo nacimiento, una refundación, una revitalización de las personas, de las comunidades, de las obras y de las estructuras. La experiencia de gobierno de estos doce años nos dice que es posible cambiar o adaptar las estructuras, y hasta lograr una cierta conversión de las personas, tomadas en su singularidad, pero el nudo difícil de desatar se encuentra en la conversión real de las comunidades y de las obras.

La verificación que deberá hacer el Capítulo, es un verdadero discernimiento bajo la luz del Espíritu; debe ser preparada por medio de la oración y la disponibilidad al proyecto de Dios. En sí, no ha de agotarse en un mero análisis, debe abrirse al "hoy de Dios", a la novedad de su exigencia, a la proyección hacia el futuro, llevando a término un trabajo de renovación y refundación, que constituya un proceso de conversión continua. Será un trabajo que nos ocupará en tres direcciones:

- el retorno a lo esencial de la vida cristiana, religiosa dehoniana,

- la confrontación con los desafíos de nuestra época,

- la especificidad y recalificación de nuestro servicio apostólico.

1. Retorno a lo esencia de la vida cristiana, religiosa dehoniana

Implica la recalificación de nuestra vida desde el punto de vista de la fe, del seguimiento de Cristo como religiosos y de la vocación dehoniana. Es el sinónimo de "refundación".

Esta palabra "re-fundación" se percibe de un modo ambiguo en muchos ambientes eclesiales y eclesiásticos. El prefijo "re" puede llevar a confusión. De hecho, puede significar o "cuestionar cualquier cosa existente", o también "re-confirmar, re-afirmar, re-forzar cualquier cosa".

En el primer caso puede significar que, en este cambio de época, ha cambiado también sensiblemente el contexto de nuestra vida consagrada dehoniana, y entonces se hace necesario el crear nuevos paradigmas, en base a una nueva visión teológica, antropológica, espiritual, institucional... de nuestro modo de ser y de proceder como religiosos dehonianos hoy. Algunas cosas de todo esto responden a la verdad, sin poner en discusión el fundamento esencial e insustituible que es Cristo y su Evangelio (cf. 1 Cor 3, 11), y sin negar el valor transcultural del propio carisma.

Sin embargo, es sobre todo en el segundo caso que hablamos de "re-fundación". Nos movemos en la línea de la "fidelidad creativa" (VC 37), en conformidad con los criterios de renovación indicados por el Concilio en PC 2 : la fidelidad dinámica a Cristo y al Evangelio, a la Iglesia y a su misión en el mundo, a la vida religiosa y al carisma del propio Instituto, al hombre y a nuestro tiempo. "Re-fundar" significa: "volver seriamente a los fundamentos de la vida consagrada y a su raíz originaria y esencial" (C. Maccisse). Se trata de experimentar a Dios como el único Absoluto relativizando el resto y volviendo a la radicalidad del Evangelio. Si queremos tener una historia que construir, y no sólo un pasado que contar, es necesario volver a lo esencial.

La reafirmación de la esencialidad nos debe volver a poner en el camino de la vocación universal a la santidad, en el seguimiento fiel y confiado de Cristo por medio de los votos, y en el redescubrimiento del proyecto de vida según el Evangelio que está por debajo del carisma dehoniano.

Respecto a este último aspecto, tenemos toda una mina que descubrir. Nos hemos habituado a pensar que el P. Fundador encontrara los fundamentos de nuestro carisma sólo en la experiencia mística de Santa Margarita María y Santa Gertrudis. Una lectura más atenta del P. Dehon nos dice lo contrario, desvelándonos el recurso sistemático y con mucho superior, a la Palabra de Dios y al encuentro con Cristo encarnado del Evangelio y del misterio pascual, que nos interpela a través de los acontecimientos de la historia.

