Cari Fratelli e Sorelle,
Sono lieto di rivolgervi il mio saluto personale e quello di tutto il Direttivo generale, nella prossimità del Santo Natale e dell'inizio del nuovo anno, che sarà l'ultimo di questo millennio.
Due situazioni contrastanti caratterizzano questo tempo di fine d'anno. Da una parte, i molti fatti di violenza e di dolore, che affliggono l'umanità e contraddicono la nostra fratellanza universale. D'altra parte, la coscienza ed esperienza viva del Regno di Dio, che cresce e si fa strada nonostante le resistenze, le debolezze e i peccati umani.
Per rimanere più vicino a noi, pensate alla situazione del Congo, che non cessa di procurarci sofferenze e preoccupazioni. Nella preghiera e nel digiuno, nel restare informati e nel partecipare ad iniziative di pace, conserviamo viva la nostra solidarietà con questo popolo martoriato, con questa chiesa da noi generata alla fede, e con tutti i confratelli della nostra famiglia religiosa, che ivi lavorano.
Sono a noi presenti anche i confratelli dell'Ecuador e le comunità cristiane da loro accompagnate, colpite a più riprese da calamità atmosferiche e climatiche (inondazioni, frane, terremoti, ecc.), che hanno causato vittime, perdite materiali, dolore e disagi; le cui conseguenze si protrarranno per anni. Grandi inondazioni sono avvenute anche nel Chaco argentino.
Ci preoccupa anche l'instabilità economica, politica e sociale dell'Indonesia, aggravata da un senso di frustrazione collettiva e dall'insorgere di forze disgreganti, che sono all'origine di molti disordini.
Registriamo anche molti motivi di gioia e di riconoscenza al Signore. Tra essi, la ricca esperienza dell'incontro del Governo generale con i Superiori maggiori SCJ, avvenuto a Roma nel novembre scorso. Oggetto dell'incontro è stato quello di specificare ulteriormente la parte operativa del programma generale di questo sessennio (Progetto 1997-2003). C'è stato un ritmo di lavoro molto intenso ma sereno; abbiamo visto crescere, giorno per giorno, la coscienza del "Noi Congregazione" nella chiara prospettiva della "nostra missione"; missione che trae la sua specificità e forza dal carisma e dalla spiritualità ereditata da P. Dehon.
Abbiamo condiviso in profondità temi e problematiche, che toccano nel vivo il nostro essere e il nostro servizio nella Chiesa e nel mondo attuale. Ci sentiamo ora confermati nel cammino di comunione intrapreso per svolgere meglio la nostra missione.
L'immagine dominante di questo incontro c'è stata data dalla liturgia: la Congregazione inviata sulle strade del mondo, invitando tutta l'umanità, soprattutto i poveri, al banchetto del Padre (cf. Lc 14,15-24).
Siamo convinti che tutti questi eventi, negativi e positivi, il Signore li ordina al nostro bene, se nel nostro cuore c'è amore (cf. Rm 8,28).
Il 1999, come ultima tappa di preparazione al grande Giubileo del 2000, è pensato pastoralmente come un grande pellegrinaggio verso il Padre. Implica ricerca del suo volto e ritorno alla sua casa, operando in noi una autentica conversione di vita con la celebrazione della penitenza e per le vie della carità. Significa una rinnovata opzione preferenziale per i poveri e gli emarginati; impegno per la giustizia e la pace; presa di coscienza e coinvolgimento nelle grandi sfide del momento attuale; confronto con il secolarismo; proposta della civiltà dell'amore; dialogo interreligioso; riscoperta della nostra dignità di figli di Dio a partire dalla figura di Cristo e sull'esempio di Maria (cf. TMA 49-54).
Nella prospettiva dell'"Anno del Padre", il Natale assume per noi dehoniani, sia individualmente sia come gruppi, comunità e istituzione, alcuni significati, che richiedono altrettanti impegni.
