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P. Evaristo Martínez de Alegría SCJ

 

LA SANTITÀ E I SANTI

Commissione Generale pro Beatificazione di p. Dehon

Curia Generale SCJ

Roma - 2004

 

LA SANTITÀ E I SANTI

La tradizione nella vita della Chiesa, come è noto, ha un grande ruolo come colonna fondante, assieme alla Scrittura, per definire il contenuto dottrinale della nostra fede. L'appello fatto alla stessa tradizione e al popolo di Dio come appoggio e fondamento degli ultimi dogmi definiti sull'Immacolata e l'Assunzione dai Papi Pio IX e Pio XII, sono una prova in più sull'importanza di questa tradizione di fronte al pensiero, semplificando, luterano e protestante, come tradizionalmente ci è stato trasmesso e insegnato nelle nostre scuole, che mette l'accento sulla sola Scrittura come fonte di fede e, oggi, più accuratamente studiato, attraverso i tanti studi e incontri ecumenici.

Allo stesso modo, il conosciuto assioma: „Lex credendi, lex orandi”, ci offre una pista per capire meglio dove noi possiamo collocare il culto ai santi nella Chiesa, osservando, come fin dall'inizio, la Chiesa ha vissuto questo culto, e poi il cammino percorso lungo i secoli e le radici che sostentano la santità nella vita dei cristiani, alla quale sono chiamati tutti i credenti.

Non bisogna né essere ciechi né lontani riguardo a quanto è successo nel postconcilio con il culto e la venerazione dei santi: una gran parte di noi ne siamo testimoni, e anche con il modo di educare e formare i cristiani, i preti e i religiosi nelle vie della santità, alla quale tutti siamo stati chiamati; educazione e formazione tanto lontana dagli schemi classici e dalla tradizione vissuta, dove ormai le nuove generazioni quasi non si riconoscono più.

Sebbene il culto e la venerazione ai santi ancora ha resistito alla disacralizzazione degli ultimi quaranta anni del postconcilio, non si può dubitare che abbia sofferto anche un calo tanto visibile tra i nostri fedeli, almeno tra quelli che sono più vicini alla Chiesa e con una formazione più soda e impegnata. Chiese, chiesette, santuari, altari hanno vissuto l'ondata iconoclasta covata e male digerita dall'interpretazione della Lumen Gentium, in particolare del capitolo V, e della Sacrosanctum Concilium sulla liturgia, che intentò mettere a suo posto da una parte la liturgia eucaristica, „culmen et fons” e sacramentaria; dall'altra il culto ai santi, ridimensionandolo a tutti i livelli nella vita della Chiesa, in modo particolare nei calendari liturgici, mettendo in rilievo i tempi forti liturgici e la domenica, come Pasqua settimanale, argomento sul quale Giovanni Paolo II scrisse una lettera apostolica pochi anni fa, degna di una accurata riflessione e conoscenza da parte di tutte le nostre comunità cristiane e religiose, dove non sempre il „giorno di riposo e di santità che il Signore ha concesso al su popolo” è tanto rispettato e vissuto.

Oggi, passati tanti anni da quel grandioso evento ecclesiale, la costituzione Lumen Gentium, nel suo capitolo V, si legge come un vero canto alla santità per tutto il Popolo di Dio e dei figli che sono riusciti a viverla pienamente diventando modelli e intercessori, Vangelo vivente e incarnato, Parola viva in tanti fratelli e sorelle che ci hanno preceduto nella fede e dormono nel sonno della pace, svegli e gaudenti nel Signore risorto.

Dall'altra parte sono sorte delle figure carismatiche che, canonizzate dalla Chiesa, occupano un posto principale tra la devozione e la fede dei nostri cristiani come: P. Pio, Madre Teresa, José Mª Escrivá, D. Orione, D. Calabria, la mamma di famiglia fedele al dono della vita Gianna Berretta, o i meno recenti come S. Francesco, S. Ignazio, S. Teresa, S. Caterina, S. Benito, S. Domenico, S. Francesco Saverio, S. Giovanni Bosco, di dominio universale, ecc., che sono figure note e ormai non discusse per tutta la Chiesa e gli uomini di buona volontà, così come tutta la schiera dei fedeli beatificati e canonizzati negli ultimi tempi, modelli di santità di ogni tipo di vita, e offerti dalla Chiesa quando si beatificano o canonizzano, come figure da imitare per i cristiani d'oggi e anche come intercessori.

Bisogna anche tenere conto che con il passare del tempo può crescere la fama, ma può anche diminuire la visibilità storica. Dimostrano che Dio parlava e operava al loro tempo, ma vi sono testimoni che continuano a parlare e operare anche adesso? Una grande parte dei nostri cristiani si sente smarrire davanti a tanti santi che si possono ancora trovare nelle nostre chiese; non conoscono né le loro vite né i nomi né, perfino, quale è stata la loro „specialità” d'intercessione nella tradizione popolare delle diverse Chiese locali.

L'uomo d'oggi, in generale, non conosce la vita dei santi, non li considera come persone che lo possano interpellare, e mettere in crisi la sua esistenza. Per amare e seguire una persona, il suo esempio come modello di vita, bisogna conoscere molto da vicino la sua esperienza spirituale; soltanto così i santi potranno essere modelli di vita e trascinare.

Conosciamo come l'esempio di Domenico, Francesco, Bernardo e tanti altri del „Flos Sanctorum”, mossero a conversione S. Ignazio, ormai stanco e sazio di letture profane : „Se illi, cur non ego?”

Giovanni Paolo II, con la sua schiera dei santi e beati, ha voluto offrire a tutti queste testimonianze più vicine e numerose e che, fino al 9 novembre 2003, sono arrivate a:

Beati: 1320 (1031 Martiri e 289 Confessori) in 143 cerimonie: 82 in Vaticano, 14 in Italia e 47 all'estero. Si devono aggiungere altre 7: 4 con Decreti di Confirmationis cultus e 3 con Concessioni Missae e Offici„. Totale: 1327 Beati.

