COMUNICATO STAMPA N. 5
Oggi ricorrono 100 giorni del sequestro del nostro confratello, p. Giuseppe Pierantoni, religioso dehoniano missionario nelle Filippine. È stato rapito a Dimataling, Mindanao, il giorno 17 ottobre 2001 sera, appena rientrato in casa, dopo la celebrazione eucaristica nella missione.
Da allora si sono avuti tanti contatti per ottenere il suo rilascio; ma senza esito. Mai c'è stato un gruppo che si assumesse la responsabilità del rapimento, e per più di 3 mesi non abbiamo avuto alcun segno che fosse ancora vivo. Il primo segno che è vivo, e che si trova apparentemente bene, l'abbiamo avuto lo scorso lunedì 21 gennaio, ricevendo una cassetta con un suo messaggio inciso l'11 dicembre scorso. Ci sono state inviate alcune foto e una breve lettera, scritta di suo pugno, dell'11 gennaio 2002. Questo ci ha riportato gioia e speranza.
Ora sono riprese le trattative per ottenere la sua liberazione. La nostra preghiera, fiducia nel Signore e speranza di riaverlo vivo e sano fra noi, sono grandi. La sua famiglia sostiene con fede e fortezza cristiana queste lunghe giornate di sofferenza e attesa.
Per mantenere vivo il suo ricordo e la
sua spiritualità, condividiamo con voi due piccoli messaggi tratti
dalle sue lettere ai genitori. Essi sono convinti che "questo lungo tempo
di prigionia serva perché p. Beppe possa fare del bene anche ai
suoi rapitori".
"Ritornando alla missione mi sembra
di consegnare la mia vita a Dio…"
Una sola considerazione mi ha convinto a ritornare alla scelta missionaria in Asia (…) la sfida della fede, l'occasione unica di scegliere con più consapevolezza la precarietà e la Croce in un abbandono che sia fiducia in Dio, affidamento a lui che solo può garantirmi integrità psicologica e fecondità apostolica… Il vecchio Beppe cerca conferme di sé, il nuovo Beppe, pur interiormente sepolto da metri cubi di paure e ambizioni, ripone la speranza di uscire alla luce solo nella umiliazione di tutto ciò che in me ancora si oppone all'opera dello Spirito, perché si crei più spazio per una verità su di me più umile e pura. (…) Ritornando nelle Filippine mi sembra così di consegnare più chiaramente la mia vita a Dio, offrendo a lui un segnale di disponibilità per la sua opera, perché faccia di me quel che vuole. Dall'esperienza precedente viene il suggerimento che Croce e notte oscura non siano solo sofferenza e morte, bensì la via che guida alla luce e alla pienezza di vita. (1 maggio 1999) |
"Non vorrei morire qui…"
Nelle Filippine le cose procedono nel disordine costituito che caratterizza questo Paese. Terrorismo, rapimenti a scopo d'estorsione, corruzione politica, omicidi di varia natura e passività popolare non impressionano più… Da parte mia devo garantire una presenza e sento il dovere di una fedeltà a questa missione che, speriamo, tra due anni avrà i primi due dehoniani filippini sacerdoti. Come scrivevi già tu, mamma, non so cosa farò nel futuro: forse l'unica cosa è vivere alla giornata, aperti alle sorprese di Dio… Mi dispiacerebbe morire nelle Filippine, con tutto il rispetto per questa gente semplice, più buona di noi. Ho nel cuore, che va e viene, una frase che vorrei poter dire si tratti di una ispirazione-promessa dello Spirito: "morire fuori dalle mura di Gerusalemme". Che cosa vuole dire? Morire fuori da un Paese cristiano? Morire fuori dalla Chiesa? In solidarietà con i senza Dio, con i "lontani", con gli "altri"? Non ne ho la minima idea, anche se credo si tratti di una ispirazione che esige la mia vigilanza, molta grazia di Dio e la vostra intercessione, l'intercessione di quanti mi vogliono bene… La nostra missione di cristiani è condividere la grande solitudine e il dolore di Dio per i suoi figli lontani". (3 agosto 2001 -- Ultima lettera spedita alla famiglia) |
Roma, 25 gennaio 2002
Ufficio Stampa
Curia Generale Padri Dehoniani
Since then there have been many contacts seeking to obtain his release, but without result. Now there is a group who have taken credit for the kidnapping, for more than three months we did not have any sign that he was alive. The first indication that he is apparently well was received last Monday on January 21st when we received a tape with a messaged dated December 11th. In addition there were some photographs and a short letter with the date of January 11, 2002. This joyful news gives us new hope.
Now there are renewed negotiations to obtain his freedom. Trusting in the Lord, our payer and hope is to see him again healthy and among us. His family is supported by their strong Christian faith during these difficult days of suffering and waiting.
