**P. Umberto Chiarello SCJ**   ======LEONE DEHON, Apostolo dei nuovi tempi (1843-1925)====== Curia Generale SCJ Roma - 2004 L'attualità di un apostolo si misura dalla sua capacità di leggere i segni dei tempi e di dare risposte innovative, operative ed adeguate, alle necessità del mondo e alle urgenze della Chiesa del momento. Il p. Dehon è stato un antesignano in questo; ciò è dovuto alla sua preparazione intellettuale e alla sua passione per i piccoli e gli umili. Lo conferma lui stesso quando, già in età avanzata, riflettendo sul suo apostolato sociale, vi scorgeva un disegno divino: "La Provvidenza mi aveva preparato a questa missione attraverso i miei studi di diritto a Parigi e il mio Patronato a san Quintino" (NQt XLII/1918, 38). "A Roma avevo sovente orientato le mie letture in tal senso..." (NQt XXXIX/1916, 110). Nonostante fosse di famiglia borghese e agiata, già da ragazzo ad Hazebrouck e da giovane studente a Parigi, tramite le Conferenze di san Vincenzo de' Paoli, fu educato a sentirsi vicino ai poveri. E a chi lo accusava del suo impegno nel sociale, egli rispondeva: "In questo apostolato sociale io non miravo che a risollevare i piccoli e gli umili, secondo lo spirito del Vangelo" (NQt XXXIX/1916, 114). Studente a** **Parigi, sceglie come sua guida spirituale il rev. Prével, vicario a san Sulpizio, che lo sostiene nella vocazione sacerdotale; lo guida nelle esperienze caritative con le Conferenze di san Vincenzo; lo incammina come catechista nell'opera della dottrina cristiana ai poveri del quartiere; gli prospetta Roma come luogo dei suoi futuri studi ecclesiastici... (cf NHV I, 34). Seminarista a Roma,** **la sua anima si apre maggiormente a quelle attitudini spirituali, che costituiranno la spiritualità dehoniana. "Nostro Signore si impossessò ben presto del mio intimo e vi stabilì le disposizioni che dovevano essere la nota dominante della mia vita: la devozione al suo sacro Cuore, l'umiltà, la conformità alla sua volontà, l'unione con lui, la vita d'amore... Nostro Signore mi preparava così alla missione che mi riservava per l'Opera del suo Cuore" (NHV IV, 183). In preparazione alle sacre ordinazioni, medita a lungo sui misteri della vita del Signore, sottolineando le virtù del suo Cuore: la vita di oblazione, lo spirito di vittima, che si offre in sacrificio a Dio per la redenzione degli uomini. Egli medita sul suo sacerdozio innestato in quello di Cristo: sacerdote e vittima insieme, //alter Christus//. Ma già da seminarista ha orientato il suo sacerdozio anche in dimensione pastorale: sacerdote-pastore alla ricerca della pecorella smarrita. Come discernimento vocazionale, aveva fatta sua una citazione (da //Lettre aux contemporains//) di mons. Felice Dupanloup, vescovo di Orléans, e che presagiva le attività e gli studi ai quali si sarebbe dedicato in seguito: "Se avessi un consiglio da dare ai cristiani dei nostri giorni e a tutti i sacerdoti, sarebbe di non restare estranei, come fanno troppo spesso, alle questioni sociali, di partecipare alla vita dei contadini e degli operai, di occuparsi delle loro abitudini, del loro vitto, dei loro salari, dei loro figli, dei vecchi, delle società di mutuo soccorso, delle letture, dei loro svaghi: perché? Eh, mio Dio! per dare un sollievo a tutti, per illuminare tutti, per migliorare tutti. Questa dovrebbe essere la nostra passione dominante al di fuori di ogni politica, di ogni ambizione, di ogni recriminazione" (NHV VI, 131). Non trovando in seminario iniziative caritative e catechistiche, assieme ad altri seminaristi egli fonda l'associazione "Santa Caterina da Siena" per il catechismo e l'intrattenimento dei ragazzi. Ogni giorno, durante la ricreazione, c'è sempre un gruppo di ragazzi poveri da istruire nella dottrina cristiana e organizzare per loro momenti di festa (NHV V, 107-108). Da giovane sacerdote ha continuato a maturare il suo sacerdozio nella linea spirituale di "sacerdote e vittima"; ma, immerso nel ministero, ha sviluppato un suo metodo pastorale di apertura al mondo e alla Chiesa, leggendo la situazione del territorio dove era stato inviato, dando risposte innovative, concrete ed operative, per il suo tempo.   =====I. Riserve circa la pastorale del suo tempo ===== **Sacerdote a san Quintino**, Leone Dehon inizia a 28 anni, il 16 novembre 1871, il suo ministero alla basilica di san Quintino come settimo ed ultimo cappellano; per i primi mesi è alloggiato in una mansarda, non essendoci disponibile per lui una stanza. La vita dell'ultimo cappellano, appena arrivato, è piuttosto pesante. Levata alle 4,30 per fare la meditazione. Gli spetta la prima o l'ultima messa d'orario, i funerali di quinta classe e i matrimoni di quarta classe, il catechismo in chiesa e alle scuole, le confessioni, le visite agli ammalati. La parrocchia abbracciava, allora, 30.000 anime. Ora "non si fanno delle città cristiane con parrocchie di 30.000 anime. È contrario al buon senso. È necessario che il pastore conosca le sue pecorelle e che le pecorelle conoscano il pastore" (NHV IX, 89): osserva. Critico è il suo giudizio sui metodi pastorali del tempo: "L'organizzazione delle grandi parrocchie non permette ai sacerdoti di fare dell'apostolato. Quando hanno partecipato alla recita dell'ufficio divino, assistito ai funerali e presieduto gli incontri delle confraternite, il loro tempo e la loro attività sono pressoché esaurite. Si può vivere per secoli a questo modo senza rifare cristianamente la società" (NHV XII, 134). "Il clero svolge il servizio della Chiesa e si occupa delle anime che vengono a trovarlo, il resto (delle anime) vive nel paganesimo" (NHV IX, 94). Parlando di un parroco, che lo aveva invitato a predicare per la Quaresima, egli scrive: "È un prete istruito, dotto… È un uomo di ufficio. Egli adempie esattamente il suo ministero seguendo il vecchio metodo; non è un uomo che intraprenda l'apostolato sociale, che ridarà la fede alle nostre popolazioni" (NQt XI/1895, 1-2). Il **vecchio metodo pastorale** è quello descritto nel //Manuale di opere rurali//, pubblicato nel 1865, manuale destinato ai seminari e ai giovani sacerdoti. Secondo esso, la cura pastorale deve rivolgersi alla generazione nascente e sofferente; i bambini, i vecchi, i poveri, i malati, gli afflitti sono le cinque dita dell'apostolato nelle campagne: così ha fatto Nostro Signore; questa è la regola pastorale. Per la generazione degli adulti e degli uomini, ci si deve accontentare di attendere; non venendo essi in chiesa, c'è nulla o quasi nulla da fare per loro. Come modello associativo dei laici sono sufficienti tre signore e cinque ragazze, che si riuniscano o si scrivano almeno tre volte all'anno per comunicarsi a vicenda quello che hanno fatto e osservato nel frattempo (cf. OSC II, 157-158). "E poi ci si stupisce che il popolo abbia finito col dire che la religione è fatta per i vecchi e i bambini. Questa generazione pusillanime ci ha cambiato il Cristo. Non è più il Cristo degli operai, //pauperes evangelizantur//, il Cristo che esercitava il suo apostolato incessante tra i pubblicani e i peccatori… Il leone di Giuda si è trasformato in una timida pecora. Il nostro Cristo, il cui apostolato potente e forte ha ispirato quello dei Paolo e dei Saverio e di tutti i conquistatori di anime, è cambiato in un uomo timoroso e debole, il quale non parla che ai bambini e ai malati" (OSC II, 158). L'intuizione pastorale di Leone Dehon è quella di sostituire a una pastorale esclusivamente sacramentale una pastorale integrale, spirituale e sociale: di evangelizzazione, diremmo oggi, collegata alla promozione umana. **Andare al popolo! **È** **l'invito di Leone XIII a mons. Germain, vescovo di Coutances, nel 1893: "Consigliate ai vostri preti di non chiudersi fra le mura della chiesa e della canonica, ma di andare al popolo e di occuparsi con tutto il cuore dell'operaio, del povero, degli uomini delle classi inferiori" (Manzoni, //Leone Dehon e il suo messaggio//, Bologna 1989, p 361-362). Stesso invito ripetuto dal Papa al vescovo di Liegi, mons. Doutreloux: "Esortate i vostri preti ad andare al popolo; essi non possono restare chiusi nelle loro chiese e nelle loro sagrestie; bisogna animarli di spirito apostolico, dello spirito che animava un san Francesco Saverio, che andava dappertutto per predicare la dottrina cristiana a tutti" (OSC II, 153). È la parola chiave di p. Dehon nel suo apostolato; è la linea di condotta che lo ha guidato e secondo cui egli ha spronato il clero del suo tempo: "Bisogna andare al popolo! E' necessario! Bisogna andare al popolo, perché è infelice, perché soffre, perché si trova in uno stato di miseria non meritato; perché è senza protezione... Bisogna andare al suo focolare e nella sua officina. Bisogna chiamarlo alle riunioni e raggrupparlo in associazioni per istruirlo e confortarlo, per assisterlo nelle sue sofferenze e sollevarlo nell'abbattimento, per ascoltare i suoi lamenti e i suoi desideri, per dirigerlo nelle sue rivendicazioni, per condurlo a Cristo, suo Difensore e Salvatore..." (OSC II, 