Introduzione
Non intendiamo tracciare qui un profilo, anche se sommario, del P. Leone Dehon. Ci limiteremo a qualche rapido accenno, che valga ad inquadrare la figura dell'Autore del Diario, rimandando, per una più completa informazione, alle numerose biografie e monografie, esistenti.1)
Leone Dehon nacque da un'agiata famiglia a La Capelle (Aisne) in Francia, il 14 marzo 1843.
La sua vita si svolse parallelamente al sorgere e all'evolversi dei cosiddetti «tempi nuovi», ai quali egli partecipò attivamente, inserendosi così nella storia delle vicende religiose e sociali di questi ultimi tempi. Il suo nome perciò figura tra i migliori rappresentanti dell'apostolato cattolico della fine dell'ottocento e del primo scorcio del novecento.
Frediani, insigne biografo del Dehon, ce ne dà questo ritratto: «Fu di altissima persona, straordinariamente sottile e slanciata, di nobile portamento pien di garbo e ben dritto, sino alla più tarda vecchiaia. La fronte aperta, specchio di una intelligenza chiara e versatile, i larghi occhi cerulei… Un desiderio abituale di compiacere a tutti, e l'abitudine di un'arguzia tipicamente francese e lepidamente castigatrice. Lo sguardo vivo, penetrante e indagatore… del quale una schietta amabilità non annullava una lieve punta di malizia».2)
Laureatosi in Diritto Civile all'Università di Parigi, Leone Dehon poté avviarsi al sacerdozio, come aveva ardentemente desiderato fin dall'adolescenza.
Di ritorno da un viaggio in Oriente, entrò nel Seminario francese di S. Chiara in Roma. La Città eterna, centro della Cattolicità, esercitava sul suo spirito un particolare fascino. La scelse perciò come sede della sua formazione e dei suoi studi ecclesiastici.
Il 19 dicembre 1868 fu ordinato sacerdote. Consegui le lauree in Filosofia e Teologia all'Università Gregoriana e quella in Diritto Canonico all'Apollinare.
Nel 1869 fu chiamato a far parte del corpo degli stenografi, che si addestrava per l'imminente Concilio Vaticano I.
Come spesso afferma nell'Epistolario e nel Diario, considerò questa scelta una speciale grazia, fonte di molteplici vantaggi per l'anima é per l'intelligenza3).
L'intensa attività, feconda di opere, cominciò per Dehon all'età di ventisette anni, quando, maturo nello spirito e preparato culturalmente, reduce dal Concilio, si dedicò all'apostolato, che continuò senza soste fino alla morte (12 agosto 1925).
Nelle prime esperienze di ministero sacerdotale, venne a contatto con la miseria dei quartieri operai di S. Quintino e si convinse della urgente necessità dell'apostolato sociale.
Fu fondatore e animatore di varie iniziative diocesane in questo campo: il patronato per giovani operai, i circoli di studi sociali per studenti, l'ufficio diocesano per le opere sociali.
Maturava così il futuro apostolo della Rerum novarum e della dottrina sociale della Chiesa.
Da quando Leone XIII gli disse: «Predicate le mie encicliche», consacrò la sua opera e la sua penna a questo apostolato.4)
Grande influsso esercitò sulla sua preparazione e sulla sua attività l'amicizia con gli esponenti del movimento sociale cristiano (Leone Harmel, Renato La Tour du Pin, Alberto de Mun, Camillo Féron-Vrau, Stefano Lamy, Giuseppe Toníolo, Medolago Albani, Luigi Sturzo).
Il contributo del Dehon a questo movimento fu notevole e i suoi scritti, pur non essendo dei trattati teorici e sistematici di sociologia, rappresentarono, in un tempo in cui se ne avvertiva la necessità, un esempio di intelligente e chiara volgarizzazione. Ebbero perciò larga diffusione, come testimoniano le numerose traduzioni nelle diverse lingue.5)
La vita e l'azione di P. Dehon furono permeate da una profonda spiritualità,6) dominata dal culto riparatore al Sacro Cuore di Gesù. Molto egli si adoperò, con la parola e con gli scritti, per lo sviluppo di questa salutare devozione,7) alla quale volle legata la nuova Congregazione religiosa dei Sacerdoti del Sacro Cuore di Gesù, da lui fondata il 1878.8)
Questo Diario non è un'opera a sè stante, ma fa parte dei quaderni autobiografici scritti dal Dehon.