Nosotros nos caracterizamos por una perspectiva espiritual, la del Fundador, que constituye una forma original y común de acercarse al misterio de Cristo y de asociarnos a su oblación reparadora al Padre, solidarios con la humanidad. Es una perspectiva enraizada profundamente en la Escritura. El P. Dehon tuvo la intuición de sintetizarla siempre con palabras clave de la Biblia, como "Ecce Venio", "Ecce Ancilla", "Sint Unum", "Adveniat Regnum Tuum", etc...

2. Confrontación con los desafíos de nuestra época

El Capítulo no puede agotarse sólo con una mirada interior a los valores fundantes. Su finalidad es la de proyectarnos fuera de nosotros mismos y hacia el futuro. Por este motivo estamos llamados a confrontarnos con los muchos desafíos que caracterizan el comienzo del tercer milenio, como un verdadero cambio de época.

Se nos invita a percibir los signos de los tiempos y asumir, sin nostalgia, una estación que esta yéndose. Aunque ha sido gloriosa para la Congregación, esta estación ha cumplido su tiempo. Es necesario abrirnos ahora, con esperanza y alegría a la aurora de los nuevos tiempos, recogiendo los desafíos que esta nueva época lanza al creyente, al religioso SCJ, a la Congregación en su conjunto, a la Familia Dehoniana y a toda la Iglesia.

El ejemplo del P. Dehon que se dejó interpelar por los signos de los tiempos; que fue al encuentro del mundo con la solidez del Evangelio; que supo abandonar viejos esquemas y que ha dado respuestas nuevas y valientes a los nuevos desafíos, debe hoy animarnos también a nosotros.

Nos debe ayudar su capacidad de saber leer la historia contemporánea para que, como él, seamos sensibles a los males que afligen nuestra sociedad individuando las causas, prestando máxima atención a los pobres e intentando poner remedio a las deficiencias pastorales de la Iglesia de nuestro tiempo.

Debemos vislumbrar con alegría la aparición de tantos valores positivos, medios y oportunidades para construir una sociedad más solidaria, más justa y ecuánime, más fraterna, en paz, sin exclusiones, respetuosa de la vida y de los derechos de las personas, más comunicativa y comprometida en el desarrollo sostenible para toda la humanidad, promotora de la igualdad humana, de la libertad y del reconocimiento de la particular dignidad y papel de la mujer en la misma sociedad.

Es necesario participar en pleno en la misión evangelizadora de la Iglesia, favoreciendo la comunión de todos sus miembros, la presencia activa y responsable de los laicos, la complementariedad de las diversas vocaciones y ministerios, la unidad de las confesiones cristianas y el diálogo interreligioso y cultural.

Al interno, también, de la Congregación existen desafíos particulares, a identificar a través de un atento discernimiento, bajo la guía del Espíritu, como tantas veces ha ocurrido en el pasado. Nos damos cuenta, entre otras cosas, como gracia de Dios, del surgir de la Familia Dehoniana y las relaciones de comunión, complementariedad y reciprocidad que se dan entre sus diversos componentes.

La invitación del P. Dehon "a salir de las sacristías" e "ir al pueblo", nos envía también hoy al mundo, a la gente, a las periferias. Nos mete en los conflictos de la calle en los que se juega, en parte al menos, el futuro de la humanidad. Nos está recordando que debemos estar dispuestos a ir, allí donde otros encontrarían dificultad porque son realidades lejanas, áridas y poco gratificantes.

¿Cuáles serán los "desafíos de futuro", más en consonancia con nuestro compromiso apostólico, que el Capítulo debiera poner hoy en evidencia? Este es el interrogante, que espera una respuesta del Capítulo.

3. La especificidad y la recalificación apostólica

Tocamos un tema determinante para el futuro de la Congregación que, por su naturaleza, es un Instituto di vida apostólica.

En una época de recesión numérica y de falta de fuerzas apostólicas, que sacude actualmente a la vida religiosa y a muchas Iglesias locales, podemos ceder a diversas tentaciones: al activismo (hacer todo); a la genericidad (hacer de todo); a la pérdida de la referencia justa a un estilo religioso apostólico (se viste el modelo diocesano, pensando que sea el único válido o posible).