153). **Uscite dalle sagrestie**! Rivolgendosi ai giovani preti, egli dirà: "Certi castelli fremeranno sentendo i vostri sogni di apostolato popolare. Se siete preti, i vostri confratelli più anziani, che non hanno conosciuto se non i vecchi metodi, vi guarderanno come degli utopisti. I pii laici e le anime devote gemeranno per la vostra temerità. Tutta questa brava gente non vede con piacere che gli indifferenti ci dicano che la religione è buona per i vecchi, le donne e i bambini; ma essi fanno di tutto, senza dubbio, perché lo si dica. Non riescono a concepire che il prete esca per altra cosa se non per far visita ai malati, per accompagnare i funerali, e si meravigliano che il popolo paragoni il prete a un uccello lugubre. Andate ai vivi, andate agli uomini, andate al popolo, e voi non passerete più per un triste uccello da funerali" (OSC II, 174). Faceva sua l'affermazione di Leone XIII: "La Chiesa non può lasciarsi assorbire talmente dalla cura delle anime da trascurare quanto interessa la loro vita terrena; in particolare deve fare ogni sforzo per strappare gli operai dalla loro miseria e per migliorare la loro situazione" (OSC II, 154). Invita ad ascoltare il card. Langénieux, arcivescovo di Reims, sul significato delle "opere sociali": "esse costituiscono lo sforzo disperato del pastore che fa appello a tutte le risorse del suo zelo e della sua intelligenza per uscire, malgrado tutto, dal cerchio di impotenza dove lo si vuole rinchiudere, per aprire alle anime nuove strade man mano che si chiudono le vecchie..." (OSC II, 155). E Dehon conclude: "Bisogna andare al popolo per le strade che ci vengono aperte dalle nuove opere. Dio lo vuole!" (OSC II, 156). D'altronde ciò corrisponde **all'immagine di prete** che p. Dehon si era fatto: "Pastore di anime più che ministro di culto". Al congresso di Bourges (10-13 settembre 1900), lamentando il poco coraggio dei sacerdoti di darsi al popolo, condanna questo assenteismo dei sacerdoti: %%''%%Non abbiamo forse ripetuto questa parola di tradimento: 'Non c'è nulla da fare', quando tutto ancora è da fare? Abbiamo coltivato e perfezionato i nostri studi? Abbiamo fondato delle opere che rispondono ai bisogni attuali?... Bisogna andare al popolo; bisogna cercare coloro che non vengono da noi... 'Il pastore di anime si è trasformato in ministro di culto' (Mons. Ketteler, arcivescovo di Magonza). In queste condizioni il sacerdote non è più il sale della terra" (AD, B. 8,7). "Non è più sufficiente adempiere tranquillamente le funzioni ordinarie del sacro ministero... Bisogna cercare di guadagnare gli uomini e specialmente la classe più numerosa, gli operai.. E' uno stato d'animo che dobbiamo formare in noi, una disposizione ad andare agli uomini, al popolo, con tutti i mezzi adatti" (//Ibidem//). Più tardi, considerando le esigenze di un apostolato moderno, annota: "La Francia ha due generi di buoni sacerdoti: quelli che svolgono il loro ministero regolarmente, solennemente, come se tutto andasse per il meglio. Credono di essere ancora nel buon tempo di prima. Gli altri che vanno in cerca delle pecorelle smarrite, e hanno anima di apostoli e di missionari. Occorrerebbe moltiplicarli" (NQt XXXV/1914, 77). **Nuovo metodo pastorale. **Il criterio pastorale, che il p. Dehon dà, è quello dell'attualità e della creatività: "A bisogni nuovi si deve rispondere con azioni nuove", egli ci dice. "Il ministero pastorale, trovandosi dinanzi a situazioni nuove, deve riflettere sulle necessità del momento e rispondere alle esigenze dei tempi, come ha fatto in tutte le epoche... Le opere sociali sono la //nuova forma speciale d'apostolato richiesta dai nuovi tempi//... Oggi la società attende dalla Chiesa: la promozione degli operai e l'insegnamento delle leggi della giustizia e della carità, che devono presiedere alla riforma delle legislazioni e all'organizzazione professionale" (OSC II, 156). In questa nuova azione di opere sociali non è sufficiente l'azione del prete, si richiede la **collaborazione in prima persona dei laici cristiani**. Leone Dehon fa sua l'intuizione del card. Langénieux per l'apostolato dei laici: "...le opere sociali danno all'azione del prete un carattere più apostolico e permettono ai laici di dargli un contributo sempre utile e a volte indispensabile" (OSC II, 156). "I preti e i laici devono iniziarsi e, con santa emulazione, eccitarsi a questa nuova forma apostolica di ministero; dedicarsi, con lo studio di mezzi pratici, a creare e a dirigere queste opere nuove che rispondono