A scendere verso Basoko, tutti i santi hanno aiutato. Anche se sovraccarico di bagagli, come vettovaglie per i festeggiamenti, fusti di benzina di riserva, nove persone a bordo con bagaglio personale, tutto è andato bene. I passeggeri sono il Vescovo e il suo segretario, p. Dino Ruaro, p. Léon Mondry, p. Chiarello, p. Pedrazzi, p. Pedro Sanz Jiménez, l'abbé di Yangombi, il conducente del battello. La benzina, arricchita di olio e forse aggiunta di acqua, per aumentarne la quantità a beneficio dei commercianti, ogni tanto crea problemi ai carburatori e alle candele. La sostituzione con candele nuove, portate dall'Italia, è rapida, tanto raggiungere i record dei tecnici ai box di formula Uno. Non così rapida è invece l'accensione delle candele, a causa della sporcizia del carburante, soprattutto quando si avvicina l'esaurimento di un serbatoio e ne subentra un altro. Allora ci si accosta alla riva per provvedere alla chiusura e apertura dei rubinetti; alla ripetuta accensione del motore, si avverte la mancanza di una batteria di riserva, tanto si deve insistere.
Partendo alle 9.00 di giovedì, 3 gennaio, da Kisangani, si giunge a Isangi, verso le 13.30, dove ci si arresta per caricare due fusti di benzina, inviati giorni prima in piroga.
Lungo la riva, gli abitanti dei villaggi cristiani, avvertiti del passaggio del Vescovo, lo acclamano a voce alta, mentre egli, ritto sul battello, allarga le braccia e lancia benedizioni verso i cristiani plaudenti.
Ad Isangi, ad attendere Mons. Monsengo, c'è il Vescovo di quella diocesi, anche lui in veste bianca, bottoni e calze rosse, assistito dal Vicario generale e da alcuni cristiani. Mentre si fa il carico del carburante, ci viene offerta birra, aranciata e coca cola. Pensavamo che tutto si esaurisse con l'aperitivo, ma l'ospitalità africana è veramente grande: ci viene servito un pranzo abbondante, di cui se ne avvertiva un certo bisogno.
Ripartiti, ci si ferma a Yangambi per prelevare il Vicario di quella missione e provvedere alla pulizia delle candele. All'accensione del motore, si rimane sempre col fiato sospeso per la paura di esaurire la batteria.
Verso le 17.30 si giunge a Basoko, dove c'è grande folla e le Autorità ad attendere il Vescovo, dando così avvio alle celebrazioni del centenario.
Il viaggio di ritorno ha inizio alle ore 8.00 di lunedì, 7 gennaio 2002.
Fidando nella fortuna del viaggio di andata ed avendo meno sovraccarico di bagagli, si accettano due viaggiatori in più. Dopo mezz'ora di viaggio quando, terminato di discendere l'Aruwimi si entra nel fiume Congo per risalirlo, succede l'imprevisto. Nell'incrocio delle correnti dei due fiumi, il motore fatica a risalire la corrente del Congo, non ne vuole sapere del super affollamento degli 11 passeggeri, comincia quindi a perdere colpi e giri finché si mette a tacere per protesta. Allora la prua del battello si innalza improvvisa, tutti ci buttiamo a prua per riequilibrare l'assetto; questo spostamento fa abbassare talmente la prua da imbarcare acqua dappertutto. In questi pochi secondi c'è grande eccitazione, il Vescovo grida "My God"; solo più tardi ci rendiamo conto dello scampato pericolo.
Sferzato con rapidi tentativi di accensione, il motore accetta di ricominciare a girare quando il battello prende la discesa, cambia direzione e si dirige nuovamente verso Basoko per fare scendere i due passeggeri di sovraccarico.
Si riprende così il viaggio di ritorno. La risalita del fiume non è così agevole come la discesa. Il cielo è carico di nuvole minacciose di acqua, il battello fatica a risalire, impiega più tempo del previsto. Si ripetono le operazioni di emergenza. Quando nel mezzo del fiume le candele si spengono, allora si provvede alla loro sostituzione, cercando di battere il record, per evitare che il battello, trasportato dalla corrente, ci faccia tornare troppo indietro. Quando un serbatoio sta per esaurirsi, ci si accosta alla riva per riempirlo con i fusti a bordo. Ad un certo momento è stato necessario smontare il motore per pulire i carburatori, otturati dalla sporcizia della benzina. Si è dovuto cercare dei sottilissimi fili d'erba per pulire i tubicini intasati dei carburatori.
Oltre a queste operazioni di emergenza, si aggiunge il maltempo. Ogni tanto anche le nuvole, stanche di sopportare tanta acqua, la scaricano come pioggia sferzante su passeggeri del battello. Si organizza la difesa. Si stende sopra le nostre teste un grande telo di plastica: il vento cerca di portarcelo via, ma stringendo fortemente i lembi del telo, riusciamo così a proteggere e la testa e le spalle. Il Vescovo, più aduso di noi a questi imprevisti, porta sopra la veste bianca un giaccone impermeabile e si protegge con un grande ombrello, che lo ripara completamente.