Tales tentaciones están muy presentes en la Congregación, favorecidas por una disponibilidad innata al trabajo. Juega también su papel nuestra buena inserción en las Iglesias locales, aceptando de buen grado los compromisos que se nos ofrecen. Tanto más cuanto que nos solemos habitualmente justificar, diciendo que no hemos sido fundados para una pastoral específica sino a estar disponibles para todas las peticiones del territorio.

Es verdad que nuestras Constituciones dicen que no hemos sido fundados para una obra determinada; pero no podemos olvidar que hemos recibido de nuestro Fundador algunas orientaciones apostólicas que caracterizan la misión de nuestro Instituto en la Iglesia (cf. Cst 30).

Ellas trazan cuatro grandes ámbitos, que podemos retener como específicos e identificativos de nuestra misión apostólica: el ámbito de la espiritualidad, el compromiso misionero "ad gentes", la presencia en lo social, el servicio de la cultura (cf. Cst 31).

No podemos pensar en nuestra especificidad apostólica sin confrontarnos con estos ámbitos, y sacar las debidas conclusiones, si queremos tener una Congregación con un rostro más definido, y ser por tanto más significativos en la Iglesia y en el mundo. A través de estos ámbitos es como debemos hacer visible nuestro carisma y encarnar nuestra espiritualidad.

La Missio ad Gentes es muy sentida en toda la Congregación, y ha caracterizado a provincias enteras desde los tiempos del P. Dehon.

Aumenta la conciencia de que el compromiso social es una dimensión de nuestro carisma. Lo ha sido fuertemente para el P. Dehon, tanto que a veces es su fama a hacernos reconocer en este ámbito por la jerarquía eclesiástica. También favorecen esta imagen como dehonianos, algunas de nuestras obras socialmente significativas y el testimonio (a veces individual) de alguno de nuestros cohermanos muy comprometido.

El servicio de la cultura (formación de sacerdotes, religiosos y laicos; la presencia a través de los medios de comunicación social: prensa &endash; TV &endash; radio &endash; producción de videocasetes &endash; cinema &endash; internet; enseñanza en la universidad y pastoral universitaria; presencia y participación en el debate cultural y allí donde se crea opinión; compromiso en la educación escolar e informal; fundación y gestión de colegios, facultades e institutos superiores, etc.), constituye otro ámbito en crecimiento. Ha dado un nombre y un rostro bien definido a alguna provincia, y está dando significado social también a otras, que desde hace poco tiempo han elegido este campo apostólico.

En cambio, es poco significativa la aportación de la Congregación en el ámbito de la espiritualidad específica del Sagrado Corazón, de la Eucaristía y de otros aspectos espirituales característicos nuestros. Nos referimos a una presencia eclesial, fuerte como cuerpo congregacional, y no como individuos particulares, que desarrollan ministerios personales, frecuentemente con un definido matiz dehoniano.

Un estudio atento de algunas provincias, con más historia a las espaldas, nos lleva a apreciar su fecundidad creativa y audacia apostólica en el llevar adelante apostolados específicos. En algunos casos se puede hacer una clara relación entre apostolado específico y espiritualidad SCJ.

Debemos reconocer que, entre los valores que se están recuperando en la Congregación, está propiamente la llamada a la especificidad apostólica SCJ, unida a la espiritualidad propia, que es capaz de encarnarse en estas actividades y obras particulares y que da un tono característico (de disponibilidad, acogida, misericordia, compasión, anuncio del amor de Dios, servicio de la reconciliación, etc...) al resto de la pastoral llevada a cabo por muchos SCJ. Se percibe además la urgencia de recalificarnos en la especificidad apostólica dehoniana.

Compete al Capítulo, según la moción del Espíritu, dar un mayor impulso a la Congregación para que siga por este camino.

Celebración en La Capelle

La preparación del Capítulo coincide con el 160º aniversario del nacimiento del P. Dehon y con la inauguración de la reestructuración de su casa natal, al servicio de la Congregación. Que la obra material de la reestructuración se convierta en signo de revitalización de nuestras comunidades.