Sono conservati 60 quaderni,9) che costituiscono due serie ben distinte.
La prima: Notes quotidiennes, e un diario spirituale, che il Dehon cominciò all'inizio della vita di seminario10) e si compone di 45 quaderni.11) Sono segnati con numeri romani e vengono comunemente chiamati cahiers gris, perchè legati in tela grigia. Per lo più hanno lo stesso formato (cm. 20 x 15,5), eccetto gli ultimi, che sono irregolari.12) Maggiore varietà si nota nel numero dei fogli di ciascun quaderno.13) Queste Notes quotidiennes hanno continuità solo col q. III: i primi due sono un resto dei quaderni, che contenevano le Notes quotidiennes dal 1865 all'inizio del 1886 e che vennero distrutti dopo che tali Notes furono utilizzate in Notes sur l'histoire de ma vie.
È difficile poter determinare lo stato originario di questa parte delle Notes quotidiennes. È certo che esse non furono redatte in modo regolare e continuo, come si deduce da alcune testimonianze dello stesso Dehon.14)
A proposito delle Notes egli osserva: «J'écris mes notes quotidiennes, St. Ignace l'a fait pendant 30 ans. Il les détruisit en grande partie avant de mourir, parce qu'il avait consigné beaucoup de grâces extraordinaires qui étaient toutes à son honneur. Mes notes peuvent avoir quelque utilité pour l'histoire de l'œuvre. J'en ferai à la fin ce que la grâce m'inspirera».15)
La seconda serie dei quaderni: Notes sur l'histoire de ma vie, è una specie di autobiografia, che va dalla nascita del Dehon (14 marzo 1843) fino al decretum laudis della sua Congregazione.
Queste Notes furono iniziate il 3 marzo 188616) e sono raccolte in 15 quaderni, segnati con numeri romani (I-XV). Hanno copertina nera, vengono - perciò chiamati cahiers noirs. Sono dello stesso formato (cm. 25 x 19,5) e si compongono di circa 94 fogli ciascuno.17)
Per la stesura delle Notes sur l'histoire de ma vie, il Dehon, oltre ai ricordi personali, utilizzò le Notes quotidiennes, come afferma egli stesso18) le lettere ed altri documenti.
Non sembra che egli avesse intenzione di continuare le Notes sur l'histoire de ma vie per gli anni seguenti, perché lo scopo, che si proponeva, era già raggiunto. Scrive infatti: «Les notes sur ma vie ne sont pas destinées à être publiées après ma mort, mais le nôtres y trouveront beaucoup de renseignements sur l'histoire de la Congrégation, sa préparation, ses épreuves, ses développements».19) Quindi, oltre allo scopo personale interiore20) che è il principale, tali Notes dovevano anche servire per la storia della Congregazione. Ora, tale scopo era già raggiunto, perchè dal 1888 in poi, col decretum laudis, la storia della Congregazione non presentava più difficoltà e del resto potevano a ciò servire le Notes quotidiennes, come afferma lo stesso Dehon.21)
La sezione riguardante il Concilio Vaticano I e contenuta nei quaderni neri VI, VII, VIII.22)
Non è possibile determinare con precisione quando questa parte sia stata scritta. Nel manoscritto troviamo soltanto due accenni, che possono servire per una datazione approssimativa.
L'Autore ci dice espressamente il tempo in cui comincia a scrivere le Notes sur l'histoire de ma vie: il 3 marzo 1886.23)
Inoltre sappiamo che egli scrisse il q. VI nero certamente dopo il 1892, perchè ricorre in esso menzione del decreto Auctis admodum, emanato il 4 novembre 1892 dalla S. Congregazione dei Vescovi e dei Religiosi.24)
Il Diario del Concilio si compone di due parti: la preparazione e lo svolgimento di esso.