Santi: 476 (402 Martiri e 74 Confessori) in 50 cerimonie: 37 in Vaticano, 1 in Italia e 12 all'estero. Inoltre è ripristinato il culto di S. Meinardo,Vesvovo della Levonia. Totale: 477

A mio parere, noi, Dehoniani, ci troviamo in questa stessa tessitura; non per niente siamo figli del nostro tempo e momento storico, e perciò soltanto una conoscenza approfondita, riletta e vissuta della persona e opera di P. Dehon, può condurci a vivere il suo carisma fondazionale e la sua esperienza di fede, con tutto quello che comporta.

Rischiamo, come si percepisce un po' al di sopra, a livello di vita cristiana ed ecclesiale, di teorizzare, riempire i „nostri scaffali interiori” e le nostre biblioteche di tanti studi, di tanti anni di lavoro spesi, e poi vedere come la nostra vita cammina lontana dalla esperienza di una vita in Cristo, come l'ha vissuta e trasmessa, in parole e in opere. P. Dehon.

Rifondare sì, ma con quanta dinamicità spirituale, capace di animare e spingere i nostri programmi, tanto elaborati, dei nostri Capitoli Provinciali, e alla fine dello stesso ultimo Capitolo Generale? La chiamata alla santità del Papa nella Bolla conclusiva del Giubileo e porta aperta al nuovo millennio, è chiara innanzitutto per noi religiosi: senza una sequela impegnata di Cristo, della sua santità, vissuta allo stile, carisma, grazia, Vangelo vissuto di P. Dehon, non ci sarà facile rispondere alle tante sfide secolarizzanti e desacralizzanti del secolo XXI.

Mi viene in mente di ricordare quella proposta di P. Dehon, appoggiata dal Capitolo, del famoso mese di rinnovazione per tutti, e portato a termine, con tanto impegno e dedizione da lui stesso e P. Andrea, e mi domando se, oggi, una iniziativa del genere potrebbe andare avanti con una certa risposta e successo (Lettere Circolari, 20.09.08, pp. 183-184).

„Il nostro santo”, „il riparatore per eccellenza” come lo chiamava P. Dehon nella sua lettera circolare nel mese di dicembre 1913, cioè il Servo di Dio P. Andrea Prévot, conosciuto più dalla leggenda che ci è rimasta che dalla realtà della sua vita, scritti e dottrina, e adesso, che si parla tanto del ritorno alle origini, alle fonti, alla cosiddetta „rifondazione”, non sarebbe il momento di promuovere la sua conoscenza - non per nulla è stato il Maestro dei novizi per 23 anni -, e di vedere le concordanze nell'interpretazione del carisma fondazionale e forse le sfumature personali della vita di vittima vissuta personalmente di P. Andrea?

„Il nostro santo, il riparatore per eccellenza”, come lo definiva P. Dehon comunicando la sua morte alla Congregazione.

Percorrendo tutta l'intera vita della Chiesa, fin dai primi anni vissuti nelle primitive comunità cristiane dei primi secoli, subito appaiono delle figure che hanno lasciato un vivo ricordo tra i loro membri, e che si offrono come modelli di vita, in modo particolare attraverso la via del martirio, cammino ordinario di santificazione che si offriva a tutti i cristiani, fin dall'inizio, come si osserva da una lettura attenta degli Atti degli Apostoli, lettere apostoliche e la stessa Apocalisse.

Senza dubbio, il modello di santità è il Signore, cammino, verità e vita per conoscere il Padre, e attraverso di lui inserirsi nella vita stessa del Padre, come figli carissimi, se no a cosa serve l'invito di Gesù a chiamare, come lui, Dio, col nome familiare di Abba, Padre?

Sarà la lettura del discorso di Gesù, dopo l'ultima cena, che ci introdurrà dentro il mistero di Gesù, del suo amore, nella sua imitazione e oblazione, per avvicinarci e introdurci in quella santità di Dio, così indefinibile, però alla quale siamo stati chiamati: „Siate santi come io sono santo, siate perfetti come il Padre celeste è perfetto”… „Il Padre ed io siamo una sola cosa”…

I cristiani delle prime comunità cristiane, il „movimento di Gesù”, come li ha definite Paul Richard nel suo libro: „El movimento de Jesús antes de la Iglesia”, una interpretazione liberatrice degli Atti degli Apostoli, sapevano bene che il loro modello era il Cristo risorto, vincitore del peccato e dalla morte, modello di come vivere preparando e realizzando l'avvento del Regno, che se da una parte è dentro di noi, dall'altra bisogna farlo presente, come ci incoraggiava P. Dehon: „nelle anime e nelle società”, imitando gli stessi sentimenti e atteggiamenti di Cristo Gesù.

Saranno i catechisti, modellati dagli Apostoli e imitatori degli stessi Apostoli, quelli che pian piano offriranno la nuova via, il nuovo stile di santità tanto agli ebrei come ai pagani convertiti.

Paolo stesso, il grande protagonista della primitiva catechesi apostolica, dirà alle sue comunità, nella sua prima lettera ai Corinzi, offrendosi come modello: „Fatevi miei imitatori come io lo sono di Cristo” (I Cor 11,1).

Sarà l'apostolo Paolo che affermerà nella lettera ai Galati - ed è importante la citazione per noi, poiché è la più presente negli scritti di Padre Dehon - la totale unione con Cristo, alla quale era arrivato attraverso la contemplazione e la vita, esprimendo così la sua identificazione con Cristo, e per mezzo di Cristo nell'amore del Padre, vissuto attraverso la contemplazione del Cuore trafitto, guidato dallo Spirito Santo: „Sono stato crocifisso con Cristo e non sono io che vivo, ma Cristo vive in me. Questa vita nella carne, io la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me”(Gal 2,20) (cfr. A. Perroux « Le Fils de Dieu m'a aimé. Il s'est livré pour moi » : Galates 2,19-20. Dehoniana 2003).