direttamente ai bisogni attuali delle anime e della società. Allora i pastori non si consumeranno più in un ministero infruttuoso, non illuminato perché in condizioni di inefficacia. I laici cristiani impareranno a non scoraggiarsi, rinchiudendosi nella cerchia egoistica dei doveri domestici, essi diverranno degli ausiliari potenti dei loro pastori per il maggior bene della nazione e della Chiesa" (OSC II, 160-161). Leone Dehon percepisce le nuove necessità emergenti del popolo e intuisce la risposta che si deve dare: "I nuovi bisogni esigono procedimenti nuovi. Bisogna che la Chiesa sappia mostrare che non è solamente atta a formare anime pie, ma ancora a far regnare la giustizia, di cui i popoli sono avidi. Bisogna perciò che il prete si dedichi a nuovi studi e a nuove opere" (OSC III, 366). =====II. Lettura critica della situazione===== "Mancano a san Quintino quali mezzi d'azione: un collegio ecclesiastico, un patronato e un giornale cattolico" (NHV IX, 82): è la lucida e immediata analisi pastorale, fatta da L. Dehon il 20.11.1871, osservando la situazione a tutto campo, appena iniziato il suo ministero. Fondato nel 1874 l'Ufficio diocesano delle Opere, mons. Dours ne affida la responsabilità a Leone Dehon. Questi, il 4 dicembre 1874, svolge un'**inchiesta**, inviando a tutti i parroci un questionario con 18 domande sullo stato delle opere e delle associazioni nella diocesi. "L'insieme delle risposte fu desolante. Non c'era quasi nulla sul piano associativo e si segnalava ovunque l'indifferenza o l'irreligiosità degli uomini" (NHV X, 153-155). I risultati dell'inchiesta furono presentati al Congresso di Liesse (10-11 marzo1875): vi si denunciano i danni della cattiva stampa, della propaganda irreligiosa rivoluzionaria, del mancato riposo settimanale, della piaga dell'alcoolismo, dell'assenza degli uomini dalla chiesa, dell'indifferenza religiosa e del materialismo. Inoltre lo sviluppo industriale e l'organizzazione del lavoro nelle fabbriche aggravano il disordine sociale. Infine, il ministero parrocchiale ordinario si rivela insufficiente per la perseveranza dei ragazzi e dei giovani (cf NHV X, 180-187; XI, 101-117). E il Dehon conclude: "Che triste situazione! Ecco gli amari frutti del gallicanismo e del giansenismo. Escludendo la religione dalla vita politica e sociale, si sono allontanati prima gli uomini e poi quasi tutta la popolazione. (Dinanzi a tale situazione) c'è la necessità urgente di un infaticabile apostolato svolto con mezzi nuovi; ma purtroppo non avrei avuto molti seguaci" (NHV X, 187). **In campo sociale. **San Quintino, nel dipartimento dell'Aisne,** **era una città fortemente industrializzata, principalmente per l'industria tessile. Il primo impatto del giovane sacerdote Leone Dehon è con la situazione operaia. Egli coglie i problemi dell'operaio salariato, senza garanzie da parte dello Stato, con un clero che non ha ancora acquisito una sensibilità alla "questione operaia". Egli fa un'analisi lucida della situazione: "Mi trovai presto in rapporto col popolo; gli abitanti di san Quintino vivono col salario quotidiano, il quale sale e scende come il prezzo degli schiavi... Le abitazioni sono infette, vere topaie. Gli operai sono vittime della tirannia di padroni esosi e senza scrupoli. Basta una malattia, una maternità, un incidente sul lavoro, ed è la fame! e mentre i genitori sono in fabbrica da 11 a 14 ore al giorno per guadagnare il necessario alla vita, i figli vagano per le strade, facile preda del vizio o della delinquenza... In chiesa non vi sono operai: leggono giornali anticlericali, nutrono odio per la società attuale, antipatia per i padroni, scontento verso il clero che non fa abbastanza per loro... Questa società è marcia e tutte le rivendicazioni operaie hanno un fondamento legittimo" (NHV IX, 90-92). In sintesi osservava che per gli operai vi erano solo "doveri senza diritti" e per gli imprenditori solo "diritti senza doveri". Leone Dehon vede che, per risolvere la questione operaia, devono intervenire tutte e insieme le grandi componenti della società: la Chiesa con la predicazione e la promozione umana, mediante il regno della giustizia e della carità cristiana; lo Stato: deve garantire i diritti dei lavoratori con le riforme, la programmazione, le leggi circa i contratti, i salari, il riposo..; gli operai stessi: con i sindacati, le cooperative, le associazioni...; gli imprenditori, o padronato, come si chiamavano allora: con la coscienza dei loro doveri verso gli operai, per garantire l'igiene