La prima parte è, relativamente, poco sviluppata ed è inserita nella narrazione di avvenimenti della vita del Dehon: ritorno in Italia per il proseguimento degli studi, dopo le vacanze trascorse in Francia; sua ordinazione sacerdotale; descrizione di un viaggio nell'Italia meridionale; accenno ai suoi studi e ritorno in Francia per il periodo estivo. Si comprende perchè il Dehon non si dilunghi sulla fase preparatoria del Concilio. Egli infatti non vi partecipò attivamente. Venne a contatto, e in misura molto ristretta, con l'apparato preparatorio del Concilio, quando fu chiamato a far parte del corpo degli stenografi, che dovevano addestrarsi, sotto la guida di Virginio Marchese, per le mansioni da svolgere nel futuro Concilio.
Perciò, dopo un rapido accenno al gruppo dei teologi francesi, invitati a Roma per le commissioni di studio, il Dehon ci dà delle notizie più dettagliate sul corpo degli stenografi, sul criterio della scelta e sul sistema di stenografia adottato.
Riferisce quindi l'elenco degli schemi, elaborati dalle commissioni preparatorie, distribuito ai Padri e agli Officiali del Concilio.
Accenna infine alla lotta, scatenatasi, alla vigilia del Concilio, tra i sostenitori delle opposte tendenze sul primato e sulla infallibilità del Romano Pontefice.25)
La seconda parte, sullo svolgimento del Concilio, è meglio sviluppata ed è la più interessante, perchè espone i fatti, dei quali il Dehon fu testimone oculare, diligente ed acuto.
Questa sezione si apre con la udienza presinodale del 2 dicembre 1869, concessa da Pio IX agli Officiali e Ministri del Concilio, e si chiude con la quarta sessione solenne del 18 luglio 1870, nella quale fu proclamata la costituzione dommatica Pastor aeternus.26)
Oltre le quattro sessioni pubbliche, sono riportate tutte le ottantacinque congregazioni generali, eccettuate le prime tre, che trascorsero in scrutini e distribuzione degli schemi, e la ottava.
Per ogni congregazione generale il Dehon quasi sempre cita, in ordine, tutti gli interventi e riferisce, brevissimamente, il pensiero degli oratori. Talvolta ne riporta anche testualmente le parole.
Le pagine del Diario, nella loro concisione, ci manifestano le doti caratteristiche dell'Autore: intelligenza chiara ed acuta, profondo spirito di osservazione e fine arguzia.
La narrazione si arricchisce di giudizi sensati, sereni e oggettivi sui fatti (cause dell'opposizione, composizione delle commissioni conciliari, modo di agire della minoranza, ecc. ); sulla forma e sulla sostanza dei discorsi degli oratori (lingua latina, durata, contenuto e valore degli argomenti).
Questi giudizi, che rispecchiano lo stato d'animo di quanti seguivano il Concilio con imparzialità, sarebbero stati poi convalidati dalla migliore critica storica.
Le acute osservazioni del Dehon, mentre conferiscono un carattere di particolare vivacità alla narrazione, valgono ad elevarla ad un piano superiore a quello di semplice ed arida cronaca.
Inoltre dalle pagine del Diario traspare il devoto attaccamento dell'Autore alla Chiesa e al Papa.
In contrasto con i sentimenti gallicani, che animavano gli esponenti dell'opposizione in seno e al di fuori del Concilio, spicca il profondo sentimento della Romanità di questo giovane sacerdote.