Este 14 de marzo La Capelle la visitan nuestros cohermanos de la EF y también de provincias vecinas, para la inauguración. Está reestructurada la parte histórica, donde nació el P. Dehon y donde siempre habitó cuando pasaba algún tiempo en su pueblo natal.

Estos trabajos se han realizado con la aportación de algunas Provincias y de la Curia General. Se ha intentado respetar al máximo su realidad arquitectónica e histórica. En la parte central se ha construido una hermosa capilla. La habitación de estudio del P. Dehon se ha convertido en un pequeño museo y lugar para meditar y alcanzar en la oración la fuerza de los orígenes.

Quizás en un futuro no lejano se pueda reestructurar también la segunda parte. Esperamos que este lugar, para todos muy querido, logre su finalidad de sede para una comunidad religiosa SCJ, que acoja a los peregrinos dehonianos para la formación permanente, retiros o cursos de profundización en el carisma; y que testimonie en el territorio una presencia de pastoral viva de la Congregación.

Como todos los años, el 14 de marzo, además de hacernos rezar por las Vocaciones Dehonianas, es día para promover la colecta de apoyo económico a la Comunidad de La Capelle. Este año se añade también la necesidad de amueblar los ambientes de la casa. Que la generosidad compartida por toda la Familia Dehoniana sea un signo de la Providencia para esta comunidad. Un gracias de corazón en su nombre.

Caminando confiados hacia el Capítulo General, saludamos y bendecimos a toda la Familia Dehoniana.

P. Virginio Bressanelli scj
Superior general y Consejo general


SCJ APOSTOLIC VOCATION
(Preparing for the XXI
st General Chapter)

Prot. N. 130/2003 Rome,
14 March, 2003

Dear Fellow Brothers:

Here we are again together in spirit at La Capelle, in the house of Father Dehon, to celebrate the 160th anniversary of his birth. For a number of years, the March 14th date has become for us a motive for getting together as the Dehonian Family and an opportunity for a spiritual pilgrimage to the place where our vocation has its roots. In actual fact, the strands of our history converge on the person of Father Dehon and, therefore, to his history and to the place where he was born. This is the place where he began to walk in faith and matured and safeguarded his vocation; this is the place where, returning as an adult, he thought about and dreamt about our Congregation; this is the place where he shared his charisma with secular priests, consecrated religious and laity, among whom were his own mother.

Looking Toward the Coming General Chapter

Today is the day of prayerful reflection on the "Dehonian Vocation", a date which takes place within the 125th anniversary year of the founding of the Congregation and close on our 21st General Chapter. The Chapter shall be a moment of grace and of serious inquiry into our manner of living and on how to make the gifts we have received fruitful; a moment for re-thinking and planning for our Dehonian vocation. It shall have to lead the Congregation to examine the road we have walked these past six years to empower new momentum toward the future. It shall have to make us look realistically at our mission in the Church and in the world with all its past and current ways of operating ("our specific apostolates"), with its capacity to make us face the changes of our era ("challenges of the future"), with explicit and renewed reference to its inspirational sources ("the re-foundation of Dehonian religious life").

The Chapter will have, therefore, a demanding and sober task. Thematically, it ought to be a continuation of the General Chapter of 1997: "We the Congregation: in Service to the Mission." In 1997, almost exclusively we studied in depth the first part of our motto (WE THE CONGREGATION), thus responding to the challenges of "Globalization" with the theological principle of communion, with the spirituality of "Sint Unum", and with the operative choices of "communion of persons, collaboration in plans and sharing of goods". Now we have to fix our attention in a special way on "SERVICE TO THE MISSION".

In looking toward the Chapter, all of us are involved in taking another look at our apostolic identity. The first step that took place was yours when you responded as community to the questionnaire from the General Chapter on "Dehonians in Mission: An Open and Unified Heart". Now we need to present you with other elements for reflection on "The apostolic specificity of our institute as faces the challenges of the future that call out to the Congregation, with special attention to the challenge of re-foundation." With personal prayer and with contributions from your reflections, we hope that the Chapter will achieve its objective of profound renewal in our apostolic activities and commitments in service of the Kingdom.