Tante volte noi ci chiediamo chi sono i santi e cosa sia la santità. Non è tanto facile riuscire a fare una definizione esaustiva, però il Cardinale Saraiva Martins, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, quasi come esplicitando le parole di Paolo scrive: „La santità consiste essenzialmente in una piena e totale immedesimazione a Cristo fino al punto che il santo potrebbe essere definito: colui che con il suo sforzo personale e con l'indispensabile aiuto sopranaturale della grazia è riuscito ad esser non solo „alter Christus” ma „ipse Christus” (La Chiesa all'alba del terzo Millennio, 5, p. 74, Roma 2001, Ed. Vaticana).

Il Concilio, nella Lumen Gentium 41, la descrive così: „Unica è la santità che viene coltivata da coloro che sono mossi dallo Spirito di Dio: obbedendo alla voce del Padre che adorano in spirito e verità, essi seguono Cristo povero, umile carico della croce, per meritare di essere partecipi della sua gloria. Conformemente ai propri doni e alle proprie funzioni, ognuno deve avanzare senza esitazione sulla via della fede viva che tiene desta la speranza e opera mediante la carità”.

E se noi vogliamo sapere come possiamo essere santi, come si opera la santificazione, si potrebbe affermare con P. Federico Ruiz: ”Santificazione è opera dello Spirito Santo nella chiesa, in virtù della quale l'uomo, in tutte le dimensioni della sua esistenza, è rinnovato a immagine di Cristo e diventa strumento docile della volontà divina, affinché operi la salvezza del mondo. Processo lento, ma pieno di vita che raggiungerà la sua pienezza alla fine dei tempi” (Le vie dello Spirito, 7, 210, EDB).

La chiamata alla santità, affermerà anche lo stesso autore: „è, infine, tutto amore. L'amore che Dio ha avuto e ha per ciascun cristiano (e in altro senso per ogni uomo) è la chiamata più efficace e reale alla santità: viene da tutti gli obblighi e doveri e pur con tutte le volte che viene, l'uomo non deve dare che una risposta: amare e servire con tutto il cuore e tutta la esistenza: „la carità di Cristo ci spinge”(2 Cor 5,14); si è impegnato per me, Cristo è morto per ogni uomo. In realtà è da qui che i santi sono partiti e hanno percepito la chiamata più forte verso la santità” (idem, 224).

In questi nostri tempi, e in modo particolare attraverso la prassi pastorale e l'insegnamento pastorale di Giovanni Paolo II, la Chiesa e il popolo di Dio sono stati scossi in modo particolare di fronte al grande numero di beatificazioni e canonizzazioni portate a termine nel suo pontificato, davanti alla lentezza e scarsità dei papi precedenti. Se si guarda la cartina geografica del mondo praticamente non ci sono luoghi, nazioni, regioni, stati dove non sia stato portato alla venerazione e culto dei fedeli qualcuno dei loro figli. È stato un modo di procedere abbastanza normale canonizzare o beatificare a motivo dei viaggi apostolici e questi non sono stati scarsi!

La stessa Congregazione delle Cause dei Santi, negli ultimi tempi ha dovuto modulare il suo ritmo di lavoro davanti alle indicazioni dall'alto, sconvolgendo l'andamento normale dei Processi con i ritardi conseguenti.

Figure sconosciute o quasi, figure brillanti nell'orizzonte della Chiesa sono stati proposti come modelli da imitare e come intercessori. La linea chiara dell'azione pastorale del Papa è stata molto semplice: in questo nostro mondo si tratta di offrire testimoni in ogni luogo ed in ogni circostanza della vita cristiana, poiché, come diceva S. Francesco di Sales, in ogni stato della vita del cristiano deve essere possibile vivere santamente, non scambiando i modelli, come abbiamo letto nella memoria del Santo il 24 gennaio, e nella prefazione alla sua opera Introduzione alla vita devota, dove scrive: „Gli autori che trattano di vita devota si proposero quasi tutti di istruire persone separate dal mondo. Io invece desidero istruire quelli che vivono nella città, tra le faccende domestiche, negli uffici pubblici”… „Fate come i fanciulli, i quali con una mano si tengono al loro Padre e con l'altra raccolgono le fragole o le more lungo le siepi. Così voi, adunando e maneggiando i beni di questo mondo con una delle vostre mani, con l'altra tenete sempre la mano del vostro Padre celeste; rivolgendovi a lui tratto per tratto, per vedere se egli gradisca l'opera vostra e le vostre occupazioni; e soprattutto guardatevi bene dal lasciare la sua mano e la sua protezione, pensando di accumulare e raccogliere di più; perché se egli vi abbandonerà, non farete un passo senza dare la faccia per terra. Voglio dire, o mia Filotea, che quando sarete in mezzo agli affari e alle occupazioni comuni, le quali non ricercano un'attenzione così fissa e intensa, abbiate gli occhi più a Dio che agli affari; quando pi questi saranno così importanti, che per essere ben fatti ricerchino tutta la vostra attenzione, di quando in quando volgerete il vostro sguardo a Dio, come fanno i naviganti in mare…” (o.c., III, c. 10).

È il cammino di una santità semplice e soda, che anche per noi in questi tempi può aiutare a seguire le orme e le tracce di Gesù, tenendo sempre nell'andare la mano del Maestro.