Benchè sconsigliato dal Dupanloup e dal Gratry,27) «ancora prevenuti contro la teologia romana»,28) scelse, per il corso degli studi ecclesiastici, Roma, sede della Cattedra di Pietro e sorgente limpida della verità e dottrina sacra: «Nonostante tutto, io tenni per Roma. La logica del mio spirito mi diceva che l'acqua è più pura alla sorgente che non nei ruscelli e che la dottrina e la pietà si devono attingere più facilmente e più pienamente al centro della Chiesa che in ogni altra parte».29)
Lo slancio, con il quale era venuto nella Città eterna, non si affievolì col tempo, ma crebbe a contatto degli antichi monumenti cristiani e di tante memorie sacre: «Io gustavo Roma, la Roma cristiana, quella che parla alla fede e alla pietà: aspiravo i suoi profumi soavi e consolatori, bevevo alle sue sorgenti sacre, comunicavo col sito spirito, che è lo spirito della Chiesa, cioè spirito di fede, d'apostolato, di carità. La Grecia andava a cercar l'ispirazione poetica alla fontana d'Ippocrene… Roma ha sorgenti più pure e feconde: i suoi santuari e le sue tombe sacre… La stessa ombra degli Apostoli guariva i malati: e a Roma v'è più che l'ombra degli Apostoli; vi sono le loro sacre reliquie, le loro tombe gloriose. Noi andavamo, nelle nostre pie visitazioni, da S. Pietro a S. Paolo, da S. Paolo a S. Giovanni, da S. Giovanni ai SS. Apostoli… Poi andavamo a pregare e a meditare sulle tombe dei martiri, a S. Ignazio, a S. Sebastiano, a S. Lorenzo, alle Catacombe, al Pantheon; e da quelle sacre ossa come dal suolo del Colosseo, arrossato del loro sangue, usciva una grazia di carità ardente, che ci faceva desiderare di offrir la nostra vita per l'amor del Salvatore.
L'amor della scienza sacra sembra scaturir dalle tombe dei Dottori; e Roma possiede i resti venerati di S. Leone, di S. Gregorio Magno, di S. Girolamo, di S. Giovanni Crisostomo; di S. Gregorio di Nazianzo.
I cuori s'accendon facilmente di zelo per la salute delle anime accanto ai resti o nel luogo che fu soggiorno di S. Francesco d'Assisi, di S. Domenico, di S. Ignazio, di S. Filippo Neri, di S. Paolo della Croce.
Altri santuari ispirano la purità e l'innocenza, e sono le tombe delle sante vergini: S. Cecilia, S. Agnese, S. Caterina da Siena, o le stanze abitate da quei giovani, che in terra condussero vita angelica: S. Luigi Gonzaga, S. Stanislao Kostka, S. Giovanni Berchmans.
Quale città può stare a paragone di Roma per i suoi influssi santificanti? Ell'è veramente il vestibolo del cielo; viverci è buono per l'anima, e si comprende la parola del Salvatore detta a S. Brigida: Roma è la via abbreviata del cielo…
Così ho amato Roma, mio soggiorno di predilezione. Se la terra fosse il nostro luogo di riposo, io vorrei vivere a Roma».30)
Da quanto abbiamo detto si comprendono le frequenti annotazioni del Diario, confermate dall'Epistolario, le quali rivelano il pronto e pieno sentire con la Chiesa.
Prima di chiudere questo sguardo generale sul Diario ci piace rilevare la profonda spiritualità, che lo permea.
Il Dehon ravviva la narrazione con riflessioni e considerazioni, che manifestano la pietà della sua anima.31)
Egli guarda agli uomini e alle cose con gli occhi di una fede viva. Questo non gli impedisce di rilevare qualche episodio o particolare spiacevole. Lo fa però con delicatezza, con garbo e spirito di carità, con parole, le quali, se mostrano una sicurezza di principi e una fermezza di idee, non traspirano mai asprezza, risentimento o faziosità. Egli scrive con sincerità e con serenità di animo.
Quanta differenza, sotto questo aspetto, tra il Diario del Dehon e le Impressioni al Concilio Vaticano di Virginio Marchese! 32)
Oltre la divisione generale, cui abbiamo già accennato: I. La préparation du Concile (1868-1869); II. Le Concile (1869-1870): il Diario si articola in capitoli e paragrafi.
Nella nostra edizione, i capitoli della prima parte sono sette; quelli della seconda sono trentadue.