Therefore, we are asking ourselves with all sincerity whether the SCJ MISSION, as it is lived concretely today in the Church and in the world, is meaningful or not. Our institute's raison d'être, and the entire Church's too, is to proclaim the Gospel; to make Christ and the cause of His Kingdom a present reality in the world as part of human relationships and the events of history. As SCJs, we are called to do this through a particular and special perspective: "To be prophets of love and servants of reconciliation of humanity and of the world in Christ". Do our concrete situations respond to this great ideal?

What is meaningful about the SCJ Mission ought to be perceptible, attractive, and capable of involving men and women of our times as collaborators. If this mission means little or nothing, if it does not evoke the love of God, if it doesn't ask us to take on a new style of living, if it does not provoke changes in society, then it means that the Congregation needs a profound renewal. It may well be that we personally live out our duties and responsibilities, but perhaps our communitarian witness is not always evident, and the reasons for our hopes are neither discernable nor understandable.

To speak of renewal, the kind Vatican Council II sought from the entire Church and intended to involve all religious in a particular way, means a new birth, a re-foundation, a re-vitalization of persons, communities, works and structures. The experience of the last 12 years of our government tells us that it is possible to change or to adapt structures or even to obtain a certain conversion of hearts of people taken as individuals, but the most difficult problem to resolve is found in making real changes in communities and in their works.

The examination which will be the task of the General Chapter is a true discernment in light of the Spirit; it needs to be prepared for in prayer and availability to God's plan. This is not a matter of an analysis for its own sake; it ought to open us all up to "this day of God", to a newer understanding of its demands, to plans for the future, carrying out the work of renewal and re-foundation to the fullest degree, all of which constitute a process of continual conversion. This will be a task that will occupy us in a threefold manner:

- a return to the essentials of Christian life and Dehonian religious life,

- confronting the challenges of our time,

- specificity and the re-establishment of our apostolic service in a meaningful manner. 

1. A Return to the Essentials of Christian Life and Dehonian Religious Life

This whole matter implies the re-fashioning of our life from the point of view of faith, the following of Christ as religious and of the Dehonian vocation. This is a synonym for "re-foundation".

The word "re-foundation" is perceived ambiguously in many social and ecclesiastical circles. The prefix "re-" can convey some confusion. In fact, it can mean either "to question something that exists" as well as "reconfirm, reaffirm, re-enforce something". 

In the first case, it can mean that, in this epochal change, something is also sensibly changed; namely, the context of our consecrated Dehonian life, and, therefore, it is necessary to create new paradigms, based on a new theological, anthropological, institutional vision…, of our way of being and proceeding as Dehonian religious today. Some parts of all this are true, without questioning the essential and irreplaceable foundation which is Christ and His Gospel (c.f., 1 Cor 3, 11), and without denying the value of our own charism which transcends cultures.

Nevertheless, it is in the second sense that we are speaking about "re-foundation". "This puts us in line with creative fidelity" (VC 37), in conformity with the criterion for renewal expressed by the Council in Perfectae Charitatas PC 2: a dynamic fidelity to Christ and His Gospel, to the Church and its mission in the world, to religious life and to the charism proper to institute, to man and to our times. "Re-foundation" means: "to return with all seriousness to the fundamentals of consecrated life and to its original and essential roots" (C. Maccise). This means the experience of God as the only absolute and viewing all the rest in relationship to Him and returning to the radical meaning of the Gospel. If we want to have a history to build and not just a past to recall, one has to return to the essentials. 

A reaffirmation of what is essential ought before anything else bring us along the road of the universal call to holiness, of faithful and trusting following Christ through our vows and of rediscovery of a plan for living according to the Gospel that underlies the Dehonian charism.