* Il Natale è la "manifestazione visibile della benignità e dell'amore di Dio per gli uomini" (Tit. 3,4). Nella persona di Gesù, il Padre dona tutto sé stesso e dimostra quanto egli ami il mondo (cf. Gv 3,16), facendosi estremamente vicino all'uomo. Gesù, Figlio unigenito di Dio e vero uomo della storia, diventa la perfetta e definitiva rivelazione personale di Dio sulla terra. La causa dell'uomo, la sua dignità e salvezza, diventa la causa di Dio. Ciò che definisce Dio non è il suo potere, né il suo pensiero, né il suo giudizio; ma solo la sua bontà, sperimentata da Gesù come tenerezza di padre, e testimoniata in tutti gli atteggiamenti della sua vita: nella forma di pregare, nelle sue parole, nelle sue scelte di vita e di ministero. In questa maniera, rivelò concretamente chi era il Padre e ci diede di Dio una immagine fino allora sconosciuta.
Magari, come ci insegna P. Dehon, anche noi dehoniani possiamo abbandonarci nelle mani del Padre con una fiducia incondizionata, propria dei figli di Dio, simile a quella di Gesù (cf. Dir. Sp. VI, 19); possiamo fare una profonda esperienza dell'amore del Padre. Una tale fiducia non è solo una sicurezza psicologica; è un vero atteggiamento teologale. L'amore è la forza che cambia tutte le cose e rende capaci di fare della vita un dono totale a Dio e agli altri.
* Gesù viene a cercare ciò che era perduto. In lui il Padre va incontro all'umanità traviata, che abbraccia e riabilita nella sua originaria dignità (cf. Lc 15,20-22). La riscoperta del Padre, che ci ama, ci deve fare ricercare in lui la vita piena e ritornare a lui se questa vita ci manca.
Nel contesto del giubileo, il Papa invita tutta la Chiesa a riconoscere i propri limiti e i peccati che hanno oscurato, lungo la storia, l'immagine di Dio, che essa doveva comunicare. A più riprese il Santo Padre ha chiesto perdono degli sbagli e delle opere dei cristiani, che hanno offeso la dignità dell'uomo e i diritti di Dio sulla storia.
Non avremo anche noi dehoniani bisogno di una confessione "istituzionale" dei nostri errori e peccati? Non sarà questo il momento opportuno per riconciliarci con quei fratelli, che hanno rotto i rapporti con noi, o che, per causa nostra, si sono allontanati da Dio? Alcune province SCJ stanno facendo qualcosa al riguardo; potrebbe essere un programma per tutti.
* "Entrando nel mondo, Cristo dice: ... Ecco io vengo a fare, o Dio, la tua volontà" (Eb 10,5-7). Insieme alla piena fiducia nel Padre, Gesù visse in obbedienza filiale e incondizionata. L'atteggiamento fondamentale e fondante della sua vita è stata una disponibilità attiva alla volontà del Padre, un radicale riferimento al Padre. Ha fatto sue le intenzioni del Padre, tanto che esse sono diventate suo progetto di vita fino all'offerta totale di sé nella croce.
La Congregazione SCJ si sta preparando alla Conferenza Generale, che si terrà nel 2000 in Brasile, sull'"Economia e Regno di Dio". Perché essa non si risolva in un interscambio di informazioni teoriche, si richiede che, già fin da adesso, maturiamo una disponibilità totale a quanto il Signore ci interpella per dare le risposte concrete, che egli si aspetta.
Gesù, incarnandosi nella povertà e nella debolezza umana (cf Fil 2, 6-11), esprime la solidarietà di Dio con la condizione umana. Pure noi siamo chiamati a una solidarietà che renda più visibile la presenza di Dio nella storia e la scelta preferenziale per i poveri a cui è convocata la Chiesa.
Se abbiamo un unico Padre, tutta l'umanità deve essere concepita come un'unica famiglia; da ciò nasce l'impegno comune a trasformare le situazioni ingiuste e disumane in un ordine che sia fondato sulla promozione della vita, sul rispetto dei diritti delle persone e dei popoli, sulla pace e sulla fraternità universale.
Ricevete gli Auguri di un Santo Natale e di un anno 1999 pieno di vita, di gioia, di fede e di speranza! Sperimentando la tenerezza del Padre, si rafforzi la nostra intimità con Dio e la nostra collaborazione nella liberazione integrale dell'uomo.