Nella lista ormai interminabili dei nuovi santi e beati, cominciano a spuntare cristiani di ogni tipo e condizione dai coniugi come i Bentrami, mamme di famiglia come la Beretta, giovani di ogni tipo, professionisti e perfino un imperatore, l'ultimo dell'Impero austro-ungarico, quasi un nostro contemporaneo. Non mancano, evidentemente, sacerdoti, religiosi, vescovi, perfino Papi degli ultimi tempi come Pio IX e Giovanni XXIII e tanti altri.

Per Giovanni Paolo II è stato l'interesse, sempre mantenuto, di offrire in questo nostro mondo, troppo facile nel dimenticare o di non voler guardare i misfatti commessi da sistemi politici, stati e ideologie, il valore e la fede di tanti cristiani, che per amore a Dio e il prossimo, sono stati capaci di versare il loro sangue, con tutte le modalità immaginabili, per la causa del Vangelo.

Da molti anni la Liturgia delle Ore ci ha permesso di leggere gli Atti del martirio di tanti santi martiri primitivi, schietti, semplici, alle volte avvolti da leggende e tradizioni; però, oggi, se leggiamo anche i racconti di tanti testimoni del secolo XX, non hanno niente da „invidiare” a quegli altri, ed io aggiungerei un: anzi…

I sistemi politici del XX secolo, che affondano le loro radici nel XIX, nelle loro vertenze socialiste, comuniste, anarchiche; il nazismo e il fascismo, il capitalismo stesso più subdolo, hanno tentato di coprirne i loro crimini come ribellione allo stato, al partito, alla cosiddetta democrazia e libertà, senza tenere in nessun conto la persona e i diritti fondamentali di ogni cittadino, tra i quali si trova la libertà religiosa e l'impegno per salvare l'uomo, appunto, di essere fagocitato dallo stato.

I lager, gulag, foibe, cheka, carceri qualunque, hanno tentato in tanti modi inimmaginabili di distruggere i cristiani. Quando sono passati i tempi e, se si volesse fare un sano revisionismo storico, uno si domanda, per esempio, per le tante vittime sacerdotali causate dai finora lodati e riveriti partigiani in Italia, in quella che adesso comincia a chiamarsi guerra civile in Italia. O in tanti altri paesi dell'Europa: misfatti vergognosamente nascosti e dimenticati.

O quelle altre anche ricordate da Andrea Riccardi nel suo libro: Il secolo del martirio, quando parla degli omicidi fascisti nell'Abissinia compiuti contro il Patriarca e preti copti, sui quali quasi mai si fa menzione. Tutti i capitoli di questa eccellente e documentata opera ci aprono finestre verso un passato conosciuto, però il capitolo intitolato: L'ordine nuovo e i cristiani: L'Europa di Hitler, forse è il più adatto a farci capire radici, fondamenta e realtà di quelle subdole persecuzioni (II, 63-132).

Non si può perdere la memoria, né si deve sempre pensare al passato. Infondo, il Regno di Dio si fa presente nella grande tribolazione e i santi sono quelli che hanno vinto nel sangue dell'Agnello: „Essi sono coloro che sono passati attraverso la grande tribolazione hanno lavato le loro vesti rendendole candide col sangue dell'Agnello. E per questo stanno davanti al trono di Dio e gli prestano servizio giorno e notte” (Ap 7,14-15).

La tribolazione, la croce, il sangue consolidano l'unione con Cristo dei santi, tanto nel martirio concreto e l'effusione del sangue, come in quel martirio-testimonianza di ogni giorno nella preghiera e nel servizio al prossimo, che sono il cammino per arrivare a quella comunione di vita, santità e grazia che distingue ogni santità.

Possiamo fare un passo indietro e volgere lo sguardo verso l'Anno Santo, e sulla Bolla d'Indizione Incarnationis Mysterium promulgata dal Papa Giovanni Paolo II dove afferma che „La storia della Chiesa è una storia di santità. Il Nuovo Testamento afferma con forza questa caratteristica dei battezzati: essi sono „santi” nella misura in cui, separati dal mondo in quanto soggetto al Maligno, si consacrano a rendere il culto all'unico e vero Dio. Di fatto questa santità si manifesta nelle vicende di tanti Santi e Beati, riconosciuti dalla Chiesa, come anche in quelli di una immensa moltitudine il cui numero è impossibile calcolare (Ap 7,9)”. E sottolineo: „La loro vita attesta la verità del vangelo e offre al mondo un segno visibile della possibilità della perfezione” (11).

Nella stessa Bolla il Papa, che viene da un mondo dove i cristiani hanno dovuto, d'un modo speciale, rendere testimonianza della propria fede ogni giorno in quel „misterium iniquitatis” che sono stati il comunismo e il nazismo, fa un accenno ai martiri, ci spiega con parole intelligibili la ragione e il modo di essere martiri nella Chiesa: „Essi sono coloro che hanno annunciato il Vangelo dando la vita per amore. Il martire soprattutto ai nostri giorni, è segno di quell'amore più grande che compendia ogni altro valore. La sua esistenza riflette la parola suprema di Cristo sulla Croce: 'Padre perdonali, perché non sanno quello che fanno' (Lc 23,34). E come sono andate le cose e si conoscono a livello mondiale, con notizie spesso frequenti di persecuzioni di ogni tipo: „Il credente che abbia presso in seria considerazione la propria vocazione cristiana per la quale il martirio è una possibilità annunciata già nella Rivelazione, non può escludere questa prospettiva dal proprio orizzonte di vita”… Dal punto di vista psicologico, il martirio è la prova più eloquente della verità di fede, che sa dare un volto umano anche alla più violenta delle morti e manifesta la sua bellezza anche nelle più atroci persecuzioni” (13).

La santità, come realtà e concetto, ci avvicina all'Antico Testamento, dove il Signore lungo la storia d'Israele, si va manifestando al suo popolo, scelto gratuitamente per diventare tale, come i santi stessi, che sono chiamati e scelti a vivere in dialogo di amore e carità lungo la loro esistenza.