del lavoro, la cooperazione nella gestione... Questa è stata la grande intuizione pastorale di Leone Dehon: dalla "questione operaia" passare alla "questione sociale", nel senso che coinvolge e interpella tutta la società (cf NHV IX, 90-92). **In campo educativo. **Manca a san Quintino un liceo per i giovani: esigenza avvertita dalle famiglie, costrette ad inviare i figli fuori città, a Laon, per un'istruzione superiore. **Nella stampa. **A san Quintino vi erano già sei giornali di diverse tendenze, anche anticlericali. Il giovane sacerdote Dehon avverte la mancanza di un giornale cattolico; fonda perciò, nel novembre 1874, "//Le Conservateur de l'Aisne//" per spingere al rinnovamento socio-religioso della città. Scriverà più tardi: "La nostra missione è di… andare agli uomini, soprattutto a quelli che non vengono da noi, parlare loro, utilizzare le nuove forme della parola: il giornale; se al suo tempo l'avesse conosciuto, san Paolo lo avrebbe utilizzato; ed infine di occuparci degli interessi economici e sociali del popolo" (OSC II, 174). **Devozione al sacro Cuore. **A san Quintino regnava una "//tradizionale e profonda devozione al sacro Cuore//" (NQt XLIV/1921, 10): ci ricorda il p. Dehon. Ma essa non doveva esaurirsi in pratiche devozionali, quanto doveva costituire il principio di rinnovamento della vita cristiana. Egli stesso ha operato perché il culto al sacro Cuore, iniziato nella vita mistica delle anime, discendesse e penetrasse nella vita sociale dei popoli. =====III. Risposte innovative, operative ed adeguate===== Egli non si è accontentato di leggere i segni dei tempi e indicare soluzioni adeguate, ha risposto con opere e azioni concrete. Nel 1872 realizza il Patronato san Giuseppe per i figli degli operai; nel 1874 fonda un giornale: //Le Conservateur de l'Aisne//; nel 1877 fonderà anche un Collegio ecclesiastico: il Collegio san Giovanni, che amerà come la "pupilla dei suoi occhi". **Apostolato sociale in ambito cittadino, diocesano, nazionale, europeo. **Il "Patronato san Giuseppe" (1872), a san Quintino, è la sua prima opera sociale; è il fiore all'occhiello del giovane sacerdote Leone Dehon. Facendo catechismo ai ragazzi delle scuole comunali, avverte la necessità di seguirli anche nel doposcuola; per cui, dopo i primi tre mesi di insegnamento, comincia a riunire alcuni ragazzi nella sua stanza, alla domenica dopo i Vespri. Qualche tempo dopo un suo amico, il sig. Julien, gli mette a disposizione il cortile del suo pensionato per fare giocare i ragazzi, e qualche aula scolastica per conversazioni e conferenze. Ad agosto 1872 prende in fitto un terreno e vi costruisce una cappella e alcune sale di riunione. Inizialmente i ragazzi iscritti sono 75, a Natale del 1872 sono 200, nel 1875 saranno 500. Intorno al Patronato san Giuseppe fioriscono altre iniziative ed opere sociali: una "casa famiglia" per operai e apprendisti lontani da casa, dove possono mangiare e dormire. Vi istituisce il Circolo degli operai (23 ottobre 1873), aggregato all'Opera dei Circoli cattolici; il Circolo per studenti (dicembre 1875); un corso quindicinale di studi di etica economica per i padroni e i dirigenti d'industria (1876); una società per la costruzione di case per gli operai; una società di mutuo soccorso... "Per gli operai non c'è posto nelle nostre chiese e non ricevono l'istruzione loro adatta. Sono pecore senza pastore. Essi ritrovano nei patronati un po' di quelle cure... che la Chiesa dovrebbe avere per ciascuno di loro" (NHV X, 3): così ragiona Leone Dehon. A livello diocesano promuove l'Ufficio diocesano delle Opere sociali, fondato da mons. Dours (1874), e ne diviene il segretario. Organizza così, dal 1875 al 1878, tre convegni diocesani per sensibilizzare il clero alla questione operaia e alla fondazione di associazioni cattoliche per gli operai. Anche a livello nazionale, organizza o partecipa attivamente a diversi pellegrinaggi di operai o ai Congressi dell'Opera dei Circoli cattolici. Nell'agosto 1873, con i suoi giovani operai, partecipa al grande pellegrinaggio a N. Signora di Liesse, che radunò oltre 1500 operai. Partecipa ai Congressi annuali: in particolare a Nantes, nell'agosto 1873, conosce Leone Harmel, industriale cristiano, e col quale collaborerà per la formazione cristiana dei suoi operai nelle industrie di Val des Bois; nel 1875 a Reims, guida 80 delegati della diocesi di Soissons. Assieme a Leone Harmel organizza a Val des Bois, nei periodi estivi, incontri per sensibilizzare i seminaristi alle tematiche