As for this last aspect, we have a gold mine to excavate. We are used to thinking that the Founder somehow discovered the basis of our charism in the mystical experiences of St. Margaret Mary and St. Gertrude alone. One of the more perceptive letters of Father Dehon states the contrary and unveils his systematic recourse to the Gospel of God and to encounter with the incarnate Christ in the Gospel and in the Easter mystery which calls out to us through the events of history.

We characterize ourselves by means of a spiritual outlook, that of the Founder, which we say is original and is shared by us in our approach to the mystery of Christ and in our association with His reparative oblation to the Father in union with all humanity. This is an outlook which is basically and fundamentally scriptural. Father Dehon had an intuition to synthesize it with key words from the Bible on all occasions, with words like "Ecce Venio", "Ecce Ancilla", "Sint Unum", "Adveniat Regnuum Tuum", etc…

2. A Confrontation with the Challenges of Our Era

The Chapter cannot exhaust itself looking inward at its foundational values. Its scope is to project outside ourselves and toward the future. For this reason, we are called to confront the many challenges which are characteristic of the beginning of the third millennium as a true change of era.

We are invited to perceive the signs of the times and to move into a stage beyond these without a backward look. Even if the past era was glorious for the Congregation, this era has finished its term. It is necessary to open ourselves up now with hope and joy to the dawn of new things, accepting the challenges which are proposed to a believer, to an SCJ religious, to the Congregation as a whole, and to the Dehonian Family and to the entire Church.

The example of Father Dehon, who allowed himself to be responsive to the signs of the times, who faced the world with the confidence of the Gospel, who knew how to leave behind old ways and gave new and courageous answers to new challenges should be our own encouragement.

His capacity to understand contemporary history, to be sensitive to the evils that afflict our society and to individuate their causes ought to help us; he gave great attention to the poor and sought to remedy the pastoral deficiencies of the Church of our times.

We should be able to notice joyfully the emergence of so many positive values and means and opportunities for the construction of a society in greater solidarity and justice and equality and fraternity and peace without exclusions, respectful of the lives and rights of human beings, more communicative and dedicated in a sustainable development for all humanity, one that promotes human equality and liberty and in recognition of the particular dignity and role of women in society itself.

We need to participate fully in the evangelical mission of the Church, by promoting a real communion among all its members, and the active and responsible presence of the laity, the complementarities of the various vocations and ministries, the unity of Christian confessions and inter-religious and cultural dialogue.

Even within the Congregation, there are particular challenges that need to be identified by means of an attentive discernment of the guidance of the Holy Spirit as has happened many times in the past. Among other things, we accept as a grace of God the emergence of the Dehonian Family and the relations of complimentary and reciprocal communion that have come about among its various components.

The invitation of Father Dehon to "leave the sacristies" and "go to the people", invites us today more than ever to the world, to people, to the remote corners of the earth. This puts us among street conflicts where, in part at least, the future of humanity is at stake. This reminds us to be available to go to those place others find difficult because they are distant, dry situations that provide little gratification.

What will be the "challenges of the future" most expected in our apostolic work that the Chapter should bring before us? This is the question that demands an answer at the next Chapter.

3. The Specification and the Re-establishment of SCJ Apostolates

Let me touch on an important topic for the future of the Congregation which by its very nature is an institute of apostolic life.

In an era of numerical diminishment and of a lack of apostolic forces that is affecting religious life generally and many local Churches, it is possible for us to give way to various temptations: to activism (do everything); to generalities (involve yourself in everything); to loss of a proper relationship to a style of apostolic religious life (we wear the diocesan model thinking it is the only one that is valid or possible).

Such temptations are actually present in the Congregation and are promoted by an innate readiness for work. Also coming into play is our insertion into the local Churches by accepting with good grace the tasks that they offer us. What adds to all this is the fact that we are accustomed to justifying ourselves by saying that we were not founded for a specific kind of apostolate but must make ourselves available to whatever requests that come to us from anywhere.