We would like to share with you two short
messages from letters to his parents. I am convinced that "this long
period of captivity has purpose for Fr. Beppe can show goodness to his
kidnappers."
" Returning to the mission seems to
put my life in God's hands. "
A single consideration has convinced me to return to our mission in Asia (.) the challenge of faith, the unique occasion to choose with greater knowledge uncertainty and the Cross in a spirit of abandonment, that is with confidence in God, confidence that only He can grant me integrity and apostolic fecundity. The old Beppe tried to affirm himself, the new Beppe, buried under cubic meters of fears and ambitions, finds the hope to aim for the Light with all the humiliation that is still within me opposing the work of the Spirit, because there is more space for truth helping me to become a humbler person(.) Returning in the Philippines seems therefore to more clearly deliver my life to God, offering to Him a sign of my availability for His work, because He makes of me what He wants. Previous experience suggest that the Cross and the dark night of the soul are not only suffering and death, but the way that guides one to the Light and the fullness of life. (1 May 1999) |
"I do not want to die here"
In The Philippine things proceed in the disorder that characterizes this country. Terrorism, abductions for the purpose of extortion, political corruption, murders for various reasons and a passive population that can't be impressed anymore…On my part I must guarantee a presence and the duty to be faithful to this mission that we hope in about two years will have the first two SCJ Philippine priests. I already wrote this to you, mother, but I don't know what the future holds, perhaps the only thing is to live day by day open to God's surprises.... I would not be happy to die in the Philippines in respect for all those simple people who are much better than I am. In my heart is a thought that comes and goes and I would like to think it comes from the Spirit: "To die outside the walls of Jerusalem." What does it mean? To die outside of a Christian Country? To die outside of the Church? To die in solidarity with those who don't know God, with those who are distanced from Him? I don't have a clue what it means, even if I believe it is an inspiration it demands my vigilance, abundant grace from God and your prayers, your prayers wanting me to be well... Our Christian mission is to share the great solitude and sorrow of God for His estranged children. August 3, 2001 -- form the last letter to his parents |
Hubo muchos contactos buscando obtener su liberación, pero sin resultados. Ahora hay un grupo que ha tomado la responsabilidad por su secuestro, por más de tres meses no hemos tenido un signo de que estuviese vivo. La primera indicación de que está aparentemente bien fue recibida el Lunes pasado, el 21 de Enero cuando recibimos una cinta fechada el 11 de Diciembre. Además, hubo algunas fotografías y una pequeña carta fechada el 11 de Enero del 2002. Estas gosozas noticias nos llenan de nueva esperanza.
Ahora se han renovado negociaciones para obtener su libertad. Confiando en el Señor, nuestras oraciones y esperanzas son verle de nuevo, saludable, entre nosotros. Su familia está apoyada por su fuerte fe cristiana durante estos difíciles días de sufrimiento y espera.
Nos gustaría compartor con ustedes
dos pequeños mensajes de cartas a sus padres. Estoy convencido de
que "este largo período de cautividad servirá para que
P. Beppe pueda mostrar bondad a sus secuestradores".
"Volver a la misión parece poner
mi vida en las manos de Dios. "
Una simple consideración me ha convencido de volver a nuestra misión en Asia (.) el reto de la fe, la ocasión única para escoger con gran conocimiento la precariedad de la Cruz en un espíritu de abandono en la confianza en Dios, confianza que solo Él puede garantizar mi integridad y fecundidad apostólica. El viejo Beppe trató de afirmarse a él mismo, el nuevo Beppe, enterrado bajos metros cúbivos de miedos y ambiciones, encuentra la paz para apuntar hacia la Luz con toda la humillación que hay aún en mí en oposición a la acción del Espíritu, porque no hay más espacio para realmente ayudarmae a convertirme en una persona humilde(.) Volver a las Filipinas parece, sin embargo, entregar más claramente mi vida a Dios, ofreciendo a Él un signo de mi disponobilidad para Su acción, porque Él hace de mi lo que Él quiere. Experiencias previas sugieren que la Cruz y la noche oscura del alma no son solo sufrimiento y muerte, sino la manera que nos guía a la Luz y la plenitud de vida. (1 de Mayo de 1999) |
"No quiero morir aquí"