sociali. A livello europeo Leone Dehon partecipa ai movimenti operai del Belgio e dell'Italia; organizza pellegrinaggi di operai alla Cattedra di Pietro a Roma; partecipa all'Opera dei Congressi in Italia; stringe rapporti con Giuseppe Toniolo, Filippo Crispolti, Edoardo Soderini, don Luigi Sturzo: tutti esponenti dell'apostolato sociale cattolico italiano. Pubblicata da Leone XIII l'enciclica "//Rerum Novarum//", ne diviene un solerte ed intelligente divulgatore (cf NHV XV, 82) in Francia; anche a Roma stessa con le "Conferenze Romane" (1897-1900) (NQt XII/1897, 37-39). La sua partecipazione a questi Congressi, egli la spiega così: "Li ho sempre considerati come altrettanti ritiri spirituali sullo zelo"; vi si apprendono i metodi per fare il bene (OSC II, 370). **Impegno politico.** Il p. Dehon ha vissuto pienamente il suo tempo, inserito nel tessuto religioso, sociale e politico della sua epoca, operando attivamente per una trasformazione verso traguardi di giustizia sociale e di democrazia politica. Mosso da zelo sacerdotale si è impegnato fortemente nel sociale, per cui era consequenziale anche l'attenzione alla vita politica. Egli ha vissuto la storia della Francia che va dall'imperatore Napoleone III (1852) alla fine della prima Guerra mondiale (1918): dall'impero e dalla monarchia al sorgere della Terza repubblica (1870); dalla nobiltà e borghesia alla nascita dei partiti politici. L'anticlericalismo repubblicano (1870-1914), oltre a combattere la Chiesa, portò nella società civile un senso di irreligiosità, di materialismo e di ateismo. Una falsa tattica dei conservatori e dei cattolici aumentò di molto la forza del partito antireligioso. I cattolici e i conservatori restavano attaccati ai vecchi partiti politici, benché fosse evidente che non c'era alcuna seria speranza per il ritorno della monarchia. Era mettere la Chiesa in opposizione con le masse popolari, che volevano la repubblica. Dalla lettura critica degli eventi, come poi dagli interventi di Leone XIII, il Dehon, da conservatore e monarchico si convertirà alla democrazia e alla repubblica. Leone XIII, nonostante le resistenze del clero francese, tenterà il dialogo e la riconciliazione con la Repubblica francese. Il principio enucleato dal Papa è chiaro e lineare: La Chiesa accetta i governi legalmente costituiti, siano monarchici o repubblicani, e questo per collaborare al bene comune; l'impegno dei cattolici è di collaborare alla formazione di leggi giuste e di lottare con forme legali contro le leggi ingiuste. Il p. Dehon non si impegna direttamente nell'attività politica, come faranno alcuni preti, ma propugnerà, con gli scritti e le conferenze, le idee di Leone XIII, portando così il suo contributo allo sviluppo delle idee democratiche nel clero francese. Egli parla di "democrazia cristiana" come governo del popolo, e non di una classe sociale, per il bene del popolo; la cui politica deve ispirarsi ai principi cristiani della giustizia e della carità; con il programma di realizzare la giustizia sociale (cf OSC II, 462-464). Osserva ironicamente: "I cattolici conservatori vedono come mezzi di salvezza solo due virtù personali: la beneficenza cristiana da parte del padrone e la rassegnazione cristiana da parte dell'operaio... al primo posto invece ci deve essere il compimento della giustizia" (OSC III, 332-333). Commemorando la morte di Leone XIII nella sua rivista "//Le Règne//", nell'agosto del 1903, Leone Dehon getta uno sguardo penetrante sul secolo appena trascorso: "Questo secolo (XX) sarà democratico. I popoli vogliono una grande libertà civile, politica e comunale. I lavoratori vogliono una parte ragionevole del frutto delle loro fatiche. Ma questa democrazia o sarà cristiana o non sarà democrazia. La natura umana è tutta impregnata di egoismo. Tutte le civiltà pagane hanno visto i deboli oppressi dalla forza. Solo il Vangelo può far regnare la giustizia e la carità... Il secolo XX farà dei tentativi disastrosi e ritornerà al Vangelo per non perire nell'anarchia" (OSC V-2, 666). Così aveva scritto e fu una profezia per il nostro tempo! **Campo educativo. **D'accordo con il nuovo vescovo, mons. Thibaudier, Leone Dehon apre, nel 1877, finanziandolo con il suo patrimonio familiare, il Collegio san Giovanni per educare i giovani come futuri dirigenti e cittadini. Un iniziativa che condurrà alla chiusura del Liceo di Laon, per la concorrenza scolastica. Da qui: "//Avrei ormai incontrato una ostilità crescente. La metà della città faceva delle critiche al