It is true that our Constitutions say that we were not founded for a determinate work: but we should not forget that we have received from our Founder certain apostolic orientations that characterize the mission of our institute in the Church (cf. Con 30). These Constitutions lay out four great areas that we hold do specify and identify our apostolic mission: the area of spirituality, mission to "ad gentes", our presence in social works, and the service of education and culture (cf. Cst 31).

We cannot think of our apostolic specificity without taking into consideration these four areas and if we wish to have a Congregation whose features are more defined and therefore more meaningful and important in the Church and in the world, we need to draw from them certain logical conclusions. It is through these areas that we ought to make our charism and spirituality visible and incarnate.

The Mission ad Gentes is greatly respected throughout the Congregation and has characterized whole provinces from the very time of Father Dehon.

The awareness that social commitment is a dimension of our charism is growing. This was the case for Father Dehon himself, so much so that sometimes it is still his reputation in this area that makes us known by church hierarchy. Certain of our works, that are socially meaningful, or that bear witness (sometimes individual) through a highly committed confrere, also promote such an image of us as Dehonians.

The service of education and culture (formation of priests, religious and laity; presence in the area of social communication: the press &endash;TV &endash; radio &endash; production of video cassettes &endash; cinema &endash; internet; teaching in universities and ministering at universities; presence and participation in the cultural debates where public opinion is created; commitment to schools and informal education; foundation and management of high schools, faculty of institutes of higher education, etc…) all this constitutes another area that is growing. This has given a name and reputation which is well defined in certain provinces and gives social significance to others that recently have chosen to engage in this apostolic field.

What is far less significant is the support given by the Congregation in the area of the specific spirituality of the Sacred Heart, of the Eucharist and of other spiritual aspects that characterizing us. I am referring to a strong presence as a congregational corps in the church and not as individuals; there are some who as individuals engage in particular ministries often with a clear Dehonian caste.

A study of some provinces, those with a longer history behind them, help us to value their fruitfulness, their creativity and apostolic audacity in carrying forward certain specific apostolates. In some cases, one can show clear relationship between a specific apostolate and SCJ spirituality.

We ought to recognize that among the particular values that we are in the process of recovering within the Congregation is the call to a specific SCJ apostolate that is tied to our particular spirituality, such that the spirituality is capable of being incarnated in these activities and particular works and give a characteristic tone (of availability, welcome, mercy, compassion, proclamation of the love of God, service of reconciliation, etc…) to the rest of the ministry carried on by many SCJs. But the need to specify and to improve our Dehonian apostolates is felt.

It shall be the Chapter's work, guided by the Spirit, to give a greater impulse to the Congregation to walk along this road.

Celebration at La Capelle

The preparation of the General Chapter coincides with the 160th anniversary of the birth of Father Dehon and with the initiation of the remodeling of his birthplace in service to the Congregation. The material work of remodeling is becoming a sign of the re-vitalization of our communities.

On March 14, La Capelle was visited by our confreres of the Euro-French Province and also by nearby provinces for the inauguration. The historical part where Father Dehon was born and where he always dwelt whenever he visited his native country has been remodeled.

This work has come about with the contribution of certain provinces and the General Curia. An effort was made to respect the historical and architectural aspects to the greatest possible degree. In the central part, a small beautiful chapel was built. The study room of Father Dehon has become a small museum and a place for meditation and prayerful return to our origins.

Perhaps, in the not-too-far future, the other part can be remodeled. We hope above all that this location which is dear to everyone achieves its goal as its place for an SCJ religious community which receives Dehonian pilgrims coming for ongoing formation, retreats, or courses in our charisma: and that it makes a living pastoral presence of the Congregation felt in the locality.

Just as every past year, March 14, besides asking us to pray for Dehonian Vocations, is a day for collecting financial aid for the community at La Capelle. This year, the need to purchase furniture for the rooms of the house is added. May the generosity felt throughout the Dehonian Family be a sign of God's providence for this community. In their name, thanks from the bottom of our hearts.

Walking trustingly toward the General Chapter, we salute and bless the entire Dehonian Family.

Fr. Virginio D. Bressanelli, SCJ
Superior General and General Council