En las Filipinas las cosas suceden en el desorden que caracteriza este país. Terrorismo, secuestros con el propósito de extorsión, corrupción política, asesinatos por varias razones y una población pasiva que no puede impresionarse ya más…Por mi parte, debo garantizar una presencia y el deber de ser fiel a esta misión que esperamos en un par de años tendrá sus dos promeros sacerdotes SCJ filipinos. Ya te escribí sobre esto, madre, pero no sé lo que depara el futuro, quizá lo único es vivir día a día abierto a las sorpresas de Dios.... No sería feliz de morir en las Filipinas, con respeto de esa gente simple que son mucho mejores que yo. En mi corazón hay un pensamiento que viene y va que me gustaría pensar que viene del Espíritu: Morir fuera de las murallas de Jerusalem." ¿Qué significa? ¿Morir fuera de un país cristiano?, ¿morir fuera de la Iglesia? ¿Para morir en solidaridad con aquellos que no conocen a Dios, con aquellos que están distanciados de Él? No tengo idea de lo que significa, aún cuando creo que es una inspiración que demanda mi vigilancia, gracia abundante de Dios y sus oraciones, sus oraciones deseando mi bien... Nuestra misión cristiana es compartir la gran soledad y de Dios por Sus extraños hijos. 2 de Agosto del 2001 -- de la última carta a sus padres |
Roma, 25 de Enero del 2002
Publicación Oficial
Curia Generale Padri Dehoniani
Depuis, plusieurs contacts ont été menés pour obtenir sa libération, mais sans succès. Son enlèvement a été revendiqué par un groupe, mais nous n'avons reçu aucun signe de vie depuis trois mois. Lundi dernier (21 janvier) cependant, nous avons reçu un enregistrement daté du 11 décembre, nous permettant de croire qu'il se porte bien. Celui-ci était accompagné de quelques photographies et d'une lettre datée du 11 janvier 2002. Ces bonnes nouvelles ravivent notre espoir.
De nouvelles négociations sont en cours pour obtenir sa libération. Confiants dans le Seigneur, nous continuons à prier et espérer le revoir sains et sauf parmi nous. Pendant ces jours difficiles de souffrance et d'attente, sa famille trouve le réconfort dans sa foi chrétienne.
Nous voudrions partager avec vous
deux
courts messages extraits de lettres à ses parents. Je suis convaincu
que cette "longue période de captivité permettra au P. Beppé
de faire du bien à ses ravisseurs."
" Retourné en mission c'est
comme remette ma vie entre les mains de Dieu. "
Une seule chose m'a convaincu de retourner dans notre mission en Asie (...): le défi de la foi, l'occasion unique de choisir en toute connaissance de cause la précarité et la Croix, dans un esprit d'abandon, c'est-à-dire avec confiance en Dieu, confiance que Lui seul peut garantir mon intégrité et la fécondité apostolique. Le vieux Beppé recherchait sa propre affirmation, le nouveau Beppé, enfoui sous des mètres cubiques de peurs et d'ambitions, a l'espérance d'aller vers la Lumière, avec toute l'humiliation de tout ce qui, en moi, fait obstacle au travail de l'esprit, parce que la vérité a plus d'espace pour m'aider à devenir plus humble (...) Retourner aux Philippines semble donc pour moi une façon plus claire d'offrir ma vie à Dieu, lui donner un signe de ma disponibilité, parce qu'Il fait de moi ce qu'Il veut. De précédentes expériences indiquent que la Croix et la nuit de l'âme ne sont pas seulement souffrance et mort, mais la voie vers la Lumière et la plénitude de la vie. (1 mai 1999) |
"Je ne veux pas mourir ici"
Aux Philippines, les choses se passent dans le désordre qui caractérise ce pays. Terrorisme, enlèvements en vue d'une rançon, corruption politique, meurtres, et une population passive que plus rien n'impressionne. .. De mon côté, je dois garantir une présence et j'ai le devoir de rester fidèle à cette mission qui, nous l'espérons, nous donnera les deux premiers prêtres dehoniens philippins, dans environ deux ans. Je vous l'ai déjà écrit, maman, mais je ne sais pas ce que l'avenir réserve, et peut-être que la seule façon de faire est de vivre au jour le jour, ouvert aux surprises de Dieu... Je ne serais pas heureux de mourir aux Philippines, par respect pour tous ces simples gens qui sont tellement meilleurs que moi. Dans mon coeur, une pensée va et vient, et je voudrais penser qu'elle vient de l'Esprit: "Mourir en dehors des murs de Jérusalem". Qu'est-ce à dire? Mourir en dehors d'un pays chrétien? Mourir en solidarité avec ceux qui ne connaissent pas Dieu, avec ceux qui ont pris leur distance par rapport à Lui? Je ne sais pas ce que cela signifie, même si je crois qu'il s'agit là d'une inspiration. J'ai besoin d'être vigilant, j'ai besoin des grâces abondantes de Dieu et de vos prières, prières pour que je sois en bonne santé... Notre mission chrétienne partagera la grande solitude et la douleur de Dieu pour ses enfants éloignés. 3 août 2001 -- extrait de la dernière lettre à ses parents |
Rome, 25 janvier 2002
Bureau de Presse
Curia Generale Padri Dehoniani