liceo. Per tutti costoro non potevo essere più una 'persona grata'//" (NHV XIII, 22). In questo campo, egli manifesterà tutta la sua scienza pedagogica ed azione educativa. La sua figura di educatore sarà però messa a prova, a causa di sospetti infondati; alla fine sarà allontanato dal Collegio san Giovanni, che passerà in proprietà alla diocesi (NQt VI/1893, 40). Ma il suo ricordo negli ex-alunni rimarrà indelebile, che lo rimpiangeranno come il "//Très bon Père//". **Apostolato della stampa. **Un altro campo di apostolato, nel quale Leone Dehon fu innovativo, è quello della stampa. Aveva intuito, come mezzo moderno di promozione umana e di diffusione dell'annuncio evangelico, l'importanza della stampa. Dirà: "Uno dei mezzi più attivi dell'apostolato è la stampa. Vi si può applicare ciò che dice san Paolo della predicazione: 'Annuncia la parola, insisti in ogni occasione opportuna e non opportuna, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e dottrina' (2Tm 4,2). E' necessario mettervi uno zelo infaticabile" (OSC III, 271). Gli scritti legati direttamente all'apostolato sociale sono numerosi; fra essi: - //Manuale sociale cristiano//, pubblicato nel 1894 in 3.000 copie, ebbe cinque edizioni in Francia. In questo volume il Dehon denuncia l'insufficienza dell'economia liberale e della soluzione socialista; condanna i profitti esorbitanti del capitalismo; difende la dignità del lavoro umano. Propone l'intervento simultaneo della Chiesa e dello Stato, degli operai e degli imprenditori: ciascuno secondo le sue competenze. "Il //Manuale// divenne ben presto un classico per chi voleva impegnarsi nell'azione sociale secondo le direttive papali" (Prélot). - //Catechismo sociale//, pubblicato nel febbraio 1898, in forma catechistica di domanda e risposta riprende le tematiche del //Manuale sociale// per rendere accessibile a tutti la dottrina sociale cristiana. -// Le Direttive pontificie politiche e sociali//, pubblicate nel dicembre 1897, entrano nel vivo della situazione politica e sociale francese, difendendo e proponendo l'invito di Leone XIII ad aderire alla Terza repubblica francese. - //Il Rinnovamento sociale cristiano// pubblica le conferenze romane sulla questione sociale e politica: cinque conferenze tenute nel gennaio-marzo 1897, tre nel 1898, una nel 1900. Di questa opera c'è ora l'edizione critica (Centro Studi, Roma 2001, a cura di p. André Perroux). Queste opere, tradotte in diverse lingue, sono stati i primi scritti cattolici di divulgazione della dottrina sociale della Chiesa. Di tutte le sue pubblicazioni in campo sociale, p. Dehon dirà: "Con il mio //Manuale sociale// e i miei libri.., non avevo io la missione di propagare fra il clero i principi e le opere della vita sociale cristiana, come Albert de Mun e La Tour du Pin per le classi dirigenti e aristocratiche, come Leon Harmel e Philibert Vrau per il mondo dell'industria?" (NQt XLII/1918, 37-38). Vi sono poi le opere di spiritualità per la vita cristiana, centrate particolarmente sul sacro Cuore e sulle componenti della sua spiritualità. Fra le opere più conosciute e tradotte in altre lingue, ricordiamo:// Il mese del sacro Cuore di Gesù (1900), Il mese di Maria (1900),// //Vita d'amore verso il// //sacro Cuore// (1901), //Il Cuore sacerdotale di Gesù// (1907), //L'anno con il sacro Cuore// (1919). Infine la rivista //Il Regno del sacro Cuore di Gesù nelle anime e nelle società// (25 gennaio 1889) (NQt IV/1889, 76), il cui titolo stesso è espressivo del programma d'apostolato religioso e sociale cui p. Dehon si è dedicato. Questi sono i settori apostolici innovativi nei quali, già dall'inizio del suo sacerdozio, Leone Dehon si è impegnato, uscendo dalle sagrestie per andare incontro al popolo, come esigenza dei nuovi tempi. Sarebbe però una visione parziale e fuorviante, se non conoscessimo l'anima ispiratrice ed animatrice di questo suo zelo apostolico, il motore che muove la sua azione pastorale: //Charitas Christi urget nos//. Come per san Paolo, così per Leone Dehon è l'amore del Cuore di Gesù che lo spinge all'apostolato; è l'amore di Cristo non-riamato, che lo muove all'azione in spirito di amore e di riparazione. Egli vive una spiritualità intesa come forza dinamica, come anima ispiratrice e animatrice del suo apostolato. Per cui, egli sintetizza il suo programma apostolico nell'espressione: "Costruire il Regno del Cuore di Gesù nelle anime e nella società". **Apostolo del sacro Cuore: Il Regno del Cuore di Gesù. **Tutto l'apostolato di p. Dehon, e non