Nei momenti di bonaccia, là dove lungo la riva si trovano persone, si ripete il rito delle acclamazioni e delle benedizioni lanciate a riva.
Oltre agli imprevisti meccanici e metereologici, ci sono anche quelli biologici personali. Uno dei passeggeri ha bisogno urgente di un posto riservato a riva; cerca di resistere il più possibile per arrivare a Isangi, ma la necessità è più impellente della volontà di resistenza. Si cerca un attracco a riva e il passeggero scompare dietro folti alberi per liberarsi delle necessità biologiche.
Si riparte affrontando pioggia, onde increspate dal vento, bizze del motore e si giunge finalmente a Isangi. Dato il ritardo, non c'è nessuno ad attendere i passeggeri; dopo un po' giunge il Vescovo di Isangi, in tenuta normale di veste nera, accompagnato dal Vicario generale. Nonostante il ritardo, l'accoglienza è calorosa ed anche il pranzo è stato tenuto al caldo.
Ma… ancora un imprevisto! Lo sfortunato passeggero ha lasciato a riva non solo i suoi bisogni corporali, ma anche il suo marsupio con i dollari e il passaporto. Per non perdere troppo tempo, si scarica il battello di tutti i bagagli e con il motore al massimo dei giri, il passeggero interessato va a riprendersi quanto ha dimenticato. Libero di troppi pesi, anche il motore si è comportato in modo ragionevole, facendo più velocemente quel percorso, che prima aveva faticato a compiere.,
Partiti da Isangi verso le 15.45, ci si deve fermare a Yangambi per smontare il motore e procedere alla sua pulizia. Poiché questa operazione richiede molto tempo, ci si domanda se non è il caso di passare la notte in quel posto, al riparo di uno di quegli edifici vuoti, che un tempo erano magazzini industriali.
Assemblato il motore, non avendo perso né avanzato una vite, all'accensione il motore parte brillantemente, dando affidamento di se stesso. Si riparte così alle ore 19.00 puntando verso Kisangani; ma ci si mette contro di noi nuovamente la pioggia e l'avanzare dell'oscurità. Noi protetti sotto il telo di plastica, il Vescovo sotto il suo ombrellone, il conducente invece, ritto in piedi e alla guida del motore, scruta il fiume per seguire la rotta. Nell'oscurità, gli alberi della foresta rendono la riva più visibile con una linea molto nera; l'acqua del fiume, illuminata a volte dai lampi, è di un colore grigio cenere, per cui il conducente può individuare la rotta. L'avanzare dell'oscurità e il persistere della pioggia consigliano di puntare verso Yanonge; costeggiando la riva, si chiedono, a quanti si riesce ad individuare, le indicazioni di rotta; alle ore 21.00 si giunge a Yanonge. Là vi sono molte piroghe ferme, piene di mercanzie, di galline e qualche maialetto, con destinazione il mercato di Kisangani. I loro proprietari hanno deciso di trascorrervi la notte, prima di riprendere il viaggio il mattino dopo.
Anche per noi si pone il da farsi. Il Vescovo pensa di proseguire il viaggio, il conducente invece preferisce sostare, in quanto la pioggia battente gli impedisce, nell'oscurità, di individuare la rotta. Dove alloggiare? Il missionario, venuto ad ossequiare il Vescovo, offre il riparo presso la missione; alcuni passeggeri preferiscono passare la notte sul battello. Per evitare discriminazioni e privilegi, anche il Vescovo decide di passare la notte sul battello. Allora, alcuni passeggeri accostano fra loro due sedili e spalliere, da formare un unico letto, dove tre si possono stendere, riparandosi dalla pioggia col telone di plastica; il Vescovo si mette al riparo del suo ombrellone, gli altri passeggeri si accomodano come meglio possono, affrontando a viso aperto la pioggia notturna. Trascorre così la notte sotto una pioggia intermittente, al grugnito dei maialini, al canto di qualche donna, al parlottio degli uomini che, accovacciati nelle piroghe, aspettano l'alba per riprendere il viaggio. Nubi nere oscurano il cielo e ogni tanto lasciano cadere la loro acqua. Io immagino un cielo stellato, viaggiando in piroga su un'acqua pacata e senza increspature, quasi uno specchio che riflette la luce della luna, mentre invece vengo inzuppato dalla testa ai piedi. Dopo mezzanotte e per più di un'ora, soffia un vento tiepido sul fiume, seguendo la corrente, e ci asciuga un po' i vestiti.
Al mattino, verso le 5.30 si riparte per Kisangani; ma già prima
di noi alcune piroghe avevano ripreso il viaggio. Dopo una notte di riposo,
il motore parte brillantemente per percorrere gli ultimi 50 chilometri
da Yanonge a Kisangani, in due ore di tempo. All'altezza di St. Gabriel,
i serbatoi restano a secco, si deve dare da bere al motore gli ultimi litri
di benzina rimasti nei fusti di riserva. Non è possibile vedere
il sorgere del sole, causa le nuvole; ma infine si arriva verso le 7.30
a Kisangani, sani e salvi, ringraziando il Cuore di Gesù che, con
la sua statua di fronte all'attracco, ci accoglie benedicente.
Chiarello Umberto scj