Il manoscritto indica i titoli dei capitoli nel margine bianco dei fogli; i paragrafi invece vengono segnati nel corpo del testo e sono introdotti nella seconda parte, precisamente dal cap. XI in poi, da quando cioè ha inizio la discussione conciliare degli schemi. La materia viene allora disposta per mesi (capitoli) e divisa secondo le congregazioni generali (paragrafi). Al termine poi di ogni mese il Dehon dà una breve rassegna dei fatti principali in rapporto al Concilio.33)
In questo piano generale sono introdotti capitoli particolari per le sessioni pubbliche (cap. XII, XVIII, XIX, XXVI), per la corrispondenza (cap. XX), ecc.
Alcuni dettagli di forma non sono troppo curati. Il Diario in questo risente del carattere di provvisorietà e brevità, proprio degli appunti. Mancano, ad esempio, i numeri progressivi dei capitoli e dei paragrafi. Nella nostra edizione abbiamo supplito, indicando i capitoli con numeri romani e i paragrafi con numeri arabi.
Dalla quarta alla settima congregazione generale il Dehon pone il numero progressivo di esse, ma omette l'indicazione del giorno; invece dalla nona alla ottantacinquesima segna la data ed omette il numero progressivo delle congregazioni. Noi abbiamo completato queste indicazioni. Le nostre aggiunte però si distinguono nettamente dal testo, perché sono in lingua italiana ed incluse tra parentesi quadre.
Alquanto imperfetta è la trascrizione dei nomi. Il Dehon, quando stese il Diario, teneva dinanzi i suoi appunti delle sedute conciliari, nei quali aveva scritto i nomi secondo la pronunzia.34) Dato poi il carattere strettamente privato del Diario, non si preoccupò di eseguire il riscontro, pur potendolo effettuare facilmente, in quanto disponeva dell'elenco dei Padri presenti al Concilio.35)
Nella nostra edizione sono state corrette le imprecisioni del manoscritto.36)
L'opera, compilata alcuni anni dopo il Concilio, utilizza, oltre agli appunti e ai ricordi personali, le lettere dell'Autore e l'opera di Luigi Veuillot: Rome pendant le Concile (Paris 1872). Si spiega così la evidente diversità di stile, che passa da quello telegrafico, proprio degli appunti, all'altro più elevato di un'opera letteraria.
a) La parte maggiore del Diario, per estensione ed importanza, proviene senza dubbio dagli appunti. Essa è facilmente riconoscibile per freschezza e vivacità, e ci riproduce l'impressione del testimone oculare sullo svolgimento dei fatti e sulle persone: Riguarda principalmente la descrizione delle discussioni svoltesi nelle congregazioni generali. Si tratta spesso di semplici accenni, conservati nello stato originario.
Non possediamo il testo primitivo degli appunti, che andarono distrutti, dopo l'utilizzazione nel Diario. Ci sono conservate soltanto le note segnate a penna in margine agli atti e documenti conciliari (schemi, emendamenti, allocuzioni, ecc.), distribuiti ai Padri e agli Officiali del Concilio.
Nella biblioteca della Casa Generalizia in Roma della Congregazione dei Sacerdoti del S. Cuore abbiamo ritrovato la copia di questi documenti conciliari avuti dal Dehon. Sono raccolti in quattro volumi rilegati. Su un fascicolo e ancora visibile il nome Dehon, scritto a matita dallo stesso. Alla fine poi del I volume vi è un indice a penna, compilato da lui.
I volumi più ricchi di postille sono il II e il IV. In particolare le annotazioni abbondano sugli emendamenti proposti dai Padri per il cap. IV della costituzione de Ecclesia, il quale riguardava l'infallibilità pontificia.
b) Un lungo capitolo del Diario è dedicato alla corrispondenza.37) La prima parte riporta alcune lettere, ricevute da amici, che manifestavano al Dehon lo stato degli spiriti in Francia.
La seconda parte, la più estesa, riproduce molti brani di lettere, spedite dal Dehon ai genitori nel periodo di tempo che va dal 30 novembre 1869 al 24 giugno 1870.