solo quello sociale, è stato frutto del suo zelo sacerdotale: zelo che richiede una forte carica d'amore per Dio e che spinge ad operare, sempre per la gloria di Dio, a favore dei fratelli. E tutto questo ad imitazione del Cuore di Gesù: nel suo amore filiale per il Padre e nel suo amore redentore per i peccatori. La virtù dello zelo fa sì che un uomo fortemente contemplativo, come il p. Dehon, sia altrettanto grandemente impegnato nell'apostolato: contemplativo nell'azione. Il p. Dehon ha fatta sua la predilezione del Cuore di Gesù per i poveri, per i diseredati ed emarginati: //Sono stato mandato a evangelizzare i poveri//!, diceva Gesù nella sinagoga di Nazaret. E p. Dehon, a chi lo criticava per il suo impegno nel sociale, rispondeva: "In tutto questo apostolato, non guardavo che a risollevare i piccoli e i semplici secondo lo spirito del Vangelo" (NQt XXXIX/1916, 110-111). Il p. Dehon è spinto e animato da questa preferenza evangelica, dettata dalla sua spiritualità di amore solidale con i peccatori e di oblazione riparatrice. Andare verso i poveri, andare al popolo: era la sua ansia. Ancora, è dal Cuore di Gesù che p. Dehon deriva gli scopi e le finalità del suo impegno apostolico: "Costruire il Regno del Cuore di Gesù nelle anime e nella società": ecco l'obiettivo che egli si è sempre prefissato. Costruire il "Regno del Cuore di Gesù nelle anime": significa adoperarsi per suscitare, negli uomini, quella risposta d'amore per il Signore, da lui richiesta nel manifestare il suo Cuore; ed è stato l'impegno a vivere e a far vivere la sua spiritualità. Costruire "il Regno del Cuore di Gesù nella società" significa adoperarsi e lottare per "il regno della giustizia, della carità, della misericordia, della pietà per i piccoli, per gli umili e per coloro che soffrono"; ed è stato il suo impegno apostolico, anche sociale. Nella Francia del secolo scorso il "Regno sociale" del Cuore di Gesù mirava alla consacrazione individuale e familiare, parrocchiale e diocesana, e della nazione stessa al Cuore di Gesù. Il p. Dehon, impegnato a favore degli operai, oltrepassa tale concezione e fa consistere il "Regno sociale" nelle riforme a favore della classe operaia e del popolo. Analizzando le cause dei mali sociali, egli ne scopre la causa più profonda nel rifiuto di Dio e del suo amore; per ovviare a tali mali è necessario che "il culto del Cuore di Gesù, iniziato nella vita mistica delle anime, scenda e penetri nella vita sociale dei popoli" (//Le Règne//, febbraio 1889). "Sono stato condotto dalla Provvidenza a tracciare diversi solchi, ma due soprattutto lasceranno una impronta profonda: l'azione sociale cristiana e la vita d'amore, di riparazione e d'immolazione al sacro Cuore di Gesù. I miei libri, tradotti in molte lingue, divulgano dovunque questa duplice corrente sorta dal Cuore di Gesù" (NQt XXV/1910, 33): ecco come il p. Dehon sintetizzava nel suo Diario l'azione da lui svolta per costruire il Regno del Cuore di Gesù nelle anime e nella società. Per questo egli potrà dire alla fine della sua vita: "L'ideale della mia vita.., un ideale grandioso: conquistare il mondo a Gesù Cristo..., instaurare il Regno del Sacro Cuore" (NQt XLV/1925, 2-4). =====IV.===== Come si vede, il suo metodo pastorale ha dato i suoi frutti. Nell'impatto con la realtà, egli ha analizzato la situazione, ha letto i segni dei suoi tempi: come si dice oggi. Ai bisogni emergenti dei nuovi tempi, ha risposto con azioni nuove: come si dovrebbe fare oggi. E le sue intuizioni pastorali non sono rimaste nel libro dei sogni, ma egli ha dato loro un seguito concreto, inventando soluzioni nuove; dimostrando così Leone Dehon di essere un uomo dinamico e aperto, un sacerdote impegnato e zelante, un apostolo operoso e disinteressato: un contemplativo nell'azione! In occasione della sua beatificazione, compito dei Dehoniani è di presentare il p. Dehon alla Chiesa e al mondo nella sua attualità, come apostolo dei nuovi tempi, esempio di apostolato per il nostro tempo. La Famiglia Dehoniana, religiosi e laici, può vedere in lui un modello di attività pastorale nei diversi settori, ancora oggi attuali: nel campo sociale o politico, educativo o culturale, missionario e spirituale. Tuttavia, non ripetitivi delle iniziative e delle opere concrete da lui compiute ma, facendo proprio il suo metodo pastorale, saper leggere i segni del nostro tempo, dando risposte innovative e adeguate: a situazioni nuove, dare soluzioni nuove, come lui fece per il suo tempo.     Vitorchiano, 23.05.2004