La voce che Mosé ascolta dal roveto ardente, fa capire come nessuno può avvicinarsi a Lui: „Non avvicinarti! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è una terra santa!… E Mose allora si velò il viso, perché aveva paura di guardare verso Dio” (Es 3,3-6). La nota della Bibbia di Gerusalemme, al capitolo 33,20 dello stesso libro dell'Esodo, spiega: „Dio è talmente trascendente che una creatura non lo può vedere e continuare a vivere”. È la stessa rivelazione del nome di Jahveh a richiesta di Mose cammina sulla stessa via (Es 3,13): „Io sono colui che sono”.

Per l'Antico Testamento diventare santi: „Siate santi come Io sono santo”, e vivere la santità, ha il senso di aggiustare la vita alla Legge, come espressione della stessa volontà divina e rispettare tutte le osservanze legali, personali e materiali che impedirebbero di avvicinarsi al Santo.

La presenza di Jahveh in mezzo al popolo eletto nel Sinai, nel deserto, nella tenda che accompagnava il suo peregrinare, nella terra promessa fino ad arrivare al Tempio, „luogo e dimora di Dio tra gli uomini” richiedono l'osservanza di tutte le prescrizioni per una vita consacrata al Signore nelle opere, nella preghiera personale e cultuale però senza arrivare alle relazioni personali che ci offre, per mezzo di Gesù, Dio fatto uomo, il Nuovo Testamento.

Rapporti totalmente diversi con la santità che Dio ci comunica e ci fa vivere in se stesso attraverso l'incarnazione del suo Figlio.

La santità è una realtà divina, e risiede in Dio stesso (Io sono colui che sono), uno e trino. Dio non solo è santo, è la santità stessa, come comunione di amore e come intima relazione tra le tre persone: scambio e dono.

È lo Spirito Santo l'autore della santità, inviato dal Figlio, come Gesù stesso lo aveva promesso ai suoi discepoli, prima di salire al Padre (Gv 15,26; 16,5-19).

Nella IVª Preghiera Eucaristica ci rivolgiamo a Cristo che „ha mandato lo Spirito Santo come primo dono ai credenti, a perfezionare la sua opera nel mondo e compiere ogni santificazione” (Messale Romano). Nella stessa Preghiera Eucaristica, un po' prima, ricordando la lettera ai Galati 2, 20, si dice: „E perché non viviamo più per noi stessi, ma per lui che è morto e risorto per noi”…; si può vedere dove il credente trova l'asse e la realtà della santità vissuta, nell'unione con Cristo, e con Cristo al Padre nello Spirito Santo.

Per il battesimo la nostra vita è unita a Cristo per la grazia. È Dio che in Cristo si fa uomo e inizia quella comunicazione con l'umanità, con l'intero creato, radice e fondamento di ogni santità. Sarà l'ammirabile „commercium” che canta la liturgia delle Lodi nel tempo di Natale, che farà anche scrivere i famosi testi di S. Leone Magno nelle sue omelie per il Natale (Liturgia delle Ore, Ufficio di letture, 25, 31 dicembre, IIª Lettura; e il 1° gennaio, l'antifona a Benedictus, nella solennità di S. Maria Madre di Dio) dove ci offre una sintesi mirabile di questo mistero di elevazione e salvezza dell'uomo all'incontro con la santità di Dio.

„La grazia, dice Ancilli, e raccoglie il cardinale Saraiva Martins, nell'opera citata: è un traboccare e un irrompere dell'amore di Dio nell'uomo, il respiro dello Spirito Santo nella sua anima. (La grazia) è soffio d'amore dello Spirito santo che penetra nella vita spirituale dell'uomo, non semplicemente nel sistema dei suoi atti di pensiero e di volere, bensì profondamente ancora… nel nucleo della sua anima, nel cuore della sua esistenza, come dicono i mistici” (o.c. 84).

Sarà dunque lo Spirito Santo nella grazia l'autore della santificazione dei credenti, e poi chi spingerà ad amare Dio con tutto il cuore, tutta l'anima e tutte le forze, riversando nei cuori dei credenti l'amore di Dio: „L'amore di Dio è stato riversato nei vostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato”(Rm 5,5; I Cor 6,11), che ci porta ad amare Cristo trasformandoci sempre più perfettamente in Lui.

Seguire Cristo nel camino della perfezione, della santità, vuol dire essere diretto: meglio lasciarsi dirigere dallo Spirito Santo, perché la legge del Cristiano è lo Spirito Santo (LG 50).

Tenendo conto dell'azione dello Spirito Santo, multiforme nella vita dei credenti, ci si può avvicinare a capire come i destinatari, „i santi”, possono offrire tante sfumature di una sola santità, vissuta in questi „vangeli viventi”, immediatamente leggibili dai loro contemporanei. È un credente che ha preso sul serio la fede e l'ha vissuta fino alle ultime conseguenze; ha esperimentato la forza di rinnovamento che da essa promana e ha dato testimonianza della salvezza ricevuta. Ogni esperienza umana è limitata e nessuno riesce a esaurire l'infinita fecondità del mistero cristiano. Ogni santo, però, ce ne propone un granello in tutto lo splendore della sua bellezza„(Domenico Marafiotti sj, Civiltà Cattolica 2001, I , 487).

 

Il Concilio Vaticano II, nella costituzione dogmatica Lumen Gentium ci espone magistralmente la dottrina sui santi. Dopo tanti anni, guardando l'evoluzione della vita e il pensiero di tanti sacerdoti, religiosi, laici, non si riesce a capire come è andato a finire l'andamento del culto ai santi e le giustificazioni che ci sono state date per spiegare in qualche modo l'iconoclastia, teorica e pratica, che ha subito la Chiesa, che lungo i secoli ha fatto dei santi i compagni di cammino nella fedeltà al Vangelo, intercessori un po' per tutti i bisogni possibili troppo alla mano, e modelli di vita in tanti aspetti inaccessibili, che oscuravano per una maggioranza dei cristiani la radicalità della fede cristiana e la mediazione di Cristo, l'unico intercessore davanti al Padre, che sempre vive intercedendo per noi.

Una rilettura attenta dei documenti conciliari dogmatici e liturgici ci può aiutare a percepire la dottrina della Chiesa: „La chiesa di quelli che sono in cammino, riconoscendo benissimo questa comunione di tutto il corpo mistico di Gesù Cristo, fino dai primi tempi della religione cristiana, ha coltivato con una grande pietà la memoria dei defunti e, poiché è santo e salutare il pensiero di pregare per i defunti perché siano assolti dai peccati (2 Mac 12,46), ha offerto per loro anche i suoi suffragi.

Che gli Apostoli e i martiri di Cristo, i quali con l'effusione del suo sangue avevano dato la suprema testimonianza della fede e della carità, siano con noi strettamente uniti in Cristo, la chiesa lo ha sempre creduto, e li ha con un particolare affetto venerati, insieme con la beata vergine Maria e i santi angeli, e ha piamente implorato l'aiuto della loro intercessione.

A questi in breve furono aggiunti anche altri, che avevano più da vicino la verginità e la povertà di Cristo, e infine gli altri, il cui singolare esercizio delle virtù cristiane e i divini carismi li raccomandavano alla pia devozione e all'imitazione dei fedeli…

Però non veneriamo la memoria dei santi solo a titolo d'esempio, ma più ancora perché l'unione di tutta la chiesa nello Spirito sia consolidata dall'esercizio della fraterna carità (Ef 4, 1-6).

Come la cristiana comunione tra coloro che sono in cammino ci porta più vicino a Cristo, così la comunione con i santi ci unisce a Cristo, dal quale, come dalla fonte e dal capo, promana tutta grazia e tutta la vita dello stesso popolo di Dio.

È quindi sommamente giusto che amiamo questi amici e coeredi di Gesù Cristo e anche nostri fratelli e insigni benefattori e che per essi rendiamo le dovute grazie a Dio, ”rivolgiamo loro suppliche, preghiere e ricorriamo alle loro preghiere e al loro potente aiuto per impetrare grazie da Dio mediante il figlio suo Gesù Cristo, signore nostro, il quale solo è il nostro redentore e salvatore. Infatti ogni nostra autentica attestazione di amore fatta ai santi per sua natura tende e termina a Cristo che è la corona di tutti i santi”, e per lui a Dio, che è mirabile nei suoi santi e in essi è glorificato„ (LG 50).

Il fenomeno della santità, in questo nostro mondo oggi, è una realtà nella Chiesa cattolica, e anche nella Ortodossia si vive profondamente nelle ultime decade del ventunesimo secolo, e non soltanto per le numerose figure beatificate o canonizzate dal Papa Giovanni Paolo II in questi venticinque anni del suo Pontificato, oltre milletrecento, e le sue chiamate costanti a vivere ogni cristiano coerentemente una santità che diventi testimonianza, ma anche perché in questo momento storico di vita e pensiero c'è tutta una attrattiva per il mistero, il fascino che gira attorno a queste persone che si muovono aldilà di una vita giornaliera e anodina, piatta nella quale si muovono la maggioranza delle nostre comunità cristiane laiche e religiose.

I santi - parliamo in genere di queste persone che poi la Chiesa beatificherà o canonizzerà - nelle realtà di questo mondo hanno vissuto una fede travagliata in mezzo al materialismo ambientale, ogni giorno più travolgente. Però, in mezzo a tutto, chiese, santuari, cappelle, altari, hanno recuperato una vita nuova e non soltanto come luoghi di visita turistica, ma forse come luoghi dell'infinito, della nostalgia di Dio; dalla amicizia e conoscenza di quei santi che lì hanno vissuto, si sono santificati, e Dio ha fatto in essi un preludio di cosa succederà in paradiso quando potremmo vederlo e conoscerlo come lui è: faccia a faccia. Nostalgia anche, ed esempio, come l'amore di Dio si riversa su i loro cuori, e da essi illumina gli uomini assetati e non soltanto di pane.

Infondo a tutta questa nuova ripresa, attorno al culto e alle figure dei santi, c'è il bisogno di tutta un'altra storia, che abbia presente lungo i secoli il passo della Chiesa, come presenza di Dio che salva, attraverso questi personaggi, che a loro modo hanno avuto tanta forza e un luogo determinato nell'avvenire del mondo politico, sociale ed economico coi loro reclami ad inserire i valori del Vangelo (presenza di Dio nelle realtà terrene, fratellanza, rispetto per i diritti altrui, amore e misericordia, giudizio davanti al tribunale di Dio, ecc.) nelle realtà quotidiane, del mondo politico, sociale ed economico.

Se oggi Madre Teresa nel suo amore ai derelitti della terra, Giovanni XXIII aprendo le porte alla speranza nel cammino della pace, Jose Mª Escrivá nel valorizzare il lavoro e la quotidianità, o Padre Pio attraverso il segno della croce e la sofferenza o la mamma Gianna Beretta nella difesa della vita che sta per arrivare, hanno fatto tanto per mostrarci il cammino della presenza di Dio, possiamo anche indovinare l'influsso nei piccoli circoli locali, regionali o nazionali di quelle figure che ancora oggi rimangono in piedi con la loro opera, dottrina e santità di vita, come S. Francesco, S. Domenico, S. Ignazio, S. Teresa, S. Caterina, o il più vicino S. Giovanni Bosco, o come tutti gli altri più recenti però conosciuti più a livello locale, diocesano o regionale, come sono la maggioranza dei beatificati e canonizzati negli ultimi venticinque anni.