Per lo più sono riportati i brani, che riguardano i suoi rapporti familiari, e vengono tralasciati i riferimenti allo svolgimento del Concilio. L'Autore forse vuole evitare ripetizioni di quanto descrive nel Diario.
Ci è parso perciò utile estendere l'indagine all'intero Epistolario degli anni 1869-1870 e ce ne siamo serviti nello studio del Diario, che ne risulta così opportunamente integrato. Vi abbiamo infatti inserito al proprio posto, con caratteri di corpo inferiore, le lettere anteriori al 30 novembre 1869, che parlano del Concilio.38)
Inoltre la rassegna delle lettere ai genitori è stata completata con l'aggiunta di tre interessanti lettere, indirizzate il 1870 dal Dehon all'amico Palustre.39)
Infine le stesse lettere ai genitori, riportate dall'Autore, sono state completate con i brani delle medesime, riferentisi al Concilio.
Le lettere contengono alcune notizie, che non si trovano nel Diario, ed essendo state scritte durante lo svolgimento dei fatti, hanno il vantaggio di riferirci il giudizio, i sentimenti, le impressioni immediate dell'Autore.
Come tutto il Diario, esse sono dominate da una profonda spiritualità. E' edificante, ad esempio, rilevare che tra il lavoro del Concilio e l'assillo degli studi il Dehon, benchè lontano, si preoccupi tuttavia del bene spirituale di suo padre, al quale rivolge pressante invito, perchè si accosti alla comunione pasquale.
c) Un ultimo rilievo si impone nell'esame delle fonti, utilizzate dal Dehon per il suo Diario.
Indubbiamente egli si servì anche di qualche altro scritto, oltre agli appunti e alle lettere. Lo attestano le frequenti citazioni esplicite ed implicite.
Cita espressamente le Memorie di Mons. Gibbons, vicario apostolico delle Caroline del Sud, divenuto poi arcivescovo di Baltimora. Lo accusa però di parzialità in favore della corrente gallicana e critica alcuni suoi giudizi elogiativi sugli esponenti di tale corrente.40)
Il Dehon tenne pure presenti gli articoli apparsi sui principali giornali francesi, che spesso cita per respingere le idee dell'opposizione. In particolare egli attinge al Veuillot nella descrizione delle sessioni pubbliche e degli altri fatti, che accompagnarono lo svolgimento del Concilio. Si vede subito, ad esempio, che le citazioni dell'insigne pubblicista e polemista abbondano principalmente nelle rassegne mensili intitolate: Autour du Concile en …
Oltre le citazioni esplicite, ve ne sono altre implicite, che riferiscono in sunto il pensiero del Veuillot.
Questo ci ha costretto ad un attento esame, per poter stabilire le parti del Diario, che dipendono, sotto l'aspetto letterario, dal Veuillot. La nostra indagine è stata favorita dall'aver ritrovato nella biblioteca della Casa Generalizia della Congregazione dei Sacerdoti del Sacro Cuore la copia dell'opera di Luigi Veuillot: Rome pendant le Concile, usata dal Dehon.41)
I brani, riportati alla lettera o a senso nel Diario, sono segnati dalla mano del Dehon con lunghi tratti di matita.
Il Dehon fu amico ed ammiratore del brillante scrittore francese,42) che si batté per la buona causa «avec sa verve et son esprit ordinaires».43) Ne condivide le idee, la profonda devozione al Papa e alla Sede Apostolica, l'ammirazione per il popolo romano; ne loda lo zelo nella lotta contro l'opposizione in genere e la corrente gallicana in specie. Questo però non gli impedisce di disapprovare espressamente gli eccessi, ai quali l'accesa polemica spinse il Veuillot, che «mettait de l'huile sur le feu» 44) e trattava gli oppositori «comme s'ils étaient déjà jugés et condamnés, et il était loin d'y mettre de la courtoisie».45)
Dehon non approvava il tono aspro46) ed avrebbe desiderato maggiore spirito di cortesia e di moderazione, quale traspariva, ad esempio, dalle lettere di Mons. Dechamps.47)