Che non sia un fenomeno da dimenticare, o non tenere conto, si può vedere per la ingente letteratura attorno ai santi: biografie tanto accurate, agiografie e studi sui santi, che si offrono nei banchi delle librerie religiose o laiche. E se si offrono in vendita vuol dire che c'è un mercato reale che richiede questi libri e li legge volentieri, forse per quel fascino che esercitano i santi come persone reali, come prova di amore e di risposta all'amore di Dio, e di una vita veramente piena e realizzata, in un mondo secolarizzato dove può sembrare che i santi sono specie rara o non ci sono più.

[Per conoscere da vicino e a un livello scientifico fino a questo momento le vite dei santi, beati e servi di Dio si possono consultare per primo, la Biblioteca Sanctorum (1961-2000); l'Histoire des saints e sainteté chretienne (1986-88); Il grande libro dei Santi (2000); Alban Butler: Il primo Dizionario dei Santi, secondo il calendario (2001)]

Questo interesse attuale e piuttosto recente, del popolo cristiano e non, sui santi, sembra qualcosa di straordinario. La dottrina cattolica tanto bene espressa nella costituzione Lumen Gentium sui santi sopra citata, nel dopo Concilio lungo quasi quaranta anni, viene dimenticata, oscurata o perfino nascosta dai nostri pastori, teologi, preti e operatori pastorali, a motivo dello studio sulla mediazione e intercessione di Cristo, l'unico mediatore ed intercessore davanti al Padre, come se il culto ai santi oscurasse o depistasse da questo punto centrale della cristologia.

A questo si potrebbe aggiungere l'influenza della teologia luterana e protestante che, dalla stessa riforma, riguardo ai santi, parlano soltanto come modelli di vita, e poi anche la dottrina sulla giustificazione che non arriva al midollo di togliere la radicalità della colpa, dimenticando la grande definizione d'Ireneo, che già nel secolo II seppe manifestare: „Dio si è fatto uomo affinché l'uomo diventasse Dio”, e la Teologia medievale ha spiegato il tutto dicendo come la vita dell'uomo è un „Exitus a Deo et reditus in Deum”.

Dall'altra parte, può capitare che ci sia una esperienza sulla vita e personalità dei santi vissuta attraverso leggende, racconti mirabili, schemi fatti da riempire con dati non contrastati storicamente, che danno un'immagine distorta le figure e il loro cammino spirituale, una grande parte scritti sullo stesso modello, perfino secolare.

Evidentemente non ci sono scritti asettici, da parte dallo storico (anche lui è toccato dalla sua formazione, interessi, ideologie, strutture mentali, e nemmeno i documenti e perfino le lettere, che possono aiutare ad scoprire la personalità e l'intimo dell'autore possono scappare a questa lettura soggettiva). Nei nostri tempi queste biografie o documentazione, salgono alla luce dopo essere state setacciate criticamente e con tanta documentazione originale. Un lavoro iniziato secoli fa dai Bollandisti. Vale la pena ricordare che a P. Dehon, a motivo del suo 25º di sacerdozio, gli alunni del Istituto S. Giovanni offrirono in dono questa monumentale opera, oggi nella biblioteca della casa generalizia. È anche nota la grande devozione e l'interesse per i santi, reliquie, santuari che lui conosceva e visitava ovunque viaggiava lungo la sua vita.

Leggere tranquillamente l'evolversi dell'opera di Dio in queste persone, come P. Dehon, è un incontrarsi con credenti che hanno saputo credere e vivere, nella loro immedisimazione in Dio tutta la loro esistenza fino ad arrivare a quella esperienza di Paolo rivissuta in lui: „Vivo io, ma non io, è Cristo che vive in me”. Una esperienza vissuta ordinariamente, cioè nella vita di ogni giorno, ma non nel modo ordinario, come P. Dehon potrà dire rivolgendo il suo sguardo sul Sacro Cuore prima di morire: „Per lui vivo, per lui muoio”.

Sono queste realtà della vita dei santi, nel suo Vangelo vissuto, dove noi possiamo rivivere la sua esperienza e il suo carisma. Avvicinarsi ai santi non vuol dire andare a cercare il meraviglioso o i fioretti; alle volte le loro vite sono normali, ordinarie, dove il cammino della grazia si fa strada, perfino nei bambini, e a suo modo lo Spirito si manifesta in loro, con grande sorpresa degli studiosi che vogliono strade più definite (il nostro P. Girardi, assistente nazionale dell'Azione Cattolica a suo tempo per i ragazzi, si era preoccupato di vari bambini straordinari, morti prematuramente però con tanto cammino spirituale percorso, e perfino è stato tra i primi a scrivere una piccola vita della Serva di Dio Antonietta Meo, conosciuta e ammirata da Pio XI, e oggi sepolta nella basilica della Santa Croce a Roma).

Allo stesso modo si può vedere la vita di tanti martiri per la fede, che apparentemente erano persone buone, brave, normali e, all'ora della testimonianza come è successo in Spagna, Francia, Polonia, Russia, Cina, e in altri paesi, nelle ore buie delle persecuzioni, lo hanno fatto serenamente nel secolo XX, il secolo del martirio, come la fine di una vita vissuta nel Signore.

Noi possiamo ricordare i nostri confratelli che hanno testimoniato la loro fede nei campi di concentramento, nei lager, nelle missioni in Africa o Indonesia, Latinoamerica. Accedere ad una beatificazione o canonizzazione vuol dire che si riconosce ufficialmente il dono fino all'effusione del sangue per il Regno del Cuore di Gesù: nessuno ama di più di quelli che danno la vita per i loro amici. E questo suppone di avere davanti a noi gli esempi di una vita consacrata dove le virtù teologali o morali durante la vita sono vissute in grado eroico, come risulta per quelle cause che vanno per la via dei confessori, come è il caso di P. Dehon, P. Andrea, P. Longo, P. Capelli nella nostra Congregazione, o per il martirio, come è stata quella del Beato Giovanni Maria della Croce.

La morte-martirio dei Servi di Dio PP. Longo e Capelli, dovrebbero apparire come l'incoronamento di tutta una vita vissuta santa ed eroicamente. Non sembra facile percorrere questa strada del martirio per le connotazioni politiche che in tutti e due i casi ci sono. I loro processi sono impostati come confessori.

P. Martino Capelli, accanto a D. Elia Comini, salesiano, camminano alla pari, però forse dovrebbero andare con altri preti secolari della archidiocesi di Bologna, del Marzabotto, assassinati in mezzo ai loro fedeli. Sarebbe allora una bella testimonianza della Chiesa Bolognese.

Per noi è importante il giudizio di S. Madre Chiesa sulla santità ed eroicità delle virtù emesso per adesso soltanto per il P. Dehon, attraverso la Relatio et Vota del 30.01.1966 dai Consultori-Teologi, per unanimità, e poi confermata dai Cardinali e i Vescovi, per concludere alla fine col Decreto del Santo Padre l'8 aprile 1997.

Come è stato anche tutto l'iter del processo sul miracolo, arrivato al Decreto che ci spalanca le porte per la prossima beatificazione tanto aspettata dopo 52 anni, come è successo il 19 di aprile 2004, alla presenza del Santo Padre, quando è stato promulgato il Decreto riguardante il miracolo attribuito all'intercessione del Venerabile Servo di Dio Giovanni del Sacro Cuore (al secolo Léon Gustave Dehon).

Entrambe i documenti sono importanti per capire la figura di P. Dehon: innanzitutto la Positio super virtutibus, sulla quale è stato fatto lo studio sulla figura, spiritualità di P. Dehon e da dove si può dedurre, come hanno riconosciuto i Consultori, che ha praticato in modo eroico le virtù. Un bel lavoro documentato che va molto aldilà delle classiche biografie e che fa emergere la figura del prossimo Beato come un uomo di Dio e un vero dono alla Congregazione e Famiglia Dehoniana come ispirante, modello e intercessore.

Per concludere, non vorrei dimenticare che non sempre tutte le voci sono state unisone nel momento di portare avanti il processo di canonizzazione di P. Dehon, sebbene fin dalla sua morte, P. Lorenzo Philippe chiedeva ai religiosi di conservare e consegnare tutto quello che c'era sul P. Dehon in vista di un possibile cammino di canonizzazione (Lettere Circolari di Mons. Philippe, ed. Bologna 1957 pp. 8-38. Una bellissima relazione sugli ultimi giorni di P. Dehon).

Ci sono state voci contro, o che non vedevano chiaro, perfino dei propri religiosi che lo avevano conosciuto, che erano rimasti all'esterno della figura di P. Dehon: una grande personalità sacerdotale e religiosa, nel sociale: uomo di cultura, di studio, moderno; di preghiera, di fede nella sua missione di fondatore e apostolo del Sacro Cuore sotto la tonalità dell'amore e riparazione, nell'oblazione e nella vita eucaristica, come missionario nella Chiesa, un uomo ammirevole però troppo vicino nella sua umanità, vissuta straordinariamente come si può percepire attraverso le riflessioni minute e costanti delle Notes sur l'Histoire de ma vie, les Notes Quotidiennes, le lettere ai familiari e ai religiosi, però andare fino alla canonizzazione? Mancava loro conoscere il P. Dehon intimo e leggere l'ultimo quaderno (1925) di Notes Quotidiennes dove lascia trasparire la strada percorsa di un cammino di esperienza mistica fino ad arrivare a vivere una vita immedesimata nella Trinità stessa, come appare nel percorso spirituale dei santi.

Nonostantequesto, dopo le vicissitudini della II Guerra Mondiale, P. Guglielmo Govaart si preoccupa di raccogliere le testimonianze delle persone ancora in vita che avevano conosciuto P. Dehon, affidando l'incarico al P. Jacques, che ha svolto il suo lavoro con impegno però con delle idee preconcette al riguardo, che alla fine provocarono un secondo processo a Soissons, da dove uscirà una figura chiara e distinta della persona e virtù di P. Dehon. Alla fine lo stesso P. Jacques diceva convinto che P. Dehon per lui era un santo, ne era convinto, però che si doveva provare.

Dal 1952 al 1997 i PP. Postulatori Ceresoli e Girardi hanno dovuto lavorare, investigare, muoversi per portare avanti il Processo, con tanto sacrificio interno ed esterno, e anche con tanta incomprensione e solitudine. Immagino che dal cielo, con P. Dehon, parteciperanno alla festa della beatificazione.

L'11 marzo 2001 P. Bressanelli, rivolgendosi ai pellegrini venuti a Roma per la beatificazione di P. Juan Maria de la Cruz, l'invitava a pregare il nuovo Beato per una pronta beatificazione di P. Dehon, di ottenere per la Congregazione questo miracolo, e così è avvenuto.

Questa prima beatificazione di uno dei nostri è stata un punto di partenza verso un interesse più vivo nella Congregazione sui nostri „modelli e santi”, dove la figura di P. Dehon appare come modello da imitare, come intercessore e come Padre di una famiglia che vuole seguire le sue orme e le sue tracce: portare al Cuore di Cristo le anime e le società, fino a fare di Lui, attraverso il nostro impegno apostolico d'adorazione e una pastorale aggiornata, il Cuore del mondo.

P. Evaristo J. Mtz